Letture seriali: The Magic Order v. 3 e 4 di Millar, Cavenago e Ruan
La Magia del Millarworld
Doveva succedere prima o poi, giusto? Voglio dire, la rubrica si chiama Letture Seriali, e lo scopo è parlare (con uno spettro quanto più ampio e variegato) di tutto quel Fumetto che può diventare altro, che può trovare poi dinamica ed artistica espressione anche su altri medium, che siano su grande o piccolo schermo.
E poi ci sono quelle opere che nascono precisamente, sfacciatamente persino, con lo scopo di arrivare su quegli altri medium, che vengono pensate dal loro autore con quella precisa finalità.
Siamo, tra una magia, un incantesimo e qualche morto ammazzato lungo la via, arrivati al quarto volume della saga, su disegni di Dike Ruan, che segna, insieme al precedente illustrato dal nostro Gigi Cavenago, un importante "Punto e A Capo" per questa storia di potere, non solo arcano.
Così, oltre il mero campanilismo di fondo, ho deciso di includere in questa Lettura Seriale entrambi i volumi, che chiudono molte delle trame e sottotrame impostate sinora, permettendomi una trattazione leggermente più ampia (ovviamente, senza spoilerare).
Perché, come accennavo prima, questo Fumetto nasce (e Millar lo ha reso sempre più evidente nel procedere della narrazione) per diventare serie televisiva, con lo sceneggiatore che, a quel punto, ha smaccatamente impostato tutto il suo lavoro tenendo presente più una dinamica da piccolo schermo che non da scaffali delle librerie.
A complicare un poco le cose, ad introdurre nuovi elementi e ad iniziare a seminare l'idea che quella di The Magic Order sia una narrazione con una visione d'insieme più ampia e programmatica di quanto potesse sembrare all'inizio, ecco poi il secondo libro, che permette al lettore/spettatore di continuare a farsi largo, non solo nelle dinamiche familiari dei protagonisti principali, ma anche in quel sottobosco aggiuntivo di regole e regolette che muove tutto questo mondo magico.
Il tutto condito da sottotrame, colpi di scena e sequenze mirabolanti disegnate, con grande pregio e talento, da un sempre ispirato Stuart Immonen.
Forti di tutto questo, si arriva così al Volume 3, matite di Cavenago e uno strillone di copertina che recita "Un punto di partenza perfetto per nuovi lettori".
Ora, su quel "perfetto" mi permetto di mettere le virgolette perché non è poi verissimo, dopotutto. Siete lì, fate zapping come si usava una volta, e capitate davanti a qualcosa che inevitabilmente vi intriga. A voi, però, il compito di mettervi in pari, altrimenti la sensazione, palpabile, che manchino molti più pezzi del dovuto per capire bene tutto, è davvero intensa.
Per tradurla in termini fumettistici, siete qui per amor e curiosità nei confronti di Cavenago, ma credetemi se è meglio mettere nel carrello anche i primi due tomi della saga.
Nelle prime pagine, proprio con quell'atmosfera che spesso accompagna l'incipit delle nuove stagioni di una serie televisiva, Millar ci porta a spasso per i meandri dell'attuale Ordine Magico, con quel vago sentore che, tra la fine del precedente volume e questo, sia passato più tempo del previsto, ma quelli che ritroviamo sono comunque elementi che ben conosciamo: stili di vita tra lusso sfrenato e momenti "sanguigni", personaggi di dubbio gusto e moralità, sotterfugi diplomatici e bugie personali, protagonisti che pare proprio vogliano evitare a tutti i costi la nomea di "Buoni", forse perché il riflesso che li guarda la mattina allo specchio non è quello di brave persone.
Eppure, proseguendo la lettura, arrivano delle conferme che spero non suonino troppo come spoiler, come, ad esempio, quella che è Cordelia Moonstone il vero perno di tutto The Magic Order, che a lei piaccia o no, e che Millar ha un debole per il personaggio in modo sentito, e d'altronde questo non è mai stato veramente un mistero misterioso.
