È successo un guaio - Storia di una famiglia disfunzionale e del mondo contemporaneo
Lorenzo Palloni firma un romanzo di tutte le famiglie, non adatto a tutta la famiglia
Ah, la famiglia. Sembra essere la cosa di cui, su tutte, non sappiamo fare a meno. Che lo vogliamo oppure no, possiamo litigare, sottolineare le nostre infinite differenze, lottare per affermarci nei confronti degli altri membri e loro nei nostri, ma la verità è che non possiamo farci niente, c’è qualcosa di loro in noi e qualcosa di noi in loro in ogni caso.
Questo spesso vario, indistinto, miscuglio di esseri umani sembra essere anzitutto il mezzo per legarci al continuum spazio temporale: siamo figli, nipoti, padri e madri, zie e zii di qualcun altro, e questa non è soltanto una coordinata, ma quel processo nel quale noi riusciamo a riconoscere il fatto di essere umani, persone che in qualche modo portano avanti un unico grande discorso collettivo nonostante tutte le differenze sociali o culturali. La famiglia però è anche un cruccio, uno specchio deformante attraverso cui ci guardiamo e guardiamo il mondo, e quando ci accorgiamo che quel riflesso non può essere sincero proviamo rabbia, repulsione per loro e per noi stessi e con tutte le nostre forze combattiamo per affermare il fatto che no, noi non siamo come loro. Questo periodo appartiene solitamente all’adolescenza, quando il carattere si forma, ma per una serie di ragioni può andare avanti per tutta la vita, perché anche da grandi, quando guardiamo ai nostri familiari, a prescindere dal loro ruolo, non riusciamo a non vedere quell’immagine deformata di noi stessi dal quale sentiamo il bisogno di allontanarci, fosse anche solo l’accento di nostra madre, o il modo in cui nostro padre versa l’acqua, che in fondo somiglia troppo al nostro, e non ci piace e non lo vogliamo. È una delle tante contraddizioni in cui vive l’uomo: anche se ama coloro che lo circondano, ha paura di loro quando percepisce che gli somigliano troppo.
Non è un caso se gli artisti di tutto il mondo, i letterati soprattutto, si siano soffermati lungamente sulla tematica della famiglia, creando sostanzialmente una sorta di sottogenere intorno al tema della genetica e della successione e tramutandoli a tratti in temi puramente esistenzialisti. Perché la domanda alla fine non è mai relativa a chi sono le persone che mi circondano, chi sono le persone da cui provengo, ma... se loro sono così, e io vengo da loro, allora cosa sono io? Sono così?
È della storia di una grande famiglia che parla È successo un guaio, nuovo, entusiasmante titolo dalla mente e dalle mani di Lorenzo Palloni per Saldapress, che mette in scena la storia di un nucleo familiare atipico e disfunzionale miscelando generi e idee in un mix solido e fresco.
Dopo la morte del padre, Jo e Dami hanno preso in mano l’agenzia investigativa che egli dirigeva. Un tempo con loro c’era anche Kris, che però ha deciso di cambiare mestiere dopo un pestaggio subito da parte di un gruppo neofascista. La nostra storia comincia quando un rider viene investito poco dopo una consegna. La madre, non credendo alla natura casuale dell’incidente, chiede alla famiglia di investigatori di fare giustizia. Così, a partire da questo avvenimento, la Hari Investigazioni si ritrova coinvolta in qualcosa di molto più grande, fra attentati terroristici che scuotono il paese e criminalità organizzata, ma soprattutto il tentativo di riavvicinare e tenere unita la famiglia.
Dei personaggi che compongono questa storia si potrebbe parlare per ore: ognuno di loro è vivo e reale, con un carattere definito, umano nel senso più completo del termine. Sono personaggi pieni di difetti quelli che vediamo affacciarsi su queste pagine, pieni di rabbia e di traumi e paure: Jo e i figli, che non sopporta per via del peso che sente sulle spalle nel mandare avanti l’attività di famiglia; Dami, che non riesce a far funzionare la sua relazione amorosa; Kris, sopraffatto dal panico, fuggito, che dialoga col suo psicologo, costretto a nascondere il capo, marchiato orribilmente da una cicatrice a forma di svastica. Questi sono i personaggi principali di questa storia, circondati a loro volta da personaggi secondari credibili e vivi, persone che ci sembra di aver incontrato per strada e con cui ci sembra di condividere una pezzo di vita.
Lorenzo Palloni ci porta in un mondo vivido in cui se da una parte la storia è il racconto dell’avventura dei suoi protagonisti, dall’altra è, invece, la ricerca intorno al contemporaneo, quello che ci circonda. L’autore sembra voler raccontare del nostro tempo, non tanto i fatti, quanto il sentimento generale, del contemporaneo. Quello strano tremore che ci sembra di sentire alla bocca dello stomaco quando pensiamo al tipo di mondo che ci circonda. Attraverso la ricerca continua di questa sensazione di soffocamento la storia raccontata si ammanta di noir. Non è un caso che uno dei capitoli di questo racconto si apra con una citazione a Dan Chaon, brillante scrittore di gialli/noir contemporanei e grande sperimentatore, oltre che romanziere eccelso.
Il comparto grafico di questo fumetto è sporco come la storia che racconta, a tratti abbozzato con maestria, gestendo neri sempre pienissimi caratterizzati da un tratto veloce e sporco, un effetto misto di pennarelli rapidograph e pennini, a tratti volutamente caotico, che sottolinea ancora di più la confusione del tempo che i personaggi vivono, la sua difficile leggibilità e la continua lotta alla sopravvivenza che esso rappresenta.
L’Italia di Palloni ricorda un po' quella di Gipi e di Giuseppe Genna, ma è allo stesso tempo personalissima. Un posto schifoso e pieno di contraddizioni, sotto il cui caldo sole serpeggiano il personalismo e la cattiveria, la solitudine e l’ignoranza di un popolo apparentemente perduto, sia perché non sembra avere idea di che direzione far prendere alla sua collettività, che per la sua incapacità all’empatia, alla condivisione. È uno schifo, forse, ma è in questo schifo che nuotano e restano a galla le persone meravigliose che nonostante tutto resistono alle brutture del mondo, e anche loro è questo Paese, di quelle strampalate famiglie di persone buone, che credono che un domani migliore è ancora possibile, nonostante i loro difetti, nonostante possano avere un caratteraccio.
Quando si chiude l’ultima pagina di È successo un guaio si rimane quasi dispiaciuti, non perché il finale della storia non sia bello, anzi il contrario, ciò che dispiace è non poter continuare a leggere, vivere la storia insieme a quei personaggi con cui ci sembra di poter sedere allo stesso tavolo a condividere una cena, perché anche noi, alla fine, nonostante il nostro caratteraccio, i nostri difetti, ci possiamo sedere e dire finalmente, in pace con noi stessi che sì, anche noi facciamo parte della famiglia, e sentire, come direbbe Palloni, che se anche le cose vanno male non dobbiamo disperare perché “il meglio deve ancora venire”.
Alessio Fasano