Il tempo, la memoria e l'oblio - Intervista a Paco Roca e Rodrigo Terrasa

Da Rughe a L'abisso dell'oblio, l'autore spagnolo si racconta in un'intervista realizzata a Lucca, insieme a Rodrigo Terrasa, co-autore del suo ultimo volume

Paco Roca è uno dei maestri del fumetto contemporaneo. Con L’abisso dell’oblio, assieme a Rodrigo Terrasa, giornalista di El Mundo, continua il suo personale percorso di riscoperta della storia di Spagna. Lo fa, in questo caso, accendendo un faro su un tema molto delicato ed estremamente politicizzato: quello delle fosse comuni in cui vennero seppelliti i combattenti repubblicani fucilati dal regime di Francisco Franco al termine della Guerra Civile Spagnola. All’ultimo Lucca Comics & Games abbiamo avuto il piacere di intervistarlo, per ripercorrere la sua carriera artistica e per parlare, assieme a Terrasa, del loro ultimo lavoro, edito in Italia da Tunué.


Se dovessi descriverti con un'espressione, quella sarebbe “narratore del tempo”. Il rapporto tra lo scorrere del tempo e la memoria, soggettiva e collettiva, è uno se non il tema centrale dei tuoi fumetti. Perché hai sentito e senti ancora il bisogno di raccontare tutto ciò?
Paco Roca: Credo che il mio interesse principale sia recuperare il passato, a volte addirittura salvarlo dall'ignoranza. Mi affascina in particolare la memoria storica della Spagna, un tema che mi spinge a indagare, a esplorare ciò che è stato. Nel mio paese abbiamo vissuto per molto tempo una sorta di amnesia collettiva. Sento la necessità di conoscere e portare alla luce storie interessanti da raccontare e condividere. Inoltre, penso che la memoria abbia qualcosa di profondamente romantico, perché è coinvolta in una battaglia costante contro l'oblio, una lotta destinata a essere persa. Prima o poi ci dimenticheremo tutto, non solo gli eventi storici, ma anche il passato delle nostre famiglie, dei nostri nonni e dei nostri bisnonni. Anche noi, col tempo, verremo dimenticati. Per questo credo che il tema della memoria sia così affascinante, perché è una lotta destinata alla sconfitta.

Se parliamo di memoria è impossibile non partire da Rughe, il tuo lavoro più conosciuto e apprezzato. Di questo fumetto hai già parlato diverse volte e ormai si è detto tantissimo. Una cosa però vorrei chiedertela, e riguarda Emilio e Miguel. Quando hai dovuto delineare i due personaggi, a cosa hai pensato?
Paco Roca: Quando racconto una storia, spesso mi baso su personaggi reali, anche se poi li caratterizzo con dettagli di finzione. Nel caso di Rughe, il personaggio di Emilio è ispirato al padre di un caro amico, che, proprio come nel fumetto, lavorava in banca e soffriva di Alzheimer. Ho potuto vedere da vicino come la malattia lo ha trasformato e nel mentre ho raccolto numerosi aneddoti su di lui, per gentile concessione del mio amico. In generale, tutto ciò che è narrato nel fumetto prende spunto da eventi reali. Miguel, invece, è un insieme di diverse persone, anche se ho preso ispirazione principalmente da mio padre. La sua natura da imbroglione, la difficoltà ad accettare la vecchiaia e la tendenza ad approfittarsi degli altri sono tutti tratti che rimandano a lui. Queste due persone sono state la base da cui partire per creare i personaggi principali di Rughe e, conseguentemente, la storia.