Come il patriarca Leonard, impegnato in un viaggio personale, e quel continuo riferirsi a quanto accaduto al termine della prima stag... del primo libro, quell'incantesimo lanciato per salvare tutto e tutti, con il sospetto che quel gran bastardo di Millar, avesse sempre previsto, sin dall'inizio, sin dalla prima tavola, dove accidenti volesse andare a parare.
Impeccabile showrunner di sé stesso, con The Magic Order 3 inizia a rendere chiaro che il disegno cela molto più di quello che gli occhi possono percepire, come un certo quadro e il suo vetusto e saggio inquilino, la cui identità potrebbe rivelare sin troppi colpi di coda.
Ci sono regole che non devono essere infrante, rese dei conti solo rimandate e altri addii da suggellare, in perfetto stile Netflix.
I personaggi diventano beniamini e danno segnali di stile, il tono è adulto e smaliziato, caratteristica che lo scrittore non ha di certo mai disdegnato, e usandolo, come il migliore dei maghi, per continuare a coinvolgere ed intrigare, episodio dopo episodio.
È l'Arte, forse magica anch'essa a modo suo, del disegno a rendere The Magic Order un Fumetto, con tutto il trasporto e la sospensione che questo termine racchiude, e lo sa appunto anche il suo creatore, che decide di concedersi anche giochi metanarrativi, come quello d'inserire un comic-book all'interno della storia, con tanto di pagine realizzate e mostrate a bella posta, in cui cambia il tratto dello stesso Cavenago, che qui si permette di rendere omaggio ai Maestri (a voi il piacere di ravvisarli), per creare il giusto stacco.
Altrettanto fa la tavolozza di Valentina Napolitano, che conferisce a quella sequenza un sapido gusto retrò, come di vecchio giornaletto di una volta.
Ma il lavoro della colorista è in realtà mirabile soprattutto perché si tratta di sposare la policromia con lo stile di Cavenago, fornendo ad ogni tavola il particolare compito di risaltare su quella che la precede, anche se poi ci sono momenti in cui non esistono dubbi, come la doppia splash page che ha per protagonista Shavatan: tentacoli, corna, muso caprino, una montagna come trono, ed intorno un meraviglioso paesaggio, che la Napolitano esalta coi colori di un tramonto d'autunno. Vi sfido a sfogliare il volume e non rimanerne affascinati.
E siccome "Italians Do It Better", nel volume 4, il compito di donare technicolor alle tavole di Ruan spetta ad un'altra grande professionista, Giovanna Niro, per esaltare una "resa dei conti" da comic book, ricca di "effetti speciali", dove tutti gli indizi, i tormenti, i colpi di scena e i tradimenti trovano il loro bandolo.
Dike Ruan diventa così, a sua volta, paradigma di quanto detto sinora: le sue tavole hanno quel tono da fumetto mainstream, ricco di splash page, esplosioni, personaggi torreggianti, azione scatenata e distruttiva, perché è ciò che questo capitolo richiede.
Non è più tempo di seminare false piste, non è più tempo di dissimulare e creare suspence, è piuttosto quello delle "botte da orbi" e di dare al villain quello che merita, se con "botte da orbi" si intendono incantesimi letali e personaggi che, in puro stile "deus ex machina", dispiegano tutto il loro cataclismatico potere nel modo più "spettacoloso" possibile.
Ruan e Niro rendono la lettura appassionante e lo sfogliare le pagine pieno di ritmo, incalzante. Semmai, ad ammirarne il lavoro ci si ritorna dopo, e naturalmente, fatelo.
Perché quella del Millarworld è una palestra che vanta tra i migliori iscritti del panorama fumettistico statunitense, anzi, da praticamente tutto il mondo, perché come li sa stanare lo scozzese, pochi altri.
E mentre siete lì che rimanete incantati da cotanta bravura ed estro, diventa palese anche l'avere di fronte un'ennesima ottima dose di intrattenimento su carta, con l'autore che presenta a Netflix una sceneggiatura e uno storyboard belli che pronti.
