Essentials: EC Comics
La più grande casa editrice di fumetto americano che la storia ricordi
Per quanto io ci abbia provato, almeno all'inizio di questa rubrica Audace, a raccontare cose in modo critico ed adulto, alla fine di tutto torno sempre al mio primo grande amore, che è fare la cronistoria delle cose, per calarle nel giusto contesto storico e sociologico. E vorrei davvero far finta di essere in grado di prendere le distanze dagli argomenti di cui tratto, per poterli osservare con il freddo distacco della lontananza, ma purtroppo, la mia mamma mi ha fatto miope, e quindi se mi allontano troppo, non ci vedo un tubo e mezzo.
Tutto questo per dire, che, in questi anni di Essentials, ho parlato di circa una ventina di storie o saghe, alcune delle quali mi porterò per sempre nel cuore, ma credo che la maggior parte delle stesse, non sarebbe potuta nascere, se non fosse per l'esistenza dell'EC Comics, la più grande casa editrice di fumetto americano che la storia ricordi.Ma facciamo un passo indietro: siamo nei primi anni del 2010, e sto leggendo siti americani da cui per anni ho copiato spudoratamente preso ispirazione, e sento parlare per la prima volta di questa serie di fumetti, che mi dicono essere leggendaria, e fortunatamente, grazie ad alcuni siti che si occupano della preservazione di vecchi albi caduti nel pubblico dominio, riesco a leggere alcune avventure targate EC.
Rimango folgorato. Avevo già letto fumetti anni 50 e 60, e dopo un po' di tempo avevo imparato ad apprezzarli come si fa col whisky, ma queste storie sembravano scritte da autori nati il giorno prima.
La composizione della storia, il ritmo, lo stile delle vignette trasudava sì un mondo che non c'era più, ma il senso, il dialogo, il disegno avevano l'impatto di una palla di cannone.
Rimango folgorato. Avevo già letto fumetti anni 50 e 60, e dopo un po' di tempo avevo imparato ad apprezzarli come si fa col whisky, ma queste storie sembravano scritte da autori nati il giorno prima.
La composizione della storia, il ritmo, lo stile delle vignette trasudava sì un mondo che non c'era più, ma il senso, il dialogo, il disegno avevano l'impatto di una palla di cannone.
In una storia ci veniva raccontato il bombardamento di Hiroshima, e l'autore dei disegni si prendeva la briga di usare tre vignette per mostrarci un corpo venir lentamente obliterato dall'esplosione.
In una storia due soldati nemici cercavano di uccidersi in una lunga sequenza muta perché “Fra la vita e la morte nessuno fa battute da film”.
In una storia un testimone di una nefandezza della stirpe umana poteva osservare le conseguenze di un gesto, e in un'altra un astronauta dava un messaggio di speranza tutt'altro che stucchevole.
E certo, alcune storie erano basate sulla stessa formula, quella del colpo di scena finale, che fossero avventure dell'orrore dove alla fine il mostro stava dove meno te lo aspettavi (o anche dove invece lo avevi capito dalla terza vignetta), di guerra o di fantascienza, ma lo stesso, ogni avventura ti lasciava con la sensazione di volerne di più, di saperne di più, di voler capire dove stava il trucco.
Perché un fumetto EC era così più bello degli altri, e perché non ne facevano più?
La risposta me la diedero altre ricerche, forse più storiche e meno poetiche, ma molto interessanti. Facciamo quindi un passo indietro più lungo, e parliamo della famiglia Gaines.
Negli anni 30 del 900, il business dei fumetti era basato principalmente sui quotidiani: le storie venivano pubblicate giornalmente in formato striscia, e spesso e volentieri questa simpatiche avventure erano in grado persino di spingere i lettori a scegliere questo o quel giornale, visto che non in tutti i periodici era pubblicato Lil Abner o Little Orphan Annie, e bisogna comunque sapere come sarebbe andata avanti quella buffa avventura.
La risposta me la diedero altre ricerche, forse più storiche e meno poetiche, ma molto interessanti. Facciamo quindi un passo indietro più lungo, e parliamo della famiglia Gaines.
Negli anni 30 del 900, il business dei fumetti era basato principalmente sui quotidiani: le storie venivano pubblicate giornalmente in formato striscia, e spesso e volentieri questa simpatiche avventure erano in grado persino di spingere i lettori a scegliere questo o quel giornale, visto che non in tutti i periodici era pubblicato Lil Abner o Little Orphan Annie, e bisogna comunque sapere come sarebbe andata avanti quella buffa avventura.
