Tutta sola al centro della Terra - Una storia di salute mentale e sopravvivenza
Tutta sola al centro della Terra è una riflessione autobiografica per tutte quelle persone che lottano ogni giorno per la loro salute mentale. Un graphic novel che, con la forza di un pugno nello stomaco, svela l’intimità della depressione in maniera cruda e realistica, sfruttando ogni possibilità data dal medium del fumetto per raccontare qualcosa che, per chi combatte con la malattia mentale, a volte è irraccontabile.
“Zoe pensò che forse non aveva mai voluto davvero ammazzarsi. Alle volte era quasi come un’esibizione, un’esibizione senza pubblico, ma in cui sentiva comunque il dovere di recitare. Avrebbe potuto smettere di scrivere, avrebbe potuto posare il pennello e decidere di vivere al di fuori della propria mente. Ma per farlo avrebbe dovuto pensare a qualcosa che non fosse se stessa, per una volta.”
Bao Publishing nel febbraio 2024 porta in Italia la seconda opera dell’artista Zoe Thorogood, candidata ai premi Eisner e Ringo e recentemente anche tra le trentadue opere finaliste dei Lucca Comics Awards 2024.
Dopo aver esordito con Gli ultimi giorni di Billie Scott nel 2020, l’autrice ritorna con una nuova opera, questa volta con protagonista se stessa.
“Questo libro è per qualcuno, da qualche parte.”Fin dalle prime pagine, Thorogood si mette alla prova e si racconta mediante un dialogo tra tutte le parti di sé che la caratterizzano, dalla principale alla fanciullesca, dalla cinica alla sé quattordicenne. Anche la depressione stessa assume una rappresentazione grafica e si manifesta attraverso le sembianze di un mostro ingombrante e taciturno.
La storia si snoda temporalmente nell’arco di sei mesi, con diversi flashback alla sua adolescenza e al periodo della pubblicazione de Gli ultimi giorni di Billie Scott, passando per il rapporto con la sua migliore amica, la vacanza al mare con i suoi genitori, fino al viaggio in America per una relazione complicata con un fumettista conosciuto online. E in ognuno di questi scenari un desiderio permea le vignette e la mente della protagonista, riproposto in maniera quasi martellante: la volontà di uccidersi. Per Zoe, esiste solo l’impossibilità di essere felice, neanche con un’opera pubblicata, con dei fan, con un’amica, con dei genitori che ci tengono, neanche essendo il futuro-del-fumetto.
Durante lo svolgimento dei fatti, Thorogood tocca diversi temi in grado di spiegare una malattia a chi non la conosce e a non far sentire solo chi, invece, la conosce benissimo.
Proprio per questo, affronta gli aspetti cardine della depressione focalizzandosi, tra le altre cose, sulla solitudine. Una condizione spesso percepita come imposta dall’esterno e trattata da questo volume in maniera esaustiva, attraverso il ritratto di una Zoe quattordicenne vittima di bullismo e una Zoe più grande coinvolta in una relazione complicata.
Thorogood, tuttavia, raggiunge un ulteriore livello di profondità e descrive la solitudine auto-inflitta, di cui è perfettamente consapevole. L’autrice ci parla dall’interno della capacità isolante della malattia mentale, che erige muri attorno alla persona e rende difficile ogni tipo di aiuto esterno.
Con lo scorrere delle pagine, diventa sempre più concreto l’evitamento di Zoe dei contatti umani, contrapposto allo stesso tempo a un desiderio viscerale, ma percepito come impossibile, di poter sviluppare un rapporto autentico e profondo con qualcuno.
“Ogni volta che leggo storie che parlano, sai tipo di nichilismo, la risposta è sempre ‘connessioni umane’ e la cosa mi fa sentire svuotata. Vorrei potermi connettere con le persone, mi sento sempre bloccata dietro a un muro di vetro o a un voltapagina, presente, ma invisibile.”
Dal lato tecnico, l’autrice si concentra soprattutto sull’uso creativo della gabbia e sulla commistione di stili anche molto diversi tra loro, in base alle sue esigenze.
La struttura della pagina a volte segue tre livelli di strisce, a volte quattro, a volte misti, a volte nessuno. Il contenuto varia dal più al meno cartoonesco, dall’uso dei colori al bianco e nero anche nella stessa tavola, dall’utilizzo dei ritagli come nei collage dei bambini e alle chat telefoniche, fino alla trascrizione della sceneggiatura nuda e cruda. La tecnica scelta si trasforma in base alle necessità della storia, in contrasto con i muri di comunicabilità che Zoe prova nella vita reale. La stessa protagonista lo afferma: sulla pagina può essere ciò che vuole.
“Sto lentamente realizzando che, quando il mio cervello propone il suicidio, quello che intende davvero è di andare altrove, dove può esistere libero e senza forma, dove il tempo scorre in maniera differente e le cose hanno senso.”
Tutta sola al centro della Terra è un tentativo dell’autrice di condividere la sua esperienza con chiunque possa averne bisogno, attraverso l’arte.
Raramente la depressione viene rappresentata con tanto realismo come in questo volume. Thorogood, attraverso le sue pagine, offre una testimonianza dell'impatto che questa ha nella sua vita quotidiana. Ma, soprattutto, mette in guardia contro quel muro d’incomunicabilità che ostacola una vera connessione tra le persone.
“Se oggi chiedi sinceramente a qualcuno se sta bene, il tuo impatto sul mondo è già incredibile. Qualcuno, da qualche parte, in questo momento, è influenzato dalla tua esistenza, in modo negativo o positivo. Ecco cosa credo che sia tutto questo. Non una connessione... ma l’effetto che abbiamo gli uni sugli altri. Anche a distanza.”
Carlotta Bertola