Queeranta - Meglio tardi che mai ~ Un memoir queer

Cercare sé stesse, sopravvivere alla grassofobia, a un lutto e alle dinamiche delle app di dating e riscoprirsi queer "nel mezzo del cammin di nostra vita": divertente, liberatorio e sovversivo, Queeranta è il memoir a fumetti di cui avevamo bisogno!

"Dalle scuole medie in poi avevo iniziato a imparare una lezione fondamentale: c'era qualcosa di profondamente sbagliato in me. Il mio appetito doveva essere domato, c'erano degli standard che non stavo raggiungendo, il mio corpo al naturale era disgustoso e limitava le mie possibilità. Essere femminili era molto importante, ma la femminilità era irraggiungibile. Mi sentivo sempre sotto esame e l'errore era sempre dietro l'angolo."
Nella nostra società, lo sappiamo, essere una donna non è proprio facilissimo: le discriminazioni di genere sono ancora fortemente presenti nel nostro Paese e nel resto del mondo; not all men, but yes, all women; i notiziari ci sommergono di cronache dettagliate di femminicidi e stupri ogni giorno; sappiamo bene che il lavoro di cura ricade quasi totalmente sulle donne e che conciliare vita domestica e lavorativa è un'impresa titanica. Sopravvivere, se sei una persona socializzata femmina, è molto complicato.

Ma anche senza inoltrarci in argomenti troppo seri, triggeranti e pesanti, ci tocca rispettare delle regole non scritte che fanno di una donna una VeraDonna™.
Regole mai esattamente quantificate e specificate e sempre suscettibili di modifiche, clausole e corollari vari, che prescrivono a più del 50% dell'umanità cosa devono fare e come devono essere per ottenere il riconoscimento della loro deliziosa e incontestabile femminilità. Perché, lo abbiamo visto di recente anche con le ridicole - e profondamente razziste - polemiche alle Olimpiadi, neppure essere biologicamente femmina e riconoscersi nel genere femminile basta ai peggiori misogini (e misogine) del nostro illuminato Occidente per smettere di criticare e svalutare i corpi delle donne.
La VeraDonna™ è sempre femminile (qualsiasi cosa voglia dire), è magra (ma formosa!), giovane (di solito dopo i quarant'anni smette di essere una donna e si trasforma in una delle possibili creature - spesso asessuate - identificate come mogli/mamme/zie/nonne o, nel peggiore dei casi, zitelle) non ha peli (nonostante abbia superato la pubescenza), si veste con gusto (quello imposto dalle mode del momento, ma il suo per carità!), coltiva hobby femminili (come ci insegnano il nostro immaginario di ispirazione vittoriana, qualcosa tipo ricamo, giardinaggio e pittura ad acquerello), lavora (solo se è strettamente necessario, ma che non si azzardi ad avere una mansione e uno stipendio superiori a quelli del partner!), ricopre con gioia il suo ruolo di moglie e mamma in una famiglia consacrata dal sacro vincolo del matrimonio, eteronormata e allosessuale (sennò, signora mia, dove andremo mai a finire!).

La protagonista - e autrice - di Queeranta non è affatto una VeraDonna™ (per fortuna, altrimenti non avrebbe mai scritto questo fumetto bellissimo e noi non saremmo qui a parlarne).
La sua adolescenza è stata segnata dal senso costante di fallimento per non essere riuscita ad attenersi alle regole di cui sopra, un'infelicità che la accompagnata per gran parte della sua vita e che però, a un certo punto, ha deciso di lasciarsi alle spalle.
Come? Semplicemente smettendo di provare ad adeguarsi a quello che le è sempre stato imposto e accettando sé stessa così com'è, senza più nasconderlo a nessunə, permettendosi finalmente di amare chi vuole e di essere amata, pienamente e totalmente.
Ed è così che inizia la storia, con una donna felice e innamorata che presenta - con quel pizzico di imbarazzo e paura che abbiamo provato tuttə in questo genere di situazioni - per la prima volta la sua ragazza a suo padre. Una felicità che è arrivata tardi, dopo anni di disagi e lacrime, dopo milioni di situazioni in cui si è sentita sbagliata e dopo un lutto che le ha stravolto la vita e l'ha aiutata a uscire fuori dall'armadio.

Adesso, dopo un rocambolesco - e comico! - recupero delle ceneri di sua mamma da casa dei suoi, Chiara inizia a raccontare la sua storia, parlando proprio con quell'urna che prende vita, assume le fattezze di sua madre e le permette un confronto che non era ancora riuscita a sostenere.
«Ma... Mamma? Sei davvero tu? Sto sognando?»
«Abbiamo guardato abbastanza serie tv per capire che non è importante saperlo! Potrei essere un'allucinazione, un sogno, uno spirito o una magia. Magari sono solo un espediente narrativo dal forte valore simbolico... Oppure sei in coma!»
«Cristo!»
«Volevo solo dire che non sapremo mai per certo da dove vengo. Quindi stacci!»
«Ok.»
Nonostante il loro rapporto non sia mai stato tutto rose e fiori, madre e figlia condividono la stessa vena polemica e la stessa ironia, regalando a noi lettorə momenti di grande spasso e sdrammatizzando i momenti in cui il racconto si fa più triste e doloroso.