Miguel è l’anziano più lucido nella casa di riposo. Di lui non sappiamo praticamente nulla, come se non avesse memoria di cosa fosse la sua vita al di fuori dell’istituto. Miguel, i suoi ricordi, li costruisce lì dentro con Emilio e alla fine diventa, secondo la mia personale lettura, il vero protagonista della storia. Un racconto sulla vecchiaia che si trasforma in uno sulla solitudine. Sei d’accordo?
Paco Roca: Sì, sono d’accordo con te. Nel momento in cui mi approcciai per la prima volta a raccontare questa storia, il centro della narrazione sembrava essere Emilio con la sua malattia. Tuttavia, più il fumetto prendeva forma, più mi rendevo conto che il vero protagonista era in realtà Miguel. Quando una persona inizia a prendersi cura di qualcun altro, come spesso accade a badanti e infermieri che assistono i malati, avviene spesso un'importante crescita personale. È il caso di Miguel, la cui evoluzione è costante nel fumetto. All'inizio non vuole nessuno intorno, ma alla fine sacrifica addirittura la propria vita per prendersi cura di Emilio. È proprio questo cambiamento che ho trovato toccante nella storia, qualcosa a cui non avevo pensato all’inizio, ma che ha finito per trasformare l’intero racconto.

In La casa invece, come suggerisce il titolo stesso, poni l’attenzione sull’importanza che luoghi (e oggetti) possono assumere nella memoria di ognuno di noi. Che poi è proprio quello che accade ai protagonisti del graphic novel.
Paco Roca: La casa nasce da un'esigenza personale, quella di mettere per iscritto ciò che stavo passando in un momento delicato della mia vita dopo la perdita di mio padre. Io e i miei fratelli avevamo il compito di svuotare la casa di famiglia per venderla, e mentre eravamo impegnati in questo lavoro pensai che il modo migliore per dare un senso a tutto ciò fosse raccontarlo in un fumetto, descrivendo il dolore di una famiglia di fronte alla morte. Volevo inoltre riflettere su un concetto che mi tormentava: se liberarsi di tutti gli oggetti di una casa significasse perdere la memoria di chi ci ha vissuto. L’obiettivo principale era semplicemente questo, raccontare un periodo difficile che io e la mia famiglia stavamo attraversando.


I luoghi (e gli oggetti) fissano, immobilizzano i ricordi. Proprio come una fotografia, a volte basta guardarli. E a proposito di fotografia, Ritorno all’Eden nasce da uno scatto di gruppo. Siamo nel 1946, sulla spiaggia di Nazaret, vicino a Valencia. Come ti sei imbattuto in quella foto? È stato un colpo di fulmine quando l'hai vista? 
Paco Roca: Tempo fa intervistai mia madre con l’obiettivo di custodirne i ricordi. All'epoca non pensavo affatto di scrivere un fumetto su di lei. Mentre parlavamo, iniziò a raccontarmi di sua madre e del ruolo fondamentale che questa ebbe nella sua vita, nonostante fosse morta quando lei era ancora molto piccola. Durante la conversazione saltò fuori una fotografia, l'unica che mia madre possiede in cui compaiono entrambe. Dopo averla vista pensai subito che potesse racchiudere una storia. Ciò che mi premeva era far comprendere ai lettori l'importanza che quella fotografia ha per mia madre e, allo stesso tempo, usarla come una sorta di finestra da cui potersi affacciare per approfondire e comprendere un momento complesso della storia spagnola: il dopoguerra, un periodo segnato da miseria, fame e morte.

Sempre a proposito di Ritorno all’Eden, il fumetto mi ha stupito anche per la messa in scena. Rispetto ai tuoi lavori precedenti hai deciso di osare maggiormente, giocando con metafore visive e voce narrante, partorendo sequenze magiche come quella di apertura e di chiusura. Vuoi raccontarmi come mai questo cambio di stile? 
Paco Roca: Lavorare a un nuovo fumetto è, ogni volta, una vera e propria sfida. Innanzitutto, devo concentrarmi su qualcosa di inedito, che non ho trattato nei libri precedenti e che mi motivi davvero. Realizzare un fumetto è un processo che richiede moltissimo tempo e, a volte, può diventare faticoso e persino noioso. Con Ritorno all’Eden, la sfida che mi ero posto era di lavorare con una voce narrante, cosa che non avevo mai sperimentato prima. Avevo voglia di esplorare la dimensione letteraria a cui il fumetto può arrivare. Usare una voce narrante mi ha permesso di allontanarmi dal modo abituale che ho di raccontare, che definirei cinematografico, facendo anche abbondante uso di metafore visive. In questo lavoro mi sono spinto più a fondo nel linguaggio del fumetto, sfruttando appieno il potenziale narrativo del mezzo. Ritengo infatti che Ritorno all’Eden sia il mio lavoro più “fumettistico”.


