Lontano lontano: un’opera riflessiva tra metafisica, sogno, morte e rinascita
Arriva un punto della carriera in cui l’artista si ritrova quasi inevitabilmente a fare i conti con il proprio vissuto, a guardarsi alle spalle e analizzare la strada percorsa. Le opere così si susseguono, sfilano come su una pellicola dalle tinte seppia e mostrano le gioie e le complicazioni del lavoro artistico in tutto il suo splendore. Per alcuni è automatico, per altri doloroso, per altri ancora stimolante.
L’interpretazione di questo graphic novel appartiene al filone di chi non si limita a soppesare quanto creato fino a quel momento, a rimirarlo per trovarne i pro e i contro, a prendere spunto: il suo viaggio a ritroso tra i personaggi che hanno reso grande la sua firma ha più il sapore di una ricerca del senso perduto. La sua storia sembra chiedere - all’artista e a noi - cos’è stato finora, ma soprattutto perché? E cosa accadrà d’ora in poi? Ricorda i pittori che, ancora in vita, decidono di prendersi cura da sé delle proprie opere che necessitano di restauro. Non è uno sterile osservare, è un agire meticoloso fatto di occhio critico e al contempo entusiasta. Non un occhio immobile ma votato alla crescita continua di quanto già creato.
Lontano lontano è l’ultimo lavoro di Sebastiano Vilella, pubblicato nel novembre 2023 da NPE. La vicenda si snoda riprendendo i toni dei grandi del giallo, con tratti thriller: sfogliandolo siamo pervasi da un’aura potente alla Agatha Christie o Alfred Hitchcock. La scena si apre su una casa immersa nell’oscurità burrascosa di un bosco sconosciuto, un’intro misteriosa che lascia poi spazio a speculazioni, dubbi, desiderio di proseguire nella lettura. Attorno a pagina 20, però, accade qualcosa: con uno stile che dapprima ricorda l’opera di Schiele ma poi riconduce alle avanguardie artistiche e infine alla pittura metafisica, Vilella mostra un uomo che saluta la compagna dormiente prima di recarsi al lavoro. “Da anni lavoro a questa maledetta costruzione” dice. “Presto sarà finita… questo mi hanno detto” prosegue. In lontananza un incendio, i suoi colleghi si interrompono ma lui continua a picconare la roccia, a scolpirla con foga, ignaro del disastro che sta accadendo proprio nella sua casa, scaturito da un cuore pulsante, probabilmente stremato.
Potrebbe già di per sé essere una metafora sufficiente, ma di fatto ci introduce a quello che è il centro dell’opera: una storia di finzione solo a metà, che ha per protagonisti i volti che hanno segnato la carriera artistica di Vilella. È fondamentale infatti inquadrare l’autore per poter comprendere a fondo Lontano lontano, non perché l’opera risulterebbe altrimenti incomprensibile, bensì per afferrare il senso profondo di questo viaggio.
Da più di trent’anni Sebastiano Vilella si occupa di fumetto, pittura e illustrazione. Il suo percorso di affermazione comincia tra le pagine delle riviste a (e di) fumetti Eureka e Frigidaire, ma anche Blue e Linus. Successivamente inizia a creare i propri romanzi grafici come Italo Grimaldi: un commissario tra le due guerre, Interno metafisico con biscotti, L’armadio di Satie, Il MiticOperario. Con essi nascono i personaggi che divengono il suo marchio di fabbrica: l’operaio Pietro Sartorio - l’uomo citato sopra - il commissario Grimaldi, il compositore Erik Satie, Giorgio De Chirico e persino Crudelia De Mon rivisitata. Sono coloro che, in una serie di momenti denominati “incontri”, finiscono man mano per popolare la casa nel bosco di Lontano lontano, dove l’autore che all’inizio sedeva allo scrittorio appare ai malcapitati, confusi e desiderosi di sapere cosa ci facciano lì riuniti, in uno stato apparente di morte.
Ben presto diviene a tutti chiaro come l’obiettivo principale del commissario sia prendere Sartorio - il primo tra tutti i personaggi a raggiungere la casa e poi a fuggirne, in quanto sospettato dell’uccisione della moglie - e al tempo stesso cercano di comprendere che relazione ci sia tra il pericoloso fuggiasco e lo scrittore privo di sensi. È proprio Sartorio, a un tratto ricomparso come in una resa, a rivelare a tutti l’amara verità che darà poi il via allo snodo dell’intera vicenda: “Lei, come me, come tutti noi, non è altro che una fantasia… il bisogno disperato di qualcuno di poter sfuggire alla realtà!”. La fine è così vicina, marcata con la scritta “exit” in luogo del tradizionale epilogo. Perché più che una conclusione è l’uscita di scena dei personaggi di una commedia con tutte le carte in regola per essere una tragedia, rivelatasi fortunatamente tutt’altro.
Questo fumetto introspettivo e astratto, metaforico e illusorio di Vilella è un documento della decostruzione del sé, del crollo delle certezze e della morte delle idee. Vi sono infatti incursioni metaletterarie - compare la rivista Frigidaire, per esempio - che annunciano come il libro sia autobiografico e si riferisca ai patimenti dell’autore stesso, presente anch’egli in uno stato di assopimento profondo, lontano dalla verità, fuggitivo.
Solo quando si accetta la propria vulnerabilità come madri e padri delle proprie creazioni e del proprio destino vi è la possibilità di ricominciare. Il nulla cosmico che deriva dalla sensazione di aver già prodotto tutto il producibile, detto il dicibile, disegnato il disegnabile, la sensazione di non sapere in che altro modo contribuire alla società e sentirsi sensati in un panorama pieno di impulsi e stimoli, dove il reale si mescola all’intelligenza artificiale e ogni cosa è accaduta o accade in potenza, sono solo il preludio dello smarrimento di un’epoca. Lontano lontano si nutre della filosofia che sta dietro il tredicesimo arcano maggiore: è proprio dalla morte, e spesso da essa soltanto, che può essere generata nuova vita - non ripristinata ma ristrutturata, rinvigorita, rinnovata.
I disegni sono materici e il tratto ruvido tradisce la superficie di disegno; l’incontinenza del colore e la sua stesura simulano il vento in maniera estremamente realistica, così che possiamo percepirne il rumore a ogni pagina; la palette rispecchia gli ambienti scuri e vorticosi di una mente offuscata dalla paura - di non essere, di non farcela, dell’ignoto, di morire per rinascere - senza tralasciare di donarci la parte ludica dell’esperienza che ricalca quella di una storia di crimini e misteri. C’è largo uso di una regia in penombra, l’occhio si abitua a una sottoesposizione che accenna a scomparire solo nell’ultima manciata di pagine - a mo’ di “E quindi uscimmo a riveder le stelle”.
Lontano lontano è il graphic novel da leggere per chi attraversa un momento di buio, per chi pretende molto da sé e o si è smarrito: l’ispirazione del resto ritorna vivendo, compiendo i fallibili gesti del quotidiano, senza perdere la fede nelle proprie capacità e osservando il divenire delle cose. Vilella ci ricorda anche quanto il sogno e l’immaginazione siano fondamentali per una vita creativa: raccontiamo ciò che ci succede o ci succede ciò che raccontiamo?