Negli ultimi due anni (il periodo in cui mamma-urna è stata confinata in uno stupido mobile nella sua vecchia casa) la vita di Chiara ha subito parecchi stravolgimenti: un divorzio, l'inizio della terapia, l'accettazione della sua bisessualità, le comunità queer e la fat liberation. Il racconto va avanti e indietro, si focalizza sugli episodi più importanti, si mette in pausa quando Chiara e sua madre riflettono e commentano le scelte - più o meno giuste - prese in questo lungo percorso di autoaffermazione e liberazione dalle imposizioni sociali.

La storia di Chiara è quasi un manifesto politico, un racconto che tocca tematiche tanto fondamentali quanto spesso ignorate, dalla difficoltà di uscire da una relazione che non funziona più a quella di potersi occupare della propria salute mentale in un Paese che vede ancora la psicoterapia come un lusso e non come una necessità. Gli spazi virtuali, per Chiara, sono luoghi fondamentali di crescita e di confronto ma restano l'anticamera di una realtà concreta fatta di reti amicali e di supporto: dalle pagine online contro la grassofobia agli spazi queer, Chiara conosce persone amiche che la sostengono, con cui può finalmente sentirsi parte di qualcosa, con cui condividere riflessioni, pensieri, interessi e passioni, persone con le quali riesce finalmente a essere sé stessa senza vergogna né paura.

Non è mai troppo tardi per accettare quello che si è e quello che si desidera per essere felici, ma non è mai troppo tardi nemmeno per fare pace con le persone che abbiamo amato-odiato, che ci hanno fatto male ma che sono state fondamentali nella nostra vita. Quello tra Chiara e la mamma-urna è un incontro/scontro continuo ma adesso, finalmente, le due riescono ad aprirsi una all'altra, ammettendo ciascuna i propri errori e confessando il proprio dolore:
«So che anche tu hai ricevuto messaggi sbagliati crescendo e non sono più così arrabbiata con te. Per te la femminilità è stata una conquista perché nonna ti impediva di truccarti e depilarti. Dovevi uscire di nascosto con i ragazzi e ti sei dovuta ribellare a tante cose.»
«Per lei qualunque cosa era da poco di buono e io giustamente mi ribellavo. Però imponendoti quelle stesse cose che mi negava lei mi sono comportata allo stesso modo.»
«Alla fine, nonostante il mix di grassofobia, eteronormatività e misoginia interiorizzata, da te ho imparato soprattutto a ribellarmi alle cose che consideravo ingiuste.»
«Quindi è anche colpa mia se sei una rompicoglioni polemica?»
«Si!»
Non ci sono più ruoli da sostenere adesso che una ha rinunciato a conformarsi a ogni costo e l'altra... beh, semplicemente non c'è più. Madre e figlia possono parlarsi con sincerità assoluta, e mettere da parte i vecchi rancori non si traduce nel fare finta che non siano mai esistiti ma nell'affrontarli punto per punto e spiegare i motivi e le intenzioni, non sempre ottime ma comunque mai cattive, che le hanno portate a scontrarsi.

Queeranta è una storia di formazione e di affermazione un po' anomala in un panorama di romanzi e fumetti che raccontano soprattutto di persone queer adolescenti e il suo punto di forza è proprio questo: riuscire a parlare a un pubblico più in là con gli anni (lo stesso titolo gioca con le parole queer e quaranta, facendo riferimento all'età della protagonista) per superare l'idea che l'affermazione del proprio genere e/o orientamento sessuale possa essere valida solo se compiuta da teenager.
Per chi è natə negli anni '80 ed è cresciutə nei '90 - o anche prima - l'accesso a tematiche e ambienti queer non è stato immediato com'è adesso per il semplicissimo e banale motivo che Internet non era uno strumento così diffuso e non era facile trovare il tipo di community che esiste oggi. Come racconta Chiara, ci si trovava a introiettare e interiorizzare sistemi di pensiero eteronormativi (ma anche grassofobici, queerfobici e abilisti) di base, e non sempre si aveva la possibilità di scegliere un'alternativa, o anche semplicemente avere consapevolezza dell'esistenza di quell'alternativa.
Ci si ribellava, certamente, ma a volte senza avere in mente una direzione chiara verso cui indirizzare quella ribellione, senza avere le parole giuste per esprimere quello che si sentiva e desiderava.

Ma non è mai troppo tardi - mantra di questo fumetto - per analizzare sé stessə, la propria storia, i propri desideri e per scoprire di non essere le sole persone al mondo a sentirsi diverse e quindi sbagliate. Chiara entra negli ambienti queer ormai da adulta, confusa e con una sindrome dell'impostora gigantesca che non le consente di uscire dalla gabbia dell'eteronormatività imposta e autoimposta fin da subito. La sua autoaffermazione è frutto di riflessioni, di elaborazione di ricordi e di vecchi traumi, ed è comunque non necessariamente il punto di arrivo di un percorso ma una fase che le consente ancora di esplorarsi e di non tuffarsi di nuovo in un'altra casellina nella grande scacchiera delle definizioni.
Non si è mai troppo vecchiə per mettersi in discussione e non si è mai troppo vecchiə per smettere di conformarsi a una società che marginalizza ogni realtà che non aderisce perfettamente allo standard imposto.


Con Queeranta, Chiara esordisce come fumettista, ma è già nota online (il suo sito internet è Chiaralascura) come illustratrice e dal 2018 co-fondatrice di Belle di faccia, un progetto e un'organizzazione che promuove la fat liberation, la body positivity e sensibilizza sulla discriminazione grassofobica in Italia.

Claudia Maltese (aka clacca)

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