Ritorno all’Eden è solo uno dei tanti esempi in cui affronti la Spagna franchista. Lo fai percorrendo sempre strade diverse: dalla più onirica di Il Faro, al racconto di guerra in I solchi del destino. Dalle difficoltà della vita quotidiana narrate in Ritorno all’Eden, al racconto delle fosse comuni di Franco in L’abisso dell’oblio. Come riesci a trovare spunti sempre differenti?
Paco Roca: Credo che, in fin dei conti, un interesse autentico per qualcosa non svanisca mai. Inoltre, ogni storia richiede un modo unico di essere raccontata. Questa cosa mi affascina molto. Volendo fare un paio di esempi, per quanto riguarda Ritorno all’Eden, di cui abbiamo già discusso ampiamente, ho dato risalto alla vita privata di una giovane donna durante il dopoguerra, cercando di osservare il mondo dal suo punto di vista. Parlando invece del mio ultimo fumetto, L’abisso dell’oblio, pur trattando lo stesso periodo storico e temi simili, il punto di vista si amplia e il tono del racconto diventa quasi documentaristico. Del resto, per questo lavoro ho collaborato con Rodrigo Terrasa, un giornalista. Si tratta di una storia veramente complessa e ricca di sfumature, che era fondamentale raccontare attraverso le prospettive di più personaggi, non solo del passato ma anche del presente.
Trovare il modo corretto di narrare una storia non è semplice. È un po’ come comporre una melodia. Le note le hai, devi solo capire come metterle insieme. Devi trovare il giusto ritmo. Il processo può essere difficile: a volte azzecchi tutto al primo colpo, altre volte hai bisogno di più tentativi.

Parliamo dunque in maniera più dettagliata de L’abisso dell’oblio. Questo fumetto, realizzato in collaborazione con Rodrigo Terrasa, accende un faro sulle fosse comuni dell’epoca franchista e sull’odissea che i parenti delle vittime hanno dovuto affrontare (e ancora affrontano) per riuscire a recuperare i resti dei loro cari. Partirei proprio da Rodrigo: raccontami come e quando nasce l’idea di farne un fumetto.
Rodrigo Terrasa: Circa dieci anni fa pubblicai, per il quotidiano El Mundo, un reportage sul tema, ma già allora sentivo che l’articolo, da solo, non bastava. C’era troppo da raccontare e lo spazio che mi concedeva il giornale non era sufficiente. Da anni condivido con Paco un’amicizia che ci ha portato a collaborare su più progetti ed ero sicuro che questa storia si sarebbe adattata alla perfezione alla poetica dei suoi fumetti. Elementi come la memoria, la mitologia (nel fumetto citiamo i personaggi di Achille ed Ettore) e la storia locale di Valencia, la nostra città, costituivano un terreno fertile per il suo talento narrativo. Il progetto poteva funzionare.

