La regina dei buffoni - C'era una volta una regina, c'era una volta un bambino...
Dopo Selvaggia, Rosalia Radosti torna a raccontarci la fiaba oscura di una piccola regina che cerca a ogni costo di salvare il suo minuscolo, fragile regno...
Jaqueline è la regina di un regno così fragile da non avere né castelli, né mura. Lə abitanti di questo regno sono così pochi che si possono contare sulle dita delle mani: sono lə buffoni della corte di Jaqueline, che ogni giorno si impegnano per divertire e rendere felice la loro piccola sovrana.
Ma una realtà così delicata è costantemente in pericolo e il minuscolo regno di balli e sollazzi di Jaqueline rischia di sparire per sempre se lei non troverà l'abito d'oro, il magico vestito che, secondo la leggenda, può rendere chiunque la persona che vuole diventare. Jaqueline e la sua corte, nonostante siano messi in guardia dai pericoli e dalle minacce che rendono quasi impossibile raggiungere l'abito d'oro, si mettono alla ricerca del meraviglioso vestito, per poter finalmente dare consistenza e sicurezza alla loro realtà.
Se quella di Jaqueline sembra una fiaba destinata al lieto fine, la storia che vi sta dietro è molto più cupa: la piccola regina e la sua strana corte vivono, infatti, solo nella mente di Jaques, un bambino piccolo e gracile che prova attraverso i suoi sogni a rendere più sopportabile la triste realtà in cui abita.
Figlio unico di due genitori crudeli e bigottə, Jaques passa le sue giornate a lavorare nei campi fino allo sfinimento e a essere insultato. Intorno a lui non c'è altro che cattiveria, un intera comunità di fedeli che spingono la loro devozione fin oltre le soglie dell'integralismo. Sono persone cupe, squallide e miserabili, incapaci di provare qualcosa che non sia rabbia e odio, timorate più di tutto ciò che non somiglia loro che di Dio.
La regina dei buffoni racconta come il viaggio di Jaqueline e dellə suə compagnə diventi una sorta di riflesso metaforico degli eventi della vita di Jaques. La minuscola fatina convinta di essere gigantesca e piena di vergogna al punto di celarsi al mondo intero diventa la metafora di tutte quelle donne convinte che gustare il cibo sia un peccato mortale, l'uomo-specchio prende ispirazione da un bambino incapace di formulare un pensiero che sia solo suo e che però anela la libertà, il povero senzavolto ricalca il ragazzo gentile ma impaurito che non sopporta di vedere i lineamenti di suo padre riflettersi nei suoi, e il saggio, buon Albert è tutto quello che le orribili persone intorno a Jaques hanno sempre odiato: qualcuno di diverso, qualcuno che non sanno far altro che chiamare mostro.
E la prima cosa bella che il bambino riesce ad ammirare e toccare fa scattare una trappola mortale.
Come aveva già fatto con Selvaggia - con uno stile di disegno che in questi due anni ha trovato ancora di più un carattere proprio, più cartoonoso ma al contempo più dinamico ed espressivo - Rosalia Radosti attinge a piene mani dal mondo delle fiabe per raccontare la nostra quotidianità. Così, tra le righe della storia di Jaques, leggiamo quella di tantə ragazzə che, per il solo fatto di non essere quello che le loro famiglie e il resto della società si aspettavano da loro, sono statə insultatə, umiliatə, picchiatə, perseguitatə e persino uccisə.
Nessunə nel paese di Jaques parlerebbe mai di transfobia o queerfobia, nessunə sarebbe mai neppure capace di immaginare che qualcunə possa decidere di essere fuori dalle imposizioni, eppure dietro il loro violento e stupido bigottismo c'è proprio quell'odio che desidera solo costringere l'altrə nella gabbia del conformismo. O annientarlə.
Il nostro Paese è tra i peggiori in Europa per odio omolesbobitransfobico: ogni anno il numero di vittime è impressionante e la maggioranza di questi crimini avvengono tra le mura domestiche. Radosti non cerca di indorare la pillola, anzi, il finale de La regina dei buffoni è terribilmente amaro, un sipario che si chiude su una tragedia, sulla fine di un mondo intero, che non lascia alcuna speranza.
Ma davvero, non possiamo immaginare che quel tendone prima o poi si riapra su una nuova, bellissima scena? Che nuove fiabe possano nascere e crescere, che nuovi regni incantati prendano vita, che nuove fate non abbiano paura di essere quello che sono, che nessunə debba aver paura del proprio volto?
Forse il senso della storia è questo: che persino nel più grande degli orrori, nel più cupo e grigio dei mondi, la bellezza riesce comunque a rinascere.
Claudia Maltese (aka clacca)