Nella grande guerra dei giornali, si arriverà poi a pensare di aggiungere alle avventure giornaliere delle strisce, una grande pagina a colori speciale, spesso slegata dalla storia principale, che venisse pubblicata solo la Domenica, e per questo gli editori si dovettero però appoggiare a stamperie specializzate come la Eastern Color Printing.
Per questa ditta, lavorava un tale Maxwell Charles Gaines, a cui venne un'idea per una strana campagna pubblicitaria: una specie di giornaletto ripiegato, con strisce a colori, da regalare a chi avesse raccolto abbastanza prove d'acquisto di dati prodotti. L'idea non piacque moltissimo fin da subito, ma Max ci si impegnò a tal punto che nel 1936 arrivò a collaborare con la Dell Comics per pubblicare Famous Funnies, una raccolta di strisce a colori in un formato così particolare che viene usato ancora adesso, perché in pratica Max Gaines aveva co-inventato il comic book americano, ed il mondo non sarebbe stato più lo stesso.
In seguito, Max si lancerà nel mondo dell'editoria fondando la All-American Publications, assieme al collega Jack Liebowitz, già co-propietario dalla National Allied Publications, una piccola impresa che pubblicava una rivistina chiamata Detective Comics, e in questa nuova impresa darà vita alle gesta di alcuni personaggi interessanti fra cui il giustiziere Lanterna Verde ed il fumetto pedagogico Wonder Woman.
Negli anni però, la partnership con Liebowitz andrà un po' scemando, e Gaines venderà le sue quote della casa editrice, che sarà così assorbita dalla National, che prenderà poi il nome più familiare di DC Comics, ma con le sue quote il nostro Max deciderà di tenersi stretto un titolo in particolare: Picture Stories from the Bible, una serie che raccontava appunto storie della Bibbia cristiana a fumetti.
Con un titolo già conosciuto sul mercato, e altre avventure storico-comiche sotto la cintura, la nuova avventura di Max prenderà il nome di Educational Comics, o EC Comics per gli amici.
In generale, Gaines era un grande appassionato della lettura come strumento, e aveva contributo anche alla formazione di una commissione di psicologi, educatori e letterati che supervisionasse i fumetti in modo che potessero essere considerati come un qualcosa di positivo per la gente (e fu proprio grazie a questa commissione che entrò in contatto con la famiglia Marston, che darà vita a Wonder Woman, ma questa è un'altra storia) e sebbene le vendite dei titoli EC fossero modeste, tutto sembrava andare abbastanza bene.
Nel 1947 Max Gaines perderà la vita in un incidente in barca, lasciando in eredità al figlio 25enne William tutta la baracca.
William Gaines, di fumetti, non ne voleva sapere una ceppa, voleva fare il professore di chimica nella vita, così, per portare i soldi a casa e far felice la madre, andava in redazione una volta ogni tanto, faceva finta di lavorare, ma poi tornava alla sua vita di universitario.
Anche perché, fin da prima della Seconda guerra mondiale, il dibattito sui fumetti si era fatto infuocato, lo storico David Hadju ci racconta di come gli albi fossero visti come “leziosi, rozzi, illetterati, malamente stampati, in grado di creare dipendenza, pericolosi, fascisti, comunisti, in grado di istigare trasgressioni di ogni sorta”, e quindi se nemmeno uno dei tizi che il formato l'aveva inventato era in grado di farci dei soldi, uno studente di chimica era forse una speranza un pelo malriposta nel futuro dei comics.
Detto ciò, ad un certo punto dalla porta entrò un giovane disegnatore chiamato Al Fieldstein, che si trovò subito bene con Gaines, e portò l'erede di Max a fare un qualcosa di molto strano, ovverosia prendersi un grosso rischio imprenditoriale, e lanciare sul mercato tutta una nuova serie di albi di genere horror, e lì, la bomba esplose.
Nel 1950, la nuova linea dell'EC Comics prese piede come poche cose nella storia del fumetto, e vennero lanciate una marea di nuove testate di guerra, fantascienza e poliziesche, che catturavano i lettori non più solo nel target dei giovani, ma anche degli adulti abituati a leggere le riviste di avventura pulp, e alcuni grandi futuri scrittori di fantascienza come Ray Bradbury ed Harlan Ellison.
Titoli come Tales From the Crypt, Front-Line Combat, Weird Science erano un qualcosa di totalmente nuovo, una ventata di controcultura stampata non solo per i temi affrontati al loro interno, mostrando una società americana molto più disillusa e stanca di alcuni stereotipi, ma anche per la grande libertà artistica che veniva data agli autori.