Di tutti gli aneddoti che ti sei trovato a raccontare all’interno del fumetto, quale ti ha colpito di più? 
Rodrigo Terrasa: È difficile dirlo, ma forse la cosa che mi è rimasta più impressa sono le bottiglie di vetro. Venni a conoscenza della loro esistenza nel 2013, circa undici anni fa, quando incontrai Pepica. Fu lei che, durante l’intervista, me ne parlò per la prima volta, raccontandomi del coraggio del becchino Leoncio. Questo dettaglio mi colpì tantissimo. Fu quello il momento in cui capii che dovevo assolutamente convincere Paco a lavorare con me a questa storia. Spinto dalla curiosità cominciai a domandarmi sempre più spesso cosa si celasse dietro queste bottiglie e, soprattutto, dietro il personaggio di Leoncio, del quale all’epoca non conoscevamo praticamente nulla. Iniziai a indagare per conto mio e mi accorsi presto di quanto fosse difficile reperire informazioni sull’argomento. In Spagna, la riesumazione dei corpi nelle fosse comuni è un tema piuttosto scomodo da affrontare. Dopo aver convinto Paco, ci mettemmo sulle tracce di Maruca, la figlia di Leoncio. Fortunatamente riuscimmo a trovarla e a intervistarla. Scoprimmo così che suo padre raccoglieva e conservava dai corpi che seppelliva anche ciocche di capelli, pezzi di vestiti e bottoni, da consegnare ai parenti delle vittime. Subito ci rendemmo conto che ognuno di questi oggetti celava dentro di sé una storia che chiedeva di essere raccontata.

Parlando di Leoncio, vi confesso che è il mio personaggio preferito del libro. Sono rimasto veramente commosso dalla sua tenacia, dalla sua capacità di sperare in un futuro migliore che sembrava letteralmente impossibile, quello democratico. Paco, quando hai conosciuto la storia di Leoncio, hai subito capito che sarebbe stato uno dei personaggi principali in L’abisso dell’oblio
Paco Roca: Dopo aver scoperto la vita di Leoncio, ci siamo subito resi conto che aveva del potenziale per diventare una grande storia. Come ha detto Rodrigo prima, abbiamo avuto la fortuna di parlare con sua figlia, che ci ha raccontato tutto ciò che ricordava di lui. Leoncio era un uomo straordinario: non solo era un fervido democratico, dagli ideali moderni e progressisti, ma pure un appassionato di storia, filosofia e astronomia. Come hai giustamente sottolineato, riponeva grande speranza nel futuro, nel fatto che, prima o poi, quei corpi sarebbero stati recuperati, anche se non poteva sicuramente immaginare che ci sarebbero voluti decenni. Nonostante sia passato tutto questo tempo, purtroppo, esistono ancora oggi numerose fosse comuni non aperte, segno di come i politici spagnoli non riescano ad affrontare questo tema, a trovare un accordo su un qualcosa di profondamente umano come il diritto delle famiglie di riavere le spoglie dei propri cari.
Vedendo cosa sta accadendo nella politica spagnola, come del resto in Italia e, per estensione, in Europa e nel mondo, avete sentito l’urgenza di raccontare tutto ciò? La scelta del fumetto come medium è legata anche a voler raggiungere le nuove generazioni? 
Rodrigo Terrasa: Credo che realizzare un fumetto assieme a un autore di rilievo come Paco permetta di raggiungere un pubblico diverso rispetto ai lettori di giornali e libri di storia. Il successo dietro L’abisso dell’oblio, secondo me, risiede nell’aver messo al centro i personaggi, le difficoltà che hanno dovuto affrontare persone come Pepica e Leoncio. Il tema delle fosse comuni in Spagna è diventato estremamente politicizzato. Negli ultimi anni il linguaggio con cui se ne parla si è distorto, portando alcuni a trattare questa storia senza capirla davvero. Molte persone ci hanno detto di essere contrarie alla legge sulla memoria storica, persino all’apertura delle fosse comuni, eppure quelle stesse persone ci hanno confessato di comprendere perfettamente la vicenda di Pepica e le motivazioni delle sue scelte. Alla fine, è proprio questo il punto: la memoria storica si costruisce attraverso le testimonianze della gente comune, come Pepica, non tramite partiti e figure politiche come Sánchez, Vox o Franco. Stiamo parlando semplicemente di persone che vogliono ritrovare i resti dei loro cari.
Vengo dal mondo del giornalismo e della politica, un ambiente che a volte può essere tossico, aggressivo e violento, e temevo che le polemiche attorno al tema potessero danneggiare il lavoro di Paco. Fortunatamente non è successo: la critica al fumetto è stata straordinaria, così come le conversazioni avvenute durante le fiere. Quando qualcuno legge la storia di Pepica, o parla con lei (ha novant'anni ed è ancora viva), è impossibile pensare che questa donna stia cercando vendetta o voglia fare campagna politica per qualcuno. Si tratta, piuttosto, di far semplicemente rispettare un diritto umano. È questa la chiave del successo del fumetto. Non è pensabile che tutte le migliaia di copie vendute siano state acquistate solo da persone impegnate nella causa repubblicana. Penso piuttosto che abbiamo raggiunto un pubblico vario, composto da persone che hanno colto davvero il senso della storia che abbiamo deciso di raccontare. I lettori hanno capito a fondo le vicende di Leoncio e Pepica: per noi, questo, è stato un successo. 

