L’Avventuriero, l'inconscio e il libero arbitrio: intervista ad Alessandro Tota e Andrea Setttimo
Partendo da un lavoro incompiuto di Arthur Schnitzler, Tota e Settimo realizzano un fumetto storico ma anche surreale e psichedelico. Ne abbiamo parlato con i due autori
Ciao Alessandro e ciao Andrea, grazie per averci concesso questa intervista. Siamo qui per parlare del vostro ultimo fumetto, La Novella dell’Avventuriero, le cui fondamenta poggiano su uno degli ultimi lavori di Arthur Schnitzler, pubblicato postumo ma soprattutto incompleto. Partiamo proprio da qua: perché Arthur Schnitzler e perché proprio La Novella dell’Avventuriero?
Alessandro: La Novella dell'Avventuriero era il libro che avrei sempre voluto scrivere, ma avendolo già cominciato Schnitzler la cosa più semplice da fare è stata partire dal suo frammento e terminarlo. Ci sono alcune storie tanto perfette da avere un contatto diretto con il mito, e L'Avventuriero è una di quelle.
Hai trovato delle particolari difficoltà nell’adattamento dell’opera? Dopotutto gli scritti di Schnitzler riguardano molto di più ciò che accade dentro di noi piuttosto che fuori. Freud arrivò addirittura a definirlo come il suo “doppio” in ambito letterario.
Alessandro: No, nessuna difficoltà ad adattarlo. A terminarlo si, ma adattare la parte già scritta non è stato un problema. Tecnicamente Schnitzler è l'autore più facile che ci sia da adattare: sono scene brevi, in cui l'interno dei personaggi si manifesta attraverso l'incontro con elementi esterni. Come nei sogni, tutto è rivelatore dell'inconscio e del suo ribollire. La teoria dell'inconscio a me piace moltissimo. Sono stato un grande lettore di Jung più che di Freud. I suoi scritti mi hanno dato tanto, per cui reagisco con grande emozione ai libri di Schnitzler, che è un artista gigantesco che tutti potrebbero apprezzare.
Di recente Coconino Press ha pubblicato La Novella dell'Avventuriero di Alessandro Tota e Andrea Settimo, ispirato a un romanzo incompiuto di Arthur Schnitzler. La storia è ambientata in Italia nel 1520 e ha per protagonista il giovane Anselmo, il quale viene a conoscenza della data della propria morte. Inizia come un romanzo storico per scivolare poi in una dimensione onirica e psichedelica, quasi fantasy, ponendo(ci) domande sul libero arbitrio, su quanto siamo realmente artefici dei nostri destini piuttosto che pedine intrappolate in un gioco del quale ci sfuggono le regole.
Abbiamo intervistato i due autori per parlare delle tematiche del racconto e delle loro scelte stilistiche.Ciao Alessandro e ciao Andrea, grazie per averci concesso questa intervista. Siamo qui per parlare del vostro ultimo fumetto, La Novella dell’Avventuriero, le cui fondamenta poggiano su uno degli ultimi lavori di Arthur Schnitzler, pubblicato postumo ma soprattutto incompleto. Partiamo proprio da qua: perché Arthur Schnitzler e perché proprio La Novella dell’Avventuriero?
Alessandro: La Novella dell'Avventuriero era il libro che avrei sempre voluto scrivere, ma avendolo già cominciato Schnitzler la cosa più semplice da fare è stata partire dal suo frammento e terminarlo. Ci sono alcune storie tanto perfette da avere un contatto diretto con il mito, e L'Avventuriero è una di quelle.
Hai trovato delle particolari difficoltà nell’adattamento dell’opera? Dopotutto gli scritti di Schnitzler riguardano molto di più ciò che accade dentro di noi piuttosto che fuori. Freud arrivò addirittura a definirlo come il suo “doppio” in ambito letterario.