Mancano solo un regista abbastanza visionario da poter affrontare tutto questo delirio visivo ed uscirne a testa alta, un budget adeguato e un bel cast di interpreti che sappia farsi doppelganger dei personaggi, ma a quello deve pensarci la piattaforma o chi per lei, mica può fare tutto lui.
The Magic Order non avrà lo stesso impatto di opere precedenti del Millarworld, come Kick-Ass e Jupiter's Legacy, con cui lo scrittore rileggeva, con il pennino intinto nel sangue e nell'acido, certi stilemi dei comics di supereroi, urbani e divini, oppure Kingsman, dove il mondo delle spie e dello spionaggio trovava un nuovo angolo da cui venire inquadrato.
Eppure, tra i tanti "creator owned" che ha sfornato negli ultimi anni, è quello più genuino, quello più votato a farsi, appunto Intrattenimento (con la maiuscola) e, oltre che con la ferrea volontà di dare a Netflix un Proprietà Intellettuale da sfruttare, è anche il Fumetto che Millar si è divertito di più a scrivere.
Almeno, questa è l'impressione che restituisce quando, al termine del quarto volume, ti accorgi di che bravo prestidigitatore delle parole nei balloon sa ancora essere.
Doveva succedere prima o poi, giusto? Voglio dire, la rubrica si chiama Letture Seriali, e lo scopo è parlare (con uno spettro quanto più ampio e variegato) di tutto quel Fumetto che può diventare altro, che può trovare poi dinamica ed artistica espressione anche su altri medium, che siano su grande o piccolo schermo.
E poi ci sono quelle opere che nascono precisamente, sfacciatamente persino, con lo scopo di arrivare su quegli altri medium, che vengono pensate dal loro autore con quella precisa finalità.
Tra queste, un posto di rilievo ce l'ha sicuramente The Magic Order di Mark Millar, la prima creazione originale del fumettista scozzese per Netflix dopo l'acquisizione, da parte di quest'ultima, della sua etichetta Millarworld, una partnership che, nel catalogo della piattaforma, si è già espressa con Jupiter's Legacy, Super Crooks e Jodie, il Prescelto, senza dimenticare tutti gli altri progetti, seriali e filmici, sinora annunciati per il prossimo futuro.
The Magic Order è appunto il primo vero e proprio fumetto pensato, ragionato e creato da Millar per Netflix, per dare alla "Grande N" dell'intrattenimento globale una IP originale e permetterle di mettere uno zampino anche nel mercato editoriale. Perciò non stupisce vedere, in quarta di copertina, il suo logo accanto a quello di Panini Comics, che propone i vari cicli di storie in volumi cartonati (negli States è invece Image a pubblicarli, e prossimamente si fregeranno del marchio Dark Horse Comics, etichetta con cui, di recente, l'autore ha stretto un accordo di esclusiva).
Siamo, tra una magia, un incantesimo e qualche morto ammazzato lungo la via, arrivati al quarto volume della saga, su disegni di Dike Ruan, che segna, insieme al precedente illustrato dal nostro Gigi Cavenago, un importante "Punto e A Capo" per questa storia di potere, non solo arcano.
Così, oltre il mero campanilismo di fondo, ho deciso di includere in questa Lettura Seriale entrambi i volumi, che chiudono molte delle trame e sottotrame impostate sinora, permettendomi una trattazione leggermente più ampia (ovviamente, senza spoilerare).
Perché, come accennavo prima, questo Fumetto nasce (e Millar lo ha reso sempre più evidente nel procedere della narrazione) per diventare serie televisiva, con lo sceneggiatore che, a quel punto, ha smaccatamente impostato tutto il suo lavoro tenendo presente più una dinamica da piccolo schermo che non da scaffali delle librerie.
Con questo, sia chiaro, non sto muovendo una critica riguardo al piacere sottile di Millar nel gestire e pensare ai suoi fumetti come a galline dalle uova d'oro (il suo rapporto con Hollywood è ormai cosa nota), quanto piuttosto offrire una lente di lettura diversa, forse un poco meno cinica, che permetta di cogliere quanto buon lavoro ha in realtà saputo riversare nella storia di questi maghi, di famiglie che sembrano più i Soprano che degli incantatori, e tutti gli sconvolgimenti paralleli che affrontano, con noi "normali" inconsapevoli di tutto.