Paco Roca: Come ti ho detto all’inizio di questa intervista, credo che sia molto interessante guardare al passato, perché ci si accorge non solo delle similitudini con il presente, ma anche che esistono eventi che si ripetono ciclicamente. In Spagna, ad esempio, molti dei nuovi votanti diciottenni si orientano verso l'estrema destra, che oggi è vista come la "parte ribelle” della politica. A mio avviso, questo rappresenta un grave pericolo, soprattutto perché i giovani spesso non comprendono appieno l'ideologia che si cela dietro certi partiti e movimenti. Si tratta più di una posa, di una moda. Purtroppo questo fenomeno non riguarda solo la Spagna, ma l’intero mondo. La memoria, quindi, può venirci in soccorso, poiché ci consente di empatizzare con le storie di altri esseri umani e di capire le conseguenze catastrofiche che alcune ideologie possono causare alla società.


Il fumetto è stato il medium migliore per focalizzarsi sull’aspetto umano di una storia come questa.
Rodrigo Terrasa: Sì, ne sono convinto. Oggigiorno il mondo del giornalismo è fortemente politicizzato. Un saggio storico sul tema non avrebbe avuto lo stesso impatto sui lettori. Oltre alla capacità di emozionare attraverso i disegni, Paco possiede il dono di essere un autore universale, leggibile in tanti Paesi. Le sue storie non invecchiano. Allontanarsi dal dibattito diretto e adottare una prospettiva nuova per raccontare questo tema ci ha aiutati a evitare polemiche, permettendoci di scrivere un racconto che può essere apprezzato tanto in Spagna quanto in Polonia, in Italia e, più in generale, ovunque. Sia oggi, nel 2024, che fra cinquant’anni.

Intervista a cura di Andrea Martinelli, realizzata dal vivo durante Lucca Comics & Games 2024

Sbobinatura e traduzione di Mattia Mirarco

Si ringrazia Aurora Galbero per l’aiuto come interprete


Paco Roca

È il più importante autore spagnolo di graphic novel. Rughe è il suo successo più ampio di critica e pubblico (vincitore del Gran Guinigi a Lucca Comics & Games, Premio nazionale di Spagna 2008, Miglior fumetto spagnolo per il Diario de Avisos di Tenerife, Miglior opera al Salone internazionale del fumetto di Barcellona, di Madrid), da cui è stato tratto un corto animato candidato al Premio Oscar. Tunué ha portato in Italia tutte le opere di Paco Roca, La Casa, Rughe, Il faro, I solchi del destino, Le strade di sabbia, Emotional World Tour, Il gioco lugubre, Il bivio, la trilogia dell’uomo in pigiama, Il tesoro del cigno nero, scritto con il diplomatico Guillermo Corral da cui è tratta la serie tv in lavorazione diretta dal regista Alejandro Amenábar, Ritorno all’Eden. Paco Roca ha vinto lo Yellow Kid autore dell’anno a Lucca Comics&Games 2022. Torna in libreria a ottobre 2024 per Tunué con L’abisso dell’oblio.




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