Alessandro: No, nessuna difficoltà ad adattarlo. A terminarlo si, ma adattare la parte già scritta non è stato un problema. Tecnicamente Schnitzler è l'autore più facile che ci sia da adattare: sono scene brevi, in cui l'interno dei personaggi si manifesta attraverso l'incontro con elementi esterni. Come nei sogni, tutto è rivelatore dell'inconscio e del suo ribollire. La teoria dell'inconscio a me piace moltissimo. Sono stato un grande lettore di Jung più che di Freud. I suoi scritti mi hanno dato tanto, per cui reagisco con grande emozione ai libri di Schnitzler, che è un artista gigantesco che tutti potrebbero apprezzare.
Parliamo quindi della storia, o meglio, del suo protagonista. Il percorso di Anselmo è molto interessante. Parte con un destino già scritto, si ritrova improvvisamente libero per poi finire nuovamente vittima di un disegno più grande di lui, o così almeno crede. Quanto secondo te è importante riflettere, ancora oggi, sul libero arbitrio, sui vincoli e i paletti che caratterizzano le nostre vite?
Alessandro: La riflessione sul destino va vista in chiave politica. Noi diciamo "non c'è alternativa a quello che sta accadendo nel mondo", ma questo non è vero. Il mondo potrebbe essere radicalmente diverso, potrebbe essere un paradiso, invece è una merda, ma non è mica il suo destino. Considera che io vengo da una cultura materialista, per cui sono abituato a pensare che le persone siano il frutto dell'ambiente, che siano in qualche modo fabbricate dalle circostanze. Secondo questa visione del mondo non è che ci sia molta libertà. Con l'età però ho cominciato a domandarmi se non ci sia qualcosa di più profondo in ogni individuo, qualcosa di più grande, che garantisca un certo margine di libertà individuale, nonostante tutto. Si può essere dei robot, ma si può anche intraprendere un percorso per non esserlo. In che modo tutto questo ha a che fare con L'Avventuriero? È presto detto: Anselmo è il simbolo dell'individuo sconnesso da sé. È alienato, per cui possiede tutto, riesce in tutto, ma allo stesso tempo non ha niente, perché è privo di contatto con se stesso.
All’opposto di Anselmo c’è Lucrezia, figlia di Geronte. Anche lei brama l’indipendenza, la libertà, e una volta ottenuta farà di tutto non solo per preservarla, ma anche per condividerla. Questo personaggio, visto dove si interrompe il materiale di partenza, è forse quello su cui hai lavorato di più. Parlacene.
A questo punto sono curioso di chiederti: qual è il tuo personaggio preferito? Perché?
E invece per i colori? Come anticipato prima, è impossibile non notare il grande lavoro che c’è dietro. Si vede uno studio preciso, dal già citato verde “marcio”, che imperversa nelle scene con la peste protagonista, al rosso intenso, che porta con sé distruzione, violenza, terrore e rassegnazione. Ti va di parlarcene?
Ultima domanda di rito: avete in cantiere altri progetti insieme? Chi ben comincia...
Grazie mille per il vostro tempo.
All’opposto di Anselmo c’è Lucrezia, figlia di Geronte. Anche lei brama l’indipendenza, la libertà, e una volta ottenuta farà di tutto non solo per preservarla, ma anche per condividerla. Questo personaggio, visto dove si interrompe il materiale di partenza, è forse quello su cui hai lavorato di più. Parlacene.
Alessandro: Lucrezia, rispetto ad Anselmo, è il personaggio maturo: cerca di sapere chi si è, di stringere alleanze, di vedersi tutt'uno con il mondo, di pensare la collettività senza penalizzare l'individuo. Certo, è un po' testarda e capricciosa, ma ruba la scena ad Anselmo da quando comincia ad agire. Lucrezia non era presente in Schnitzler se non come appendice, ce la siamo inventata io e Andrea.
Il fatto che la storia finisca con lei riflette forse una tua visione, in fondo, ottimista delle cose?
Il fatto che la storia finisca con lei riflette forse una tua visione, in fondo, ottimista delle cose?
Alessandro: Se ci si muove, se si agisce su se stessi, ecco che già il mondo comincia a mutare. Questo giustifica, se non tonnellate di ottimismo, quel po' che permette di tirare avanti.