(Per chi si fosse messo all'ascolto solo ora, veloce sinossi: Esiste un ordine segreto, composto da cinque famiglie di maghi che, da generazioni, protegge l'umanità, totalmente ignara, dalle minacce sovrannaturali. La storia di The Magic Order si concentra in modo particolare sui Moonstone, una delle più potenti ed antiche di queste famiglie, composta dal patriarca Leonard e dai tre figli Regan, Gabriel e Cordelia)
Quest'ottica da serie televisiva permette, ad esempio, di rivalutare il primo volume, quello disegnato da Olivier Coipel. Sull'artista, nulla da eccepire, ma era proprio la sceneggiatura di Millar ad esser pervenuta come poco brillante. Originale, come sempre con i concept che muovono le idee della sua vulcanica mente creativa, ma nulla che fosse destinato a lasciare un vero impatto. Eppure.
Eppure, rileggendolo e pensandolo come la prima stagione di una produzione seriale da bingewatch, appare ora tutto efficace, proprio perché è una semplice, ritmata, chiara e limpida esposizione e presentazione di personaggi, situazioni e modus operandi, che svolge egregiamente il suo compito di avvinghiare lo spettatore, farlo passare dietro le quinte dell'Ordine Magico e vederne i trucchi.
(Per chi si fosse messo all'ascolto solo ora, veloce sinossi: Esiste un ordine segreto, composto da cinque famiglie di maghi che, da generazioni, protegge l'umanità, totalmente ignara, dalle minacce sovrannaturali. La storia di The Magic Order si concentra in modo particolare sui Moonstone, una delle più potenti ed antiche di queste famiglie, composta dal patriarca Leonard e dai tre figli Regan, Gabriel e Cordelia)
Quest'ottica da serie televisiva permette, ad esempio, di rivalutare il primo volume, quello disegnato da Olivier Coipel. Sull'artista, nulla da eccepire, ma era proprio la sceneggiatura di Millar ad esser pervenuta come poco brillante. Originale, come sempre con i concept che muovono le idee della sua vulcanica mente creativa, ma nulla che fosse destinato a lasciare un vero impatto. Eppure.
Eppure, rileggendolo e pensandolo come la prima stagione di una produzione seriale da bingewatch, appare ora tutto efficace, proprio perché è una semplice, ritmata, chiara e limpida esposizione e presentazione di personaggi, situazioni e modus operandi, che svolge egregiamente il suo compito di avvinghiare lo spettatore, farlo passare dietro le quinte dell'Ordine Magico e vederne i trucchi.
La trama è abbastanza lineare, il villain carismatico ed inquietante il giusto, e si intuisce, non senza qualche dubbio futuro, chi siano i buoni, i cattivi e i disfunzionali della grande Famiglia Moonstone, il tutto condito con quel sentimento violento che per Millar è praticamente una firma in calce.
A complicare un poco le cose, ad introdurre nuovi elementi e ad iniziare a seminare l'idea che quella di The Magic Order sia una narrazione con una visione d'insieme più ampia e programmatica di quanto potesse sembrare all'inizio, ecco poi il secondo libro, che permette al lettore/spettatore di continuare a farsi largo, non solo nelle dinamiche familiari dei protagonisti principali, ma anche in quel sottobosco aggiuntivo di regole e regolette che muove tutto questo mondo magico.
Il tutto condito da sottotrame, colpi di scena e sequenze mirabolanti disegnate, con grande pregio e talento, da un sempre ispirato Stuart Immonen.
Forti di tutto questo, si arriva così al Volume 3, matite di Cavenago e uno strillone di copertina che recita "Un punto di partenza perfetto per nuovi lettori".
