Sangue, una strana lettera d’amore a Tokyo

Due ragazzi si incontrano e si inseguono tra le ombre di una città struggente in una storia intima e tormentata, edita da Bao Publishing

“Perché le persone vengono a Tokyo? Perché rimaniamo nonostante tutto?”

C’è la Tokyo a cui siamo abituati, fatta di gatti, tè e petali di ciliegio, e poi c’è una Tokyo totalmente diversa. È proprio quest’ultima a essere insieme sfondo e protagonista di Sangue, graphic novel pubblicata nel 2024 da Bao Publishing, con testi di Eleonora C. Caruso, già autrice di quattro romanzi e co-sceneggiatrice per Sergio Bonelli Editore della serie Simulacri, e disegni di Noah Schiatti, fumettista indipendente membro di Gibin Press e autore di Solleone (Asterisco Edizioni, 2020) e Ambiguo Blu (Renape presenta, 2024). 

L’idea nasce da un racconto di Caruso che prende forma nel 2012 e che una decina d'anni dopo diventa una collaborazione tra due persone unite dall’amore per i manga e il Giappone, per dar vita a pagine in cui le parole e le immagini si fondono con efficacia.

“Tokyo è un organismo che si autoalimenta. Crea desideri enormi che non vengono appagati e questo genera disperazione… ed è proprio la disperazione che spinge la gente a continuare a desiderare.”

Tokyo diventa il teatro di una storia di relazioni e allo stesso tempo di disconnessioni. È una città ambigua, che intristisce e affascina contemporaneamente, quasi un mondo alternativo in cui il lettore possa rivedersi e rispecchiarsi restando però a distanza di sicurezza, senza perdersi: la trama riflette infatti questa forte ambivalenza tra il caos e l’iper-connessione da una parte e la solitudine e l’isolamento dall’altra. Proprio a dimostrazione del fatto che ogni minimo dettaglio è collegato al resto, le vignette sono caratterizzate dal proliferare di cavi, una presenza costante ma quasi silenziosa.

I disegni di Schiatti riescono a rendere meticolosamente il delicato equilibrio tra il troppo e il nulla, e lo stile è ricco di particolari, senza però risultare pesante, unito a un tratto delicato e a un uso libero e sperimentale della griglia. La narrazione si muove nello spazio e nel tempo di pari passo con la palette cromatica, che varia a seconda delle scene aggiungendo sempre nuove sfumature allo storytelling.

“Il nostro lavoro si basa sul vendere un tipo di felicità breve e apparente, vale a dire l’unico modello di felicità che non privi la gente del piacere di soffrire, il quale è doppiamente intenso, ma sfortunatamente ancora gratis.” 

Siamo nei primi anni Duemila. Shun, giapponese con origini italiane, lavora come host in un club, dove intrattiene donne in cerca di attenzioni e conforto. Divide il tempo tra un lavoro che lo divora e una lotta continua per non sprofondare nell'apatia. Una notte, nel retro del locale, incontra Toru, un ragazzo giovane e ingenuo, ingabbiato in una vita prestabilita. Sono due esistenze apparentemente parallele che si sfiorano per caso, due ragazzi smarriti che si aggrappano l’uno all’altro nella speranza di scoprirsi, come piante che tendono i loro rami intricati verso il sole per racimolare luce e calore. 

Entrambi cercano all’esterno conferme della propria identità: Toru vive la vita di suo fratello gemello, una vita doppia e perciò banale e inutile a cui però si è rassegnato, mentre Shun è un gaijin, uno straniero, diverso agli occhi dei giapponesi e che per questo fatica a creare rapporti. Shun sente che la bellezza è tutto ciò che ha da dare al mondo, l’unico motivo per cui può essere nato. È una merce esposta in un catalogo, ha anche una data di scadenza sempre più vicina, come dimostra il decadimento progressivo dei suoi organi, che lo trasforma in una ferita aperta e sanguinante. Nel suo mondo è tutto in vendita, tutto è apparenza, calcolo, finzione. Non c’è niente di vero, anche l’amore è un prodotto: le sue clienti pagano per sentirsi amate, ascoltate, trattate con gentilezza. Lui le illude per convincerle a bere, guadagnando una percentuale sull’alcol ordinato, finché loro si indebitano e sono costrette a prostituirsi. È così immerso nel dolore che ormai è anestetizzato, non sente più nulla e vive passivamente una vita senza futuro. Sogna Firenze, città natale della nonna materna e orizzonte felice, un miraggio capace di dargli ancora, forse, speranza.

Tokyo gli dà la nausea, è una città spietata in equilibrio tra desiderio e disperazione. Ci sono vicoli sporchi, vomito, sacchetti della spazzatura, riviste abbandonate, un accendino appeso al collo, una vecchia cartolina. E infine c’è una lettera che Shun non riesce ad aprire, l’ennesimo salto nel vuoto che non ha il coraggio di fare, restando in bilico, sospeso su un dirupo in cui ha paura di cadere, ma in cui sta lentamente scivolando.

“Qui ce la facciamo tutti per un pelo. È come scalare la prua di una nave che affonda, devi capire su chi puoi darti lo slancio per continuare a salire. È l’unico modo per non annegare.” 

Non c’è bisogno di amare il Giappone per apprezzare Sangue. È una storia che in modi diversi parla a ciascuno di noi, che sfida la sofferenza, interrogandoci sull’essenza della natura umana. 

È un racconto in cui anche il silenzio parla moltissimo, cercando di mostrarci ciò che è reale. È una storia su cui ritornare, che svela ogni volta nuovi particolari, nuovi significati nascosti in un dettaglio che a prima vista non si era notato. Così come la storia scava all’interno dei personaggi per raggiungerne il nucleo, chi legge si ritrova a scavare all’interno delle pagine, con risultati sempre diversi. Non è una lettura rassicurante: l’impressione è quella di inseguire senza sosta qualcosa di sfuggente, che ogni volta appare sotto una forma nuova, inaspettata, regalando però il piacere di una scoperta e riscoperta continua. Ci si sente in equilibrio precario, quasi come se si stesse camminando su un filo teso sopra la città, in bilico, come le vite che vengono raccontate.

Se volete immergervi in una Tokyo insolita e conoscerne le parti nascoste, se cercate personaggi complessi e sfaccettati in cui si mescolino crudezza e delicatezza, se volete inseguire un mistero di parole non dette fino a diventarne i custodi, questo fumetto fa per voi.

“Le cose, quando capitano, capitano in fretta.” 

Lavinia Buffa

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