A questo punto sono curioso di chiederti: qual è il tuo personaggio preferito? Perché?
Alessandro: Ti rispondo dicendoti che Anselmo è da dove parto e Lucrezia, dove vorrei arrivare.
Per Andrea: il tuo stile si sposa alla perfezione con la storia di Alessandro, e ancor prima di Arthur Schnitzler. Cosa hai pensato quando ti è stata proposta la storia?
Andrea: Grazie, sono contento che si adatti bene! Ho fatto diverse prove di stile prima di battezzare quello presente nel libro: ho provato sintesi più realistiche, fatto tavole di formato il doppio più grande di quello definitivo, ad un certo punto c'era anche dell'acquerello. Alla fine ci ha convinto questa soluzione perché mi dava la possibilità di spaziare tra scene ambientate in contesti più realistici, come quando nelle prime pagine del libro Anselmo vaga per Bergamo, e momenti più onirici, dove una sintesi più asciutta aiuta a far amalgamare i personaggi agli sfondi più grafici e surreali. Inoltre volevo che sin dall'inizio, quando il libro è ancora ambientato in un mondo più realistico, si avesse l'impressione, attraverso lo stile di disegno, di non avere a che fare con il classico fumetto storico d'avventura ma qualcosa di leggermente diverso.
Agganciandomi a quanto dici, due cose mi hanno colpito in particolare: le tavole scontornate e lo studio dei colori. Non a caso tra le mie pagine preferite ci sono proprio quelle iniziali dove la peste colpisce la città di Bergamo. Partiamo dalle prime: come le avete concepite, tu e Alessandro?
Agganciandomi a quanto dici, due cose mi hanno colpito in particolare: le tavole scontornate e lo studio dei colori. Non a caso tra le mie pagine preferite ci sono proprio quelle iniziali dove la peste colpisce la città di Bergamo. Partiamo dalle prime: come le avete concepite, tu e Alessandro?
Andrea: Un'idea che avevamo chiara sin dall'inizio, forse ancora prima della struttura vera e propria del racconto, era che doveva esserci una crescente sensazione di abbandono della realtà e di mutazione verso un mondo surreale e psichedelico. La peste (che arriva quasi all'inizio della storia) a livello narrativo interrompe bruscamente e distrugge il mondo tranquillo di Anselmo portandogli via le certezze di una vita molto comoda. Allo stesso modo volevo che graficamente il lettore avesse l'impressione di un cambio di registro molto violento rispetto a quello che ha visto fino a quel momento. Con la peste diamo il via a quel cambiamento graduale di cui parlavamo prima verso una visione surreale del mondo in cui si muovono i personaggi. La peste inoltre, nel fumetto, è rappresentata quasi come una catastrofe naturale, una specie di nuvola verde che travolge e spazza via i luoghi che attraversa, lasciandoli in questo limbo fatto di macerie sospese nel vuoto.
Cercando di ricostruire quali siano state le influenze che mi hanno portato a questa scelta, c'è sicuramente la pittura neoclassicista, la rappresentazione di queste lande ricoperte di rovine di mondi antichi. Un'altra cosa che ha influenzato fortemente questa scena è la locandina di un film surrealista del 1970 intitolato Valerie a týden divů (Fantasie di una tredicenne), dove i protagonisti del film vengono rappresentati immersi in uno sfondo verde monocromatico che restituisce una sensazione inquietante e malsana molto forte. Un'altra influenza potrebbe essere stata il lockdown del 2020. Ho disegnato quella scena in quel periodo e, a posteriori, credo che rispecchi bene la sensazione di sgretolamento della realtà che vivevo in quei giorni. Ci sono altre scene costruite su questa scelta di scontornare i personaggi e farli muovere nella pagina bianca, ad esempio uno dei duelli che Anselmo si trova ad affrontare. In questo caso credo che il debito più forte sia nei confronti di Gianni De Luca e ai suoi fumetti shakespeariani.