Ora, su quel "perfetto" mi permetto di mettere le virgolette perché non è poi verissimo, dopotutto. Siete lì, fate zapping come si usava una volta, e capitate davanti a qualcosa che inevitabilmente vi intriga. A voi, però, il compito di mettervi in pari, altrimenti la sensazione, palpabile, che manchino molti più pezzi del dovuto per capire bene tutto, è davvero intensa.
Per tradurla in termini fumettistici, siete qui per amor e curiosità nei confronti di Cavenago, ma credetemi se è meglio mettere nel carrello anche i primi due tomi della saga.
Nelle prime pagine, proprio con quell'atmosfera che spesso accompagna l'incipit delle nuove stagioni di una serie televisiva, Millar ci porta a spasso per i meandri dell'attuale Ordine Magico, con quel vago sentore che, tra la fine del precedente volume e questo, sia passato più tempo del previsto, ma quelli che ritroviamo sono comunque elementi che ben conosciamo: stili di vita tra lusso sfrenato e momenti "sanguigni", personaggi di dubbio gusto e moralità, sotterfugi diplomatici e bugie personali, protagonisti che pare proprio vogliano evitare a tutti i costi la nomea di "Buoni", forse perché il riflesso che li guarda la mattina allo specchio non è quello di brave persone.
Eppure, proseguendo la lettura, arrivano delle conferme che spero non suonino troppo come spoiler, come, ad esempio, quella che è Cordelia Moonstone il vero perno di tutto The Magic Order, che a lei piaccia o no, e che Millar ha un debole per il personaggio in modo sentito, e d'altronde questo non è mai stato veramente un mistero misterioso.
Problematici, completamente imperfetti, ma in fondo non sono così tutte le migliori peggiori famiglie del piccolo schermo? In questo terzo volume, i caratteri e gli eventi prendono una piega sempre più esponenziale, portando molti di loro ad incontrare destini davvero inattesi, e risposte a domande che non avrebbero mai dovuto essere formulate.
Come il patriarca Leonard, impegnato in un viaggio personale, e quel continuo riferirsi a quanto accaduto al termine della prima stag... del primo libro, quell'incantesimo lanciato per salvare tutto e tutti, con il sospetto che quel gran bastardo di Millar, avesse sempre previsto, sin dall'inizio, sin dalla prima tavola, dove accidenti volesse andare a parare.
Impeccabile showrunner di sé stesso, con The Magic Order 3 inizia a rendere chiaro che il disegno cela molto più di quello che gli occhi possono percepire, come un certo quadro e il suo vetusto e saggio inquilino, la cui identità potrebbe rivelare sin troppi colpi di coda.
Ci sono regole che non devono essere infrante, rese dei conti solo rimandate e altri addii da suggellare, in perfetto stile Netflix.
I personaggi diventano beniamini e danno segnali di stile, il tono è adulto e smaliziato, caratteristica che lo scrittore non ha di certo mai disdegnato, e usandolo, come il migliore dei maghi, per continuare a coinvolgere ed intrigare, episodio dopo episodio.
E quando poi prenderete in mano il quarto volume, capirete quanto meticoloso sia stato... ecco, il termine giusto, meticoloso... nel piazzare indizi e nasconderne in modo brillante altri, per arrivare a quello che sarà a tutti gli effetti un "Epico Showdown", per dirla come quelli bravi.
Mark Millar ha un piano, e non ha paura di usarlo con i suoi personaggi, le sue creature, le sue creazioni, e mi permetto, anticipazione più anticipazione meno (tanto, a questo punto) di consigliarvi di aspettare, con quel sorriso di chi sa che un Fumetto è soprattutto voglia di divertirsi in modi sempre imprevedibili, anche il futuro arrivo (sempre per Panini Comics) di Big Game, l'evento con cui il fumettista incrocerà i cammini di tutte le sue fantasie del Millarworld, ed intendo tutte.
Ma non andiamo fuori tema, e rimaniamo su The Magic Order e di come sinora ne abbia parlato sempre in termini di serie televisiva, solo che, e qui vi concedo la giusta obiezione, quelli proposti sono dei Fumetti, e come tali andrebbero considerati.
