Dog, o dell’amore che amore non è

L’opera prima di Vaga è un ritratto delle relazioni violente e dolorose che annientano nel profondo. Un esordio autobiografico intenso ed emozionante

A volte il male c’è e non si vede, altre volte è così visibile che l’unico modo per sopportarlo è relegarlo alla dimensione fuorviante del sogno, mutargli forma e renderlo orme nere e passi sporchi. Potremmo trascorrere anni senza accorgercene, potrebbe essere seduto accanto a noi nella metro, potrebbe stare affacciato alla finestra di fronte. Potremmo sfiorarlo ogni minuto per giorni, mesi, anni. Potrebbe sembrare innocente e casuale, una svista o un inciampo, il gradino due millimetri più alto degli altri in una scalinata ripida. Il dolore che Valentina Galluccio, in arte Vaga, trasferisce sulla carta è quello che impedisce di prendere fiato, che incolla i piedi a terra e fa sentire costantemente indietro, che sia di un passo, una parola, un’azione al solo scopo di farsi amare. 

Dog, pubblicato da Edizioni BD nel novembre 2023, nasce a sua volta da un bel sogno, quello che la sua creatrice ha realizzato partecipando e vincendo nel 2022 il Lucca Project Contest, un concorso per progetti di storie a fumetti inedite di artiste e artisti esordienti. Vaga infatti, come ha raccontato agli Audaci in occasione del Book Pride di Milano lo scorso marzo (potete ascoltare la puntata del podcast a lei dedicata qui) ha un background come illustratrice e animatrice 2D, e per un periodo anche da ballerina professionista. Il suo percorso di vita si staglia su Napoli, una città per la quale prova sentimenti contrastanti ma da cui non si è mai allontanata del tutto e che occupa, seppur silenziosa, una parte fondamentale della sua opera d’esordio - che ha recentemente ricevuto la nomination come miglior opera prima ai Premi Micheluzzi indetti da Napoli Comicon.

La storia raccontata con profonda attinenza al contesto, quello pregnante della periferia, è autobiografica e narra le vicende e i dissidi interiori di Mia, una giovane donna sgretolata lentamente dalle domande profonde e dai dubbi legati a una relazione violenta che non le permette di vivere. Perché sebbene “tossica” sia il termine più utilizzato per dipingere questi rapporti impari dominati da giochi di potere in cui il più forte annienta l’altro, “violenta” restituisce il senso della profonda ammaccatura che viene a crearsi nell’animo di chi il potere, non solo fisico, lo subisce scomparendo pian piano.

Mia e il fidanzato, qui antropomorfo e ritratto con la testa di un cane, tornano a frequentarsi di nuovo dopo una rottura, nell’eterna speranza che possa prodursi un cambiamento proprio mentre al telegiornale ci si chiede come sia possibile agire “in un posto che non vuole cambiare”. I contrasti che abitano la protagonista si amalgamano quindi ai quartieri di una Napoli che non ha bisogno di orpelli e manifesti moralisti per uscire dal degrado, ma di azioni più profonde e sincere. Per Mia la felicità è una sembianza e non la realtà, è l’illusione di poter ricevere spazio, amore, cura mentre invece viene circondata dal possesso, dalla derisione e dallo svilimento personale fino a giungere alla solitudine, dopo l’allontanamento dai suoi affetti.

Alcuni penseranno sia un copione tristemente già sentito, ma è una rappresentazione a mio avviso ancora troppo necessaria per essere declassata a ruoli marginali: i fatti vanno esposti, brutalmente, nella loro più cruda verità. Gli elementi trattati con schiettezza e onestà da Vaga arrivano dritti agli occhi e allo stomaco, facendoci sentire spettatori impotenti e quindi complici di quanto sta avvenendo sulla carta - e di quanto è avvenuto nella quotidianità della protagonista. Una sostanza densa e collosa ricopre le superfici dei luoghi che il cane attraversa, mentre l’odio divampa e le parole si fanno sempre più dure, così come i lividi finché l’unico modo per sopportare il male diventano la droga e il sonno.

Dog racconta una realtà nota in modo diverso. Il linguaggio semplice ma non dozzinale arriva a più generazioni, è universale nel suo mostrare senza voler insegnare. Non è il tentativo di trarre una lezione dal male ma il bisogno di raccontare quanto accaduto nella speranza di tornare a vivere e uscire da una condizione di perenne apnea. Dog ci grida che per non morire occorre uccidere il legame parassitario che usa il nostro corpo per proliferare, e lo fa con uno stile da fumetto indie e underground dall’anima punk - con riferimenti al primo decennio degli anni Duemila, come il celeberrimo Nokia 5300 XpressMusic - dove la musica di certo non manca ed è un salvagente, utilizzando linee rapide ed essenziali e il bianco e nero in prevalenza, disseminando qua e là i colori primari e l’arancione. Le varie declinazioni del dolore sono raffigurate da scene evocative e inquadrature dal grande impatto, gli espedienti metaforici sono molti e tutti ugualmente espressivi.

L’epilogo è una fortissima presa di coscienza, la chiusura avviene in progressione e lascia spazio a una frase potente, nera su bianco, che vi invito a scoprire. La violenza è stata narrata in molti modi ma Dog è unico nel suo genere e si unisce ai graphic novel che parlano di temi forti con un’energia e un’urgenza che li rendono letteratura di altissimo livello.

Valentina Galluccio - e il suo personale “strappo nel cielo di carta”, dove crollano le certezze ma soprattutto le menzogne che siamo soliti raccontarci - è una scoperta interessante, un esordio sorprendente, inatteso ma anche sperato che fa desiderare di leggere presto altro di suo. 

Aurora Galbero


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