Titoli come Tales From the Crypt, Front-Line Combat, Weird Science erano un qualcosa di totalmente nuovo, una ventata di controcultura stampata non solo per i temi affrontati al loro interno, mostrando una società americana molto più disillusa e stanca di alcuni stereotipi, ma anche per la grande libertà artistica che veniva data agli autori.
Non solo infatti i nomi di chi scriveva e disegnava le storie erano sempre ben in vista in ogni albo, pratica sconosciuta dalla concorrenza dell'epoca, ma spesso veniva anche scritta una breve biografia dell'autore, creando quindi un rapporto più stretto col lettore, ma Gaines e Fieldstein (ed in seguito anche l'altro grande editor EC, Harvey Kurtzman) spingevano molto con tutti i loro autori per far sì che provassero un po' a rompere i classici sistemi e stilemi del comic book americano, perché il fumetto doveva essere intrattenente. Entertaining, dicevano.
Una parola così importante che la casa editrice se la metterà nel nome, togliendo quell'Educational, e diventando così Entertaining Comics, un fulgido esempio di pubblicità ingannevole, perché quei fumetti, erano a tratti molto, ma molto di più di un semplice passatempo.
A volte invece no, ovviamente, ma se non suoni bombastico, stai veramente parlando di fumetto americano?
A volte invece no, ovviamente, ma se non suoni bombastico, stai veramente parlando di fumetto americano?
Max Gaines era rinvigorito dal successo dei suoi albi, e passava ore ed ore a leggere libri e pubblicazioni su qualsiasi argomento che potesse portare ad una storia, ad un'idea. Si voleva presentare il mondo per quello che era, filtrato ovviamente dal gusto e dalle idee degli autori, ma si pensava (giustamente) che il fumetto per interessare dovesse essere ancorato nella realtà.
E, ovviamente, oltre a queste grandi storie, la EC aveva anche un pool di disegnatori che farebbe svenire di gioia ogni singolo editor moderno, nomi che oggi sono leggendari come Joe Orlando, Jack Davis, Jack Kamen, Frank Frazzetta, Johnny Craig, John Severin, Marie Severin e Wally Wood solo per citarne alcuni.
Alcuni autori già all'epoca erano dei nomi di un certo peso, della serie: Wally Wood era l'uomo che Jack “King” Kirby chiamava “Il Re dei fumetti”, Frank Frazzetta avrebbe raggiunto una decina d'anni dopo il successo mondiale, John Severin era considerato così bravo che invece che cercare foto di oggetti reali per i loro disegni i colleghi copiavano quello che disegnava John, e Marie Severin era una delle più grandi coloriste sulla piazza (e non solo), mentre gli altri nomi erano visti un po'... stranamente, ecco.
Di Kamen dicevano che fosse il preferito di nessuno fra i lettori EC Comics, di Craig si diceva che fosse un lumacone mai in grado di rispettare una consegna, Davis lo chiamavano “il paludoso”.
Ma poi, giusto per contraddirmi, mettendosi un po' a distanza, e guardando le cose da lontano, con il distacco della storia possiamo vedere come Kamen fosse velocissimo a disegnare e un grande sperimentatore nell'uso della regia del fumetto, possiamo vedere come il tratto fitto di Davis abbia influenzato il genere horror per sempre, e certo, Craig era lento, ma perché era di un meticoloso da far spavento.
E questo pool di grandi professionisti era capitanato da tre persone che non avevano paura di nulla, in continua competizione.
Ad un certo punto Kurtzman, che spesso si scriveva, editava e disegnava da solo, geloso del fatto che Fieldstein avesse più testate da gestire, lanciò sul mercato un esperimento, una serie comico-demenziale chiamata MAD Magazine. In poco tempo, questa testata diventerà un caposaldo della cultura statunitense, portando poi Fieldstein a creare una serie “copia”, moda che all'epoca era molto frequente, chiamata Panic (immaginate che, in Mad lo staff editoriale si prendeva gioco dei lettori e parlava con loro come fossero conoscenti, uno stile che un certo Stan Lee userà quando prenderà le redini di una piccola casa editrice chiamata Atlas), che ebbe però scarso successo.
E questo pool di grandi professionisti era capitanato da tre persone che non avevano paura di nulla, in continua competizione.
Ad un certo punto Kurtzman, che spesso si scriveva, editava e disegnava da solo, geloso del fatto che Fieldstein avesse più testate da gestire, lanciò sul mercato un esperimento, una serie comico-demenziale chiamata MAD Magazine. In poco tempo, questa testata diventerà un caposaldo della cultura statunitense, portando poi Fieldstein a creare una serie “copia”, moda che all'epoca era molto frequente, chiamata Panic (immaginate che, in Mad lo staff editoriale si prendeva gioco dei lettori e parlava con loro come fossero conoscenti, uno stile che un certo Stan Lee userà quando prenderà le redini di una piccola casa editrice chiamata Atlas), che ebbe però scarso successo.
