Night of the Ghoul: il mostro è dentro di noi

Scott Snyder e Francesco Francavilla omaggiano gli horror movie classici e i romanzi noir e dell'orrore

- Lo vedi? Qui non c’è niente.

- Il GPS dice ancora un miglio.

- Magari sta cercando di ucciderci, papà. Eccolo qua, il tuo grande film dell’orrore. Boom. Andiamo a casa adesso?

- Magari devi solo goderti l’avventura.

Stiamo sviluppando uno strano rapporto con il terrore. Viviamo in un mondo estremamente contraddittorio, in cui l’arte popolare censura sempre di più la sua violenza o la segnala, tradendo la sua memoria, il suo rito, la sua grandezza, mentre la narrazione del reale diventa sempre più cruda, diretta e terribile.

Un mondo in cui i lettori vengono avvisati dagli scrittori rispetto a delle “red flag” all’apertura di un opera e allo stesso tempo in cui decine di canali Telegram, seguitissimi, diffondono liberamente immagini gore reali. Sulla base di questo tipo di narrazione anche i canali giornalistici ufficiali si sono adattati alzando il tiro rispetto alla questione morale di quanto senso abbia “mostrare la sofferenza” e fino a che punto sia moralmente corretto farlo. 

L’arte, in ogni sua forma è sempre servita all’uomo per indagare le proprie paure, scavare profondamente nelle cicatrici della mente, laddove fa più male, aiutarci a capire un po' di più chi siamo attraverso un dolore che non è il nostro ma che esiste in uno spazio - semplificando - che è quello dell’immaginazione, in cui tutto è concesso. Le storie fanno paura (anche le grandi storie d’amore sanno fare paura). La grande letteratura è terrorizzante proprio perché colpisce le nostre “red flag”, perché ci aiuta a guardare le nostre fobie, ad analizzarle da un punto di vista differente: è questa la cosa grande che sentiamo nell’arte in generale, nelle narrazioni nello specifico. L’arte spogliata delle paure, dei brividi, dei rantoli emotivi, della repulsione, della sensazione di vertigine che la vita di tutti i giorni ci procura, in quelle intercapedini minuscole e apparentemente insignificanti che caratterizzano la nostra esistenza, è un'arma caricata a salve: può sparare, ma è solo luce, o rumore.

Night of the Ghoul di Scott Snyder e Francesco Francavilla, in Italia per il marchio editoriale Astra di Star Comics, è un'opera che riflette anche intorno al concetto di raccontare l’orrore.

Il signor Innman lavora presso uno studio di archiviazione di nastri cinematografici. La sua vita cambia quando fra le varie pellicole che gli capita di dover ordinare ne ritrova una di cui le tracce si sono perse da tempo. Una pellicola leggendaria e maledetta: per l’appunto, Night of the Ghoul. La pellicola è frammentata e racconta una storia terribile sul male puro, impersonificato nella figura di un mostro senza volto, affamato di carne morta. Innman si ossessiona per la pellicola e dopo averne visto i frammenti sopravvissuti si muove alla ricerca del regista che l’ha girata, T.F. Merrit. Una volta trovato Merrit, ciò che viene a sapere, però, lo sconvolge: a quanto pare quello che Innman credeva essere solo un film altro non è che la narrazione di una storia vera, vissuta dallo stesso Merrit. Il Ghoul esiste davvero, e la struttura di riposo in cui il vecchio e storpio regista viene detenuto non è altro che un'orribile prigione in cui la setta L’ordine della mosca lo tiene prigioniero perché egli non possa rivelare la verità al mondo. 

Dire di più della trama sarebbe fare un danno al lettore. Snyder omaggia gli horror movie classici e i romanzi noir e horror di serie B, costruendo una trama piena di tensione e colpi di scena, secondo una struttura solida che ai lettori italiani potrebbe ricordare Tiziano Sclavi. A livello tecnico la cosa più interessante della scrittura è il continuo intrecciarsi della narrazione fra il momento presente in cui Innman vive e il passato del regista raccontato attraverso il film, che, narrando i fatti per quelli che sono stati realmente diviene al tempo stesso un modo intelligente di gestire il flashback e un documentario storico, che intreccia narrazione e ricordo in modo metanarrativo. 

L’impianto grafico dell’opera è gestito magistralmente da Francesco Francavilla. L'artista fa suo un fattore elementare dell’orrore a vignette (e a sequenziale in generale) non puntando tutto sull’inquietudine dell’immagine in sé, ma gestendo invece con grande esperienza e solidità una regia quadrata, disciplinata, che interpreta perfettamente la grammatica dell’orrore. Il metodo di Francavilla non conosce momenti di autocelebrazione. Lo sguardo dell’autore è attento in tutto e per tutto all’efficacia della tavola.

Proprio grazie a questa capacità l’horror ha il suo effetto e molte immagini sono davvero inquietanti senza essere necessariamente splatter. Sarebbe piaciuto ancor di più, forse (ma qui si parla puramente di gusti e desideri), vedere questo stesso fumetto - con un'aria così vintage e puntata a riprodurre i tratteggi degli anni Ottanta e precedenti - in bianco e nero, lasciando così a Francavilla lo spazio di lavorare ancor di più con l’ombreggiatura e i tratteggi. Il mercato americano non sempre consente questo tipo di libertà e Francavilla riesce comunque a porre un'immagine d’effetto, incisiva e non solo di accompagnamento all'altrettanto ottima storia di Snyder. 

L’opera parla del mostro dei mostri, qualcosa che si lega all’umano, al suo profondo, al suo interno, che lo alberga, lo veste e lo abita, che lo trasforma. Il mostro ha sempre forma umana, il mostro è l’umano, ma mai l’umanità.

Night of the Ghoul è un horror consigliato a tutti per diverse ragioni: i lettori di vecchio stampo (soprattutto di Bonelli e bonellidi) ritroveranno un'aria e uno stile di narrazione che molto hanno a che fare con il primo Dylan Dog e con altre testate horror “minori”. I nuovi lettori trovano una storia estremamente solida e piena di riferimenti a tanto grande cinema e altrettanti romanzi di qualità. Se vi piace Stephen King, il noir americano e il romanzo americano del Novecento in generale, i film di Alfred Hitchcock, o pellicole come Essi vivono, L’invasione degli ultracorpi, Texas Chainsaw Massacre (Non aprite quella porta), il cinema di Ruggero Deodato, Dario Argento e Lamberto Bava e tanti altri ancora non potete perdere questa lettura. Per tutti coloro che invece hanno paura di avere paura, è il momento forse di fare un piccolo passo nel vuoto, nell’oscurità, nella malvagità idealizzata, perché là in fondo forse, da qualche parte, ci siamo anche noi, una parte di noi che possiamo voler non conoscere, eppure c’è, e non sarà non guardare i mostri sotto al letto che impedirà loro di mettere le grinfie sulle nostre lenzuola. 

Alessio Fasano

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