Retrocomics 12 - Il 1983

Torniamo a dare uno sguardo al passato, tra Oriente e Occidente

Torna Retrocomics con una nuova puntata dedicata agli anni che furono e più precisamente al 1983. In breve diamo un contesto a quell’annata:

– Il primo cellulare è messo in commercio, si tratta di quel mattone del DynaTAC 8000x

– Arriva nei negozi la console NES, Nintendo Entertainment System: cambierà il mercato dei videogames

– Negli Stati Uniti Il ritorno dello Jedi incassa 252.583.617 dollari.


Ma ora dedichiamoci al mondo del fumetto, partendo dal Sol Levante.


HOKUTO NO KEN

Qui si tocca un caposaldo dell’immaginario moderno: penso che chiunque conosca la trama e - ancora di più - l’iconica sigla italiana di Ken il Guerriero, un anime che è stato trasmesso da praticamente tutte le televisioni private regionali. La storia dell’ultimo successore della Sacra Scuola di Hokuto ha fatto sognare milioni di ragazz* con combattimenti, amori tragici e ancora più tragiche storie dei vari coprotagonisti che coprono i 109 episodi dell’opera. 

L’opera di Buronson e Tetsuo Hara fu, per cinque anni, una delle colonne portanti di Weekly Shōnen Jump, ovvero la più importante e famosa rivista di manga in Giappone che all’epoca vendeva 3.710.000 copie a settimana (e se vi sembrano tante pensate che il suo massimo picco fu nel 1995 con 6.530.000 copie). 

Quindi il manga ebbe successo? Sì, e in maniera devastante, superando la cifra delle cento milioni di copie vendute e generando vari spin-off che approfondiranno le vicende di alcuni dei personaggi più amati dai lettori. 

È alla sempre beneamata Granata Press che dobbiamo la pubblicazione italiana dell’opera, pubblicazione ricordata da molti di noi per la capacità di macchiare le dita con una stampa che non lesinava sull’inchiostro nero.

WALT SIMONSON - THOR

Più che celebrare un personaggio, questa volta voglio concentrarmi su un autore in particolare, Walt Simonson, che con il numero 337 di Thor esordisce come autore completo dopo averci già lavorato come disegnatore insieme allo scrittore Len Wein.

Il buon Simonson lavorava già da una decina di anni, inizialmente in DC, successivamente nel 1973 passando a collaborare con la Marvel fino a disegnare il mega evento del 1982 The Uncanny X-Men and The New Teen Titans, un crossover tra due delle serie più famose di Marvel e DC.

Tornando a lavorare sul buon figlio di Odino, Simonson, ora anche scrittore della testata, userà un approccio molto epico rimettendo al centro del villaggio la mitologia scandinava e miscelandola sapientemente con quelle atmosfere molto Kirbyane per regalarci una narrazione permeata da un forte senso di meraviglia, questo grazie anche a un lavoro superbo per quanto riguarda i disegni che trasudano potenza allo stato puro.

Aggiungete anche la creazione di personaggi iconici come Beta Ray Bill, un alieno che si dimostra degno di brandire Mjolnir (il martello di Thor), o di Thor... rana e capirete perché la sua run su questa testata sia uno dei punti fermi da leggere per apprezzare il fumetto supereroistico statunitense.

CORTO MALTESE

Chiaramente non parlo dell’omonimo fumetto di Hugo Pratt ma della rivista edita per un decennio da Milano Libri, ideata dalla controversa Fulvia Serra e dedicata a un certo tipo di pubblico... quasi snob. 

Vorrei riproporre le parole che usò Dario Fonti sul terzo numero de Il mensile del Fumetto, una rivista di critica dei primi anni Novanta:

“La politica editoriale che è alla base di questa rivista sembra esaurirsi nel tentativo di “elevare” il fumetto. Mentre il discorso può essere valido per autori come Pratt, Manara, Crepax, che son ormai di dominio pubblico e che non necessitano di essere inseriti in nessun contesto critico o filologico, con autori come Grant Morrison, Neil Gaiman o Dave McKean, si sente la mancanza di un supporto redazionale... Superman è un comic book e pubblicarlo su carta uso mano in un inserto graffettato è un insulto ai lettori.”

Credo che questo renda perfettamente cosa fosse la rivista Corto Maltese, una continua oscillazione tra la pubblicazione di autori del calibro di Dino Battaglia, Vittorio Giardino o l’immenso Andrea Pazienza e l’inserimento, quasi forzato, delle opere americane in un formato e carta che non gli rendevano giustizia come se venissero vissuti dalla stessa redazione di Corto Maltese come corpi estranei. 

Probabilmente l’unione del fumetto italiano con quello statunitense fu un vano tentativo di aumentare il numero dei lettori per evitare la chiusura della rivista stessa. Scrivo "vano" perché non sortì nessun effetto anche a causa di quel periodo storico, ovvero il definitivo tramonto delle riviste contenitore. Vuoi perché avevano esaurito la loro capacità di interessare larghe fasce di lettori, ma anche perché molti lettori preferivano pubblicazioni più settoriali e meno trasversali.

Per ora è tutto, ci si rivede nel 1984!



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