Hexagon Bridge - Il mondo instabile di Richard Blake

Un labirinto narrativo di ispirazione fortemente metafisica

Intelligenza artificiale è un concetto che spaventa ancora. Anzi, a dirla tutta, ultimamente spaventa più che mai. Questo perché la fantasia è stata raggiunta dalla realtà e l’intelligenza artificiale è in mezzo a noi; almeno, questo sembra essere il sentimento generale.

La storia dell’intelligenza artificiale, la sua teorizzazione sono antiche tanto quanto il computer, per certi versi sono una specie di “punto d’arrivo” dell’informatica. Una macchina che possa pensare: Alan Turing si chiedeva se fosse possibile ancora prima che i computer come li intendiamo oggi esistessero. Nel suo incredibile Computing Machinery and intelligence, un paper pubblicato nel 1950 che sembra avere del profetico, ponendo delle domande che oggi sono ancora pienamente valide, Touring non teorizza solo le basi per l’informatica moderna, ma si chiede fin da subito quali saranno gli effetti delle sue invenzioni rispetto al futuro dell’umanità.

Parlare di intelligenze artificiali è complesso, si sente di posare continuamente il piede nel vuoto, non perché non si abbiano abbastanza conoscenze intorno alle macchine, ma perché non sappiamo abbastanza cose rispetto all’uomo. Cos’è il pensiero? Se lo chiedeva Turing, e nonostante i molti anni che ci separano dal suo pensiero e dal suo immenso operato di uomo di scienza, la domanda rimane.

Il problema delle intelligenze artificiali forse allora è guardarsi allo specchio, anzitutto, comprendere se davvero siamo così speciali, diversi, unici rispetto a ciò che ci circonda.

Inutile sottolineare quanto l’I.A. sia, per il panorama fantascientifico, centrale da sempre, e quanto apra a interessanti panorami filosofici, dalla visione di Arthur Clarke (2001: odissea nello spazio, 1968) alla rivoluzione “psionica” guidata da Philip K. Dick.

Hexagon Bridge di Richard Blake, per Edizioni BD, sembra poggiare proprio sull’immaginario dell’autore di Ubik: i genitori di Adley si sono persi in una dimensione parallela durante un'esplorazione, e la ragazza, dotata di poteri psichici, si addestra insieme a Staden, un I.A. installata nel corpo di un Robot, per infiltrarsi all’interno del complesso labirinto dimensionale in cui si sono persi i genitori per poterli ritrovare.

Nel “labirinto” si trovano, si incrociano e si sovrappongono realtà e intelligenze differenti, robot rivoluzionari e droni dispersi. Si tratta di un genere di fantascienza di ispirazione fortemente metafisica (vicina all’estetica di Moebius) che tratta l’incertezza dello spazio e del tempo, ponendo domande esistenzialiste a se stessa ancora prima che al lettore. Lo spazio e il tempo della storia sono rarefatti, è complesso orientarsi all’interno del labirinto narrativo intessuto da Blake, esattamente come persi si sentono i protagonisti della sua storia.

L’opera si esprime al meglio attraverso le sue immagini. Una trattazione visiva estremamente ordinata e schematica, che trova la sua forza più negli spazi vuoti che negli spazi pieni. Blake usa una tecnica mista in cui gli sfondi sono protagonisti, laddove il minimalismo non fa brillare particolarmente gli esseri robotici, piuttosto semplici a livello visivo, in modo da rendere l’idea di “gusci di conchiglia”. Hexagon Bridge sembra rarefarsi davanti agli occhi del lettore, un mondo che potrebbe disgregarsi da un momento all’altro lanciando nel nulla cosmico i suoi protagonisti. 

Il mondo mentale e allo stesso tempo informatico (i due concetti sembrano sovrapporsi completamente) è un labirinto dalle prospettive impossibili, di cui si perde la geografia più si prova a muovercisi dentro: lo spazio è dunque protagonista di Hexagon Bridge in quanto esso non è soltanto un “ambientazione” ma qualcosa di vivo, pensiero pensato, in cui i personaggi si muovono proprio con l’obiettivo di capire dove si trovano, di tracciare una mappa in uno spazio impossibile. 

Se vi aspettate una nuova brillante idea riguardo il concetto di I.A. o una rivoluzione dell’estetica fantascientifica, Hexagon Bridge non è il fumetto che fa per voi. Si tratta di un'opera che vuole poggiare su un immaginario solido per raccontare, più che un concetto, una sensazione: il disorientamento. In questo si tratta di un'opera estremamente originale, adatta anche a coloro che non sono interessati all’estetica sci-fi.

Alessio Fasano


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