Lo so io, lo sapete voi e, credetemi, ne sa qualcosa lui stesso, che, se ne siete estimatori, dovreste conoscere il suo asso nella manica, sempre e comunque: saper trovare il disegnatore giusto per esaltare le sue sceneggiature. Nomi che danno il meglio della loro arte, rendendo valevole il prezzo del biglietto in ogni caso.
Qui arriviamo al nostro Gigi Cavenago e a Dike Ruan, che spero non abbiano davvero bisogno di troppe presentazioni, perché a parlare basta il loro lavoro, il loro tratto, idealmente in antitesi ma frutto sempre di talento puro, e che qui prendono il testimone da altri due "pezzi da novanta" come Coipel e Immonen.
Ma unendo l'analisi della narrazione con quella del disegno, è facile notare come The Magic Order 3 viva anche in funzione della matita di Cavenago, delle sue chine, di quelle linee così ruvide, capaci di farsi evocative proprio di quel tipo di atmosfera che questo particolare capitolo della storia pretende, tra paesaggi maestosi, personaggi dalle sfumature sfaccettate, che passano dalla crudeltà da "male necessario" a sentimenti più umani, veri, dolorosi e sinceri, di quelli veramente fondamentali per creare un contatto con il lettore.
Mark Millar ha un piano, e non ha paura di usarlo con i suoi personaggi, le sue creature, le sue creazioni, e mi permetto, anticipazione più anticipazione meno (tanto, a questo punto) di consigliarvi di aspettare, con quel sorriso di chi sa che un Fumetto è soprattutto voglia di divertirsi in modi sempre imprevedibili, anche il futuro arrivo (sempre per Panini Comics) di Big Game, l'evento con cui il fumettista incrocerà i cammini di tutte le sue fantasie del Millarworld, ed intendo tutte.
Ma non andiamo fuori tema, e rimaniamo su The Magic Order e di come sinora ne abbia parlato sempre in termini di serie televisiva, solo che, e qui vi concedo la giusta obiezione, quelli proposti sono dei Fumetti, e come tali andrebbero considerati.
Lo so io, lo sapete voi e, credetemi, ne sa qualcosa lui stesso, che, se ne siete estimatori, dovreste conoscere il suo asso nella manica, sempre e comunque: saper trovare il disegnatore giusto per esaltare le sue sceneggiature. Nomi che danno il meglio della loro arte, rendendo valevole il prezzo del biglietto in ogni caso.
Qui arriviamo al nostro Gigi Cavenago e a Dike Ruan, che spero non abbiano davvero bisogno di troppe presentazioni, perché a parlare basta il loro lavoro, il loro tratto, idealmente in antitesi ma frutto sempre di talento puro, e che qui prendono il testimone da altri due "pezzi da novanta" come Coipel e Immonen.
Ma unendo l'analisi della narrazione con quella del disegno, è facile notare come The Magic Order 3 viva anche in funzione della matita di Cavenago, delle sue chine, di quelle linee così ruvide, capaci di farsi evocative proprio di quel tipo di atmosfera che questo particolare capitolo della storia pretende, tra paesaggi maestosi, personaggi dalle sfumature sfaccettate, che passano dalla crudeltà da "male necessario" a sentimenti più umani, veri, dolorosi e sinceri, di quelli veramente fondamentali per creare un contatto con il lettore.
È Cavenago a rendere piacevole, in egual modo, l'apertura verso un portale fantastico e, poche pagine dopo, un corpo orrendamente mutilato riverso su un letto. Non t'importa, ogni pagina è cesellata, ogni tavola è impeccabile, Fumetto nella sua forma più autentica, spettacolare, dove anche l'onomatopea assume impatto inequivocabile.
È l'Arte, forse magica anch'essa a modo suo, del disegno a rendere The Magic Order un Fumetto, con tutto il trasporto e la sospensione che questo termine racchiude, e lo sa appunto anche il suo creatore, che decide di concedersi anche giochi metanarrativi, come quello d'inserire un comic-book all'interno della storia, con tanto di pagine realizzate e mostrate a bella posta, in cui cambia il tratto dello stesso Cavenago, che qui si permette di rendere omaggio ai Maestri (a voi il piacere di ravvisarli), per creare il giusto stacco.
