Una nuova Camelot, vol. 1 - Tra retelling arturiano e invasioni aliene

In uno scenario apocalittico in cui una razza aliena crudele ha raso al suolo città intere, un gruppo di adolescenti scopre di essere la nuova generazione di cavalieri della Tavola Rotonda e di poter porre fine alla distruzione dell'umanità

In un solo istante, in uno stupido lunedì mattina che sembrava uguale a mille altri la mia vita è andata in pezzi. E ho capito che niente sarebbe stato più come prima.
Non è solo la vita di Wendy a essersi sgretolata in pochi secondi: il mondo è stato invaso dagli alieni, città intere sono state rase al suolo, le vittime sono centinaia. In poche settimane, i governi si sono organizzati, lə più giovani sono stati evacuatə dalle città mentre lì si combatte una guerra che l'umanità non ha alcuna speranza di vincere. I Marlakk, una razza aliena crudele e violenta, sono centinaia di volte più forti e tecnologicamente più avanzati dellə terrestri e a portare avanti la guerra è solo, forse, un disperato attaccamento alla vita.

Sullo sfondo della distruzione, un piccolo camion sta conducendo una manciata di ragazze e ragazzi lontano dai combattimenti: Wendy, una ragazza timida e impaurita; Thomas, il più riflessivo e calmo del gruppo; Shevindi, la tipica ragazza tosta che non si lascia intimidire facilmente e Leonardo, impulsivo, a tratti sboccato e scortese ma col cuore d'oro. È proprio per seguire lui, che si è lanciato dal camion per "ammazzare quei cazzo di alieni" che finiscono per scoprire un'antica sala rimasta chiusa per secoli. Una sala che ha molto da raccontare perché è quella che un tempo ospitava la Tavola Rotonda e i cavalieri di re Artù, e che oggi rivive grazie a un'improbabile versione futuristica di Merlino. Le loro armature sono ancora lì e custodiscono un segreto che va ben oltre le antiche leggende, un segreto che lega indissolubilmente il mito e i Marlakk, la magia e la tecnologia, il passato e il futuro dell'intero pianeta.


Una nuova Camelot è un fumetto che, se da un lato ha un ottimo character design e un livello molto alto per quello che riguarda disegni e colorazione - a opera, rispettivamente, di Marco del Forno e Claudia Giuliani - dall'altro presenta una storia che sembra già vista troppe volte e una caratterizzazione dellə personaggiə abbastanza stereotipata: un gruppo di giovani - la timida, il riflessivo, la testa calda, la coraggiosa - che all'inizio quasi non si conoscono e che in breve si ritrovano a indossare armature o tutine e combattere insieme contro il male, ciascunə con il proprio background ma tuttə comunque prontə a sacrificare il tutto per tutto per il bene comune.

Nonostante la mancanza di particolari guizzi di originalità, questo primo volume funziona abbastanza bene, almeno fino al momento in cui non si vanno a ricercare i collegamenti con il ciclo bretone a cui la storia, fin dal titolo, si ispira. Wendy, Thomas, Shev e Leo, infatti, indossano le armature di Artù, Galaad, Lancillotto e Parsifal, il re di Camelot e tre dei più famosi cavalieri della Tavola Rotonda. Inoltre incontriamo, come si è accennato, Merlino e intravediamo Mordred e Morgana.
Ma i riferimenti si fermano qui. La storia è, almeno in questi primi episodi, tutta concentrata sull'origine della guerra con i Marlakk e sullə ragazzə che ora devono affrontarli, sulle loro vite e le loro paure.

Ovviamente, poiché la storia è ambientata in un presente alternativo o in un futuro molto prossimo, non c'è alcun riferimento ai valori cortesi, alla cavalleria o - in particolar modo - alla difesa del cristianesimo, ed è scelta sicuramente sensata vista l'ambientazione temporale, ma che toglie forza ai collegamenti con il mito arturiano e lo riduce, appunto, solo a una vaga ispirazione per i nomi e poco più.


Una nuova Camelot è un fumetto d'evasione per un pubblico giovane e giovanissimo e, come tale, fa indubbiamente bene il suo lavoro. Eppure è difficile sfogliare le pagine, guardare le scene di città bombardate e di famiglie separate senza ricondurle alla cronaca di questi mesi.
Qui, tra le pagine di questo fumetto, la guerra è cosa inumata, è portata da alieni insettoidi, creature con cui non condividiamo nulla se non la sfortuna di abitare lo stesso universo. La distanza che ci separa dai Marlakk è quello che attutisce l'orrore delle loro azioni e che, in qualche modo, dà loro un senso, ce lo rende - almeno da un punto di vista narrativo - accettabile.
Perché se non fossero alieni, se non fossero inumani, se a uccidere e distruggere fossero uomini e donne come noi, l'orrore sarebbe molto più grande, troppo per provare a immaginarlo, per comprenderlo.
Se non fossero alieni.
Se.

Claudia (aka Clacca)

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