E invece per i colori? Come anticipato prima, è impossibile non notare il grande lavoro che c’è dietro. Si vede uno studio preciso, dal già citato verde “marcio”, che imperversa nelle scene con la peste protagonista, al rosso intenso, che porta con sé distruzione, violenza, terrore e rassegnazione. Ti va di parlarcene?
Andrea: I colori non sono stati una cosa semplice. L'Avventuriero è stato il mio primo fumetto a colori e per aiutarmi nell'impresa ho cercato di lavorare dandomi un numero molto limitato di colori da poter utilizzare (quattro, con cui ho poi giocato per creare altre tonalità). Essendomi dato dei paletti molto chiari mi sono trovato nella situazione di dover usare al meglio quello che avevo, e ragionare su come potevo creare scene evocative con “poco”. Infatti spesso i momenti più forti visivamente non utilizzano neanche tutti i colori che avevo a disposizione ma uno o due al massimo. Per il verde, come ti dicevo prima, mi piaceva molto la sensazione malsana che evoca immediatamente. Alla stessa maniera ho cercato di usare gli altri come uno strumento narrativo, che aggiungesse qualcosa alle scene che stavo rappresentando.
Ad Alessandro l’ho chiesto in qualità di sceneggiatore, ma sono curioso allo stesso modo: qual è il tuo personaggio preferito? Perché?
Andrea: Credo che il mio personaggio preferito sia il conte Raspighi. In qualche maniera, nella sua pazzia, sembra aver capito tutto dalla vita e vinto tutte le sovrastrutture che ci governano. "Perché, in fondo alla strada, la fine è la stessa per vincitori e vinti. Allora voi capite... è solo una questione di stile!"
Ultima domanda di rito: avete in cantiere altri progetti insieme? Chi ben comincia...
Alessandro: Stiamo cominciando un nuovo libro, sì, ma è presto per parlarne!
Grazie mille per il vostro tempo.
Intervista a cura di Andrea Martinelli
Alessandro Tota
Alessandro Tota è tra gli autori più internazionali del fumetto italiano, particolarmente amato in Francia dove ha pubblicato tutti i suoi libri. In Italia, dove ha vinto diversi premi ha pubblicato i libri Yeti (2010), Fratelli (2011), Charles (2016) per Coconino Press, Palacinche (2012, con Caterina Sansone) per Fandango Libri, Estate (2018) per Oblomov e Caterina e i capellosi (2022) per Canicola. Nel 2015 con Il ladro di libri ancora per Coconino Press vince il premio Gran Guinigi nella categoria Miglior Graphic Novel a Lucca Comics. Di recente pubblicazione, sempre per Coconino, è La magnifica illusione, in nomination come Miglior Libro al Festival di Angoulême.
Insegna fumetto da più di dieci anni.
Andrea Settimo
Andrea Settimo nasce in provincia di Padova nel 1990 e vive a Bologna. Nel 2010 co-fonda Delebile, etichetta indipendente che pubblica fumetti di giovani autori sia italiani che internazionali. Ha disegnato The Corner, su testi di Lorenzo Palloni (pubblicato in Francia per Sarbacane nel 2014 e in Italia per Rizzoli Lizard nel 2016); è l’autore di Cardo/Decumano (pubblicato a puntate per Delebile dal 2016) e di Tutti Santi per la collana Fumetti nei Musei (Coconino Press/MiBACT, 2020).
Insegna fumetto da più di dieci anni.
Andrea Settimo nasce in provincia di Padova nel 1990 e vive a Bologna. Nel 2010 co-fonda Delebile, etichetta indipendente che pubblica fumetti di giovani autori sia italiani che internazionali. Ha disegnato The Corner, su testi di Lorenzo Palloni (pubblicato in Francia per Sarbacane nel 2014 e in Italia per Rizzoli Lizard nel 2016); è l’autore di Cardo/Decumano (pubblicato a puntate per Delebile dal 2016) e di Tutti Santi per la collana Fumetti nei Musei (Coconino Press/MiBACT, 2020).