Altrettanto fa la tavolozza di Valentina Napolitano, che conferisce a quella sequenza un sapido gusto retrò, come di vecchio giornaletto di una volta.
Ma il lavoro della colorista è in realtà mirabile soprattutto perché si tratta di sposare la policromia con lo stile di Cavenago, fornendo ad ogni tavola il particolare compito di risaltare su quella che la precede, anche se poi ci sono momenti in cui non esistono dubbi, come la doppia splash page che ha per protagonista Shavatan: tentacoli, corna, muso caprino, una montagna come trono, ed intorno un meraviglioso paesaggio, che la Napolitano esalta coi colori di un tramonto d'autunno. Vi sfido a sfogliare il volume e non rimanerne affascinati.
E siccome "Italians Do It Better", nel volume 4, il compito di donare technicolor alle tavole di Ruan spetta ad un'altra grande professionista, Giovanna Niro, per esaltare una "resa dei conti" da comic book, ricca di "effetti speciali", dove tutti gli indizi, i tormenti, i colpi di scena e i tradimenti trovano il loro bandolo.
Dike Ruan diventa così, a sua volta, paradigma di quanto detto sinora: le sue tavole hanno quel tono da fumetto mainstream, ricco di splash page, esplosioni, personaggi torreggianti, azione scatenata e distruttiva, perché è ciò che questo capitolo richiede.
Non è più tempo di seminare false piste, non è più tempo di dissimulare e creare suspence, è piuttosto quello delle "botte da orbi" e di dare al villain quello che merita, se con "botte da orbi" si intendono incantesimi letali e personaggi che, in puro stile "deus ex machina", dispiegano tutto il loro cataclismatico potere nel modo più "spettacoloso" possibile.
Ruan e Niro rendono la lettura appassionante e lo sfogliare le pagine pieno di ritmo, incalzante. Semmai, ad ammirarne il lavoro ci si ritorna dopo, e naturalmente, fatelo.
Perché quella del Millarworld è una palestra che vanta tra i migliori iscritti del panorama fumettistico statunitense, anzi, da praticamente tutto il mondo, perché come li sa stanare lo scozzese, pochi altri.
E mentre siete lì che rimanete incantati da cotanta bravura ed estro, diventa palese anche l'avere di fronte un'ennesima ottima dose di intrattenimento su carta, con l'autore che presenta a Netflix una sceneggiatura e uno storyboard belli che pronti.
Mancano solo un regista abbastanza visionario da poter affrontare tutto questo delirio visivo ed uscirne a testa alta, un budget adeguato e un bel cast di interpreti che sappia farsi doppelganger dei personaggi, ma a quello deve pensarci la piattaforma o chi per lei, mica può fare tutto lui.
The Magic Order non avrà lo stesso impatto di opere precedenti del Millarworld, come Kick-Ass e Jupiter's Legacy, con cui lo scrittore rileggeva, con il pennino intinto nel sangue e nell'acido, certi stilemi dei comics di supereroi, urbani e divini, oppure Kingsman, dove il mondo delle spie e dello spionaggio trovava un nuovo angolo da cui venire inquadrato.
Eppure, tra i tanti "creator owned" che ha sfornato negli ultimi anni, è quello più genuino, quello più votato a farsi, appunto Intrattenimento (con la maiuscola) e, oltre che con la ferrea volontà di dare a Netflix un Proprietà Intellettuale da sfruttare, è anche il Fumetto che Millar si è divertito di più a scrivere.
Almeno, questa è l'impressione che restituisce quando, al termine del quarto volume, ti accorgi di che bravo prestidigitatore delle parole nei balloon sa ancora essere.
Di quelli da coniglio che escono dalla tuba, non del mago sul palco... ma del signore seduto in quinta fila, tra gli applausi del pubblico stupito, ammirato e divertito!