Insomma, la EC era in cima al mondo, erano i re del castello ed i ragazzi più fichi sulla scena... ma pubblicavano anche fumetti con teste mozzate e sangue grondante in copertina.
E così, quel sentimento anti-fumetto che aleggiava sul medium da anni, verrà capitalizzato nel 1954 da un famoso saggio del Dottor Wertham chiamato La Seduzione dell'innocente, che parlava di come i ragazzini potessero venir corrotti da certa stampa frivola e violenta e che, unita ad un'investigazione federale che manderà a gambe all'aria la rete di distribuzione dei fumetti sul suolo americano, fece finire molti editori a gambe all'aria.
Gaines provò per un po' a lottare contro questa campagna anti-giornalini, venendo persino ascoltato in Senato, ma la sua poca esperienza nel parlare politichese, unita ad alcune domande mirate, e ad una scarsa collaborazione dei colleghi, che preferirono inventare una sorta di comitato di censura preventiva chiamato Comics Code Authority, che impediva di pubblicare cose come la parola Horror, o violenza troppo spinta, renderanno l'intervento di William un clamoroso buco nell'acqua.
Senza appoggi, costretto a lasciare alcuni collaboratori a casa, non più in grado di pubblicare gran parte del suo parco testate, ed abbandonato da Kurtzman che era andato a lavorare per Playboy, Gaines le proverà tutte, lanciando una nuova serie di storie legate al mondo del reale come Extra che raccontava di giornalisti, M.D. del mondo della medicina, ma dopo solo cinque numeri questa nuova direzione EC sarà un'altro fallimento, e Gaines si troverà a vendere la sua azienda alla rivale DC Comics, in un cerchio che si chiudeva metaforicamente.
Il Senato chiese a Gaines se i suoi fumetti fossero di buon gusto, e Gaines rispose all'epoca “Nei limiti del mio”. E sebbene attribuire tutto il successo di una qualcosa di così monumentale ad una sola persona sarebbe folle, e ben lontano da quello che sto cercando di fare in questo articolo, la forza dell'EC Comics era ed è davvero tutta qui.
Come la miglior casa editrice di fumetti indipendente piccola, fatta in un garage abbandonato in provincia con sogni di gloria, la EC Comics (che comunque partiva con mezzi molto grandi) aveva come unico obbiettivo pubblicare fumetti che avrebbero voluto leggere loro stessi in primis.
E come in un puzzle dove tutto si incastra come per magia, con un editore sbagliato, due editor rivali, ed una squadra di talenti che la storia ricorderà per sempre, la EC Comics è riuscita a diventare un classico, che come ho già detto altre volte, riesce a trascendere il tempo stesso, e più che un fumetto anni 50 sembra un qualcosa di imprigionato fra le briglie di oggi e di ieri, sospeso nell'incredulità che si ha nel leggere un qualcosa di così ben fatto, che sembra folle non riuscire a riproporre oggi.
E come in un puzzle dove tutto si incastra come per magia, con un editore sbagliato, due editor rivali, ed una squadra di talenti che la storia ricorderà per sempre, la EC Comics è riuscita a diventare un classico, che come ho già detto altre volte, riesce a trascendere il tempo stesso, e più che un fumetto anni 50 sembra un qualcosa di imprigionato fra le briglie di oggi e di ieri, sospeso nell'incredulità che si ha nel leggere un qualcosa di così ben fatto, che sembra folle non riuscire a riproporre oggi.
E forse, la stessa qualità, lo stesso trucco di magia è un qualcosa di irripetibile, ma vi basterà leggere sei/sette albi EC, e poi leggere una qualunque storia breve di un antologico americano Horror, per trovare qualche stilema EC, magari non troppo palese, ma nascosto nella memoria collettiva come un sogno di un fumetto che poteva, e voleva fare tutto quello che voleva.
E per carità, il troppo stroppia a volte, leggere una raccolta EC a volte significa incappare in diciotto storie di mostri o di guerra tutte uguali fra di loro, ma c'è sempre un qualcosa, un certo je ne sais quoi che ti spinge a dire “Ma magari ne leggo ancora una”.
E zac, ecco che Gaines e soci ti hanno catturato, preso, e gettato per sempre in uno sgabuzzino in mezzo agli altri freak, che come te sono fan dell'EC Comics per la vita.
E se vi guardate a destra, e vedete qualcuno che vi saluta con la mano, non abbiate paura. Sono io, e vi ho riconosciuto.
Giovanni Campodonico