Letture seriali: Damn Them All di Spurrier, Adlard e Dodgson

"Datemi un martello..."


Non va molto per il sottile, Ellie Hawthorne, la protagonista di Damn Them All, la nuova serie firmata da Simon Spurrier e Charlie Adlard, il cui primo volume è appena sbarcato nel catalogo Saldapress.

D'altronde, come potrebbe essere altrimenti? La prima volta che l'incontriamo, eccezion fatta per la copertina, è ad un funerale, non esattamente la più gioviale delle occasioni.
Il funerale di suo zio Alfie, per la precisione, l'uomo che le ha insegnato tutto quello che sa sull'argomento più rognoso di tutti: il sovrannaturale, i demoni e l'occultismo.


Perché magari pensate che sia come nei film, giusto? Si evoca un demone, quello appare, e si rimane spettacolarmente esterrefatti e tanti saluti.
Niente di tutto questo: quando un demone compare, il meglio che possa capitarvi è incorrere in una sbornia coi fiocchi. Nei casi peggiori... beh, preferisco soprassedere, anche perché, a differenza di Ellie, solitamente evito il turpiloquio mentre scrivo.

Lei invece lo usa come perfetto intercalare, l'apostrofo nero tra le parole "Io Ti Maledico", quella che comunemente si definirebbe una s...za di prim'ordine, una di quelle per cui conta il risultato; come lo si ottiene... quelli sono dettagli.

E come le ha sempre insegnato lo zio, "in questo gioco, solo gli scemi si perdono nei dettagli formali, perché gli sfugge quello che cerca di insegnarci: la Magia è difficile".
Molto difficile, sopratutto quando sei costretta a lavorare alle dipendenze di un boss della mala per soddisfare la tua dipendenza sui generis, e sopratutto evitare una mezza Apocalisse.


È chiaro ormai che i 72 spiriti maligni che governano il mondo Ctonio, citati nell'Ars Goetia, sono liberi, qui fuori con noi mortali, a completa disposizione di chi ha un desiderio.

Ok, vedo che vi sto perdendo, ma tranquilli, ci son sempre gli appunti di Alfie da poter consultare. Anche perché la missione di ricacciarli, anzi esorcizzarli tutti, è ardua, e come diceva sempre il caro estinto, "Non conta chi è il mago migliore, conta chi è il bastardo peggiore".
E Ellie è la bastarda giusta.

Non pensiate però che i suoi difetti superino i suoi pregi, anzi forse è vero proprio il contrario, ma d'altronde quando cresci sballottata da una vita non proprio solare, metti su una scorza dura come l'acciaio. Eppure dietro quell'espressione beffarda si nasconde pur sempre una persona buona. La maggior parte delle volte, almeno.

Anche perché, e diventa evidente più si va avanti con la lettura, Spurrier e Adlard sono innamorati della loro protagonista, sanno come esaltarla e farla spiccare sulla pagina, senza neanche bisogno di prendere troppo a martellate il lettore.


Battute giuste, situazioni al limite, personaggi secondari che te li raccomando, e quel sentore che, come ben recita la quarta di copertina, Damn Them All possa far contenti gli estimatori di un certo John Constantine.
Anzi, è molto probabile che i due o andrebbero molto d'accordo o si manderebbero rispettosamente a quel paese a vicenda, salvo poi collaborare.
Di sicuro, non siamo dalle parti di quel tale che vive a Craven Road, nonostante Londra sia lo sfondo anche della caccia di Ellie a questi 72 demoni.

Spurrier, indubbiamente, si è divertito come un matto a scrivere non solo Ellie, ma tutto l'impianto della storia. Ha fatto le sue ricerche e insieme ad Adlard ha cercato il modo di dare una rinfrescata ad un genere che, alle volte vien da pensarlo, potrebbe non avere più nulla da dire, nulla che intrattenga più a dovere.

Ma l'ordine dei fattori, in una narrazione, segue una sua matematica, e se lo cambi, anche di poco, è capace di regalarti un punto di vista nuovo e frizzante, qualcosa che apre a originali sbocchi narrativi, il sopra diventa sotto, e quello che pensavi un complicato Male può diventare la tua arma migliore e più sorprendente per dare vigore alla storia.


Ve ne renderete conto quando inizierete a muovervi tra i ragionamenti arcani che regolano il mondo occulto di Ellie, dove esorcizzare un demone si trasforma in qualcosa di più importante di un "semplice" esorcismo, almeno per come lo intendiamo.

L'argomento non è certamente nuovo a chi legge Fumetti, e oltre ai due succitati, mi viene in mente anche il Demonologo di casa Bugs Comics, ma è proprio come dicevo: prendi qualcosa di noto, ne cambi il punto di vista, ed ecco la tua leva per sollevare il mondo.

Ma mentre Samuel Stern trasforma le possessioni in qualcosa che sfocia nella riflessione e nella filosofia, quella imbastita da Spurrier è invece una vicenda più "diretta", che non si perde in fronzoli, e rende il tutto piacevolmente urbano e spassoso, se si ha il debito pelo sullo stomaco, perché è quando si è messi all'angolo che vengono fuori le idee migliori, che ti permettono di trovare le giuste scappatoie, non solo narrative.

I Demoni possono realizzare desideri? La Magia non regala un ca... ehrm, un accidenti, dietro c'è sempre una fregatura, bisogna solo stare bene attenti alle clausole scritte in piccolo, perché è lì che sta la tua repentina via d'uscita da un apparente vicolo cieco.



Così, quello che ti è stato sempre insegnato adesso non è più valido? Adesso ognuno può evocare i Demoni come fossero dei ca... degli accidenti di Pokèmon? Non può essere così semplice, non può essere così facile.

E difatti non lo è, perché se tutti desiderano la stessa cosa, si crea il caos, e quello, sia sopra che sotto, non è mai cosa buona e vagamente giusta.

Anche quando provi a tenere il Male... al guinzaglio, devi comunque tenere gli occhi... ben aperti per evitare che ti possa mordere la mano (questa frase, puntini di sospensione compresi, la capirete appieno solo dopo aver letto il volume, mi sa).

Lo sceneggiatore britannico mette a frutto la sua esperienza, e se mettiamo da parte per un attimo i suoi lavori in 2000 AD e ci limitiamo alle opere scritte per le due grandi del fumetto americano, notiamo una certa predilezione per i personaggi ai margini, quelli che possono concedersi qualche libertà in più, anche all'interno di un universo codificato.

Penso a Doctor Aphra, a Punisher e Ghost Rider, alla sua formazione di X-Force, e poi a lui, proprio lui, John Constantine, Hellblazer, per cui ha scritto degli ottimi cicli di storie.


Tutto torna, come un cerchio tracciato sul pavimento, magari bestemmiando in slang inglese dei sobborghi, magari con un accento marcato e una sigaretta accesa agli angoli della bocca, mentre cerchi di ricordarti i simboli da scrivere.

Gli stessi che impreziosiscono una delle trovate migliori della serie, che rendono leggera la solitamente annosa pratica dello "spiegone": ci sono nomi, termini e situazioni che per i personaggi della storia sono magari cosa nota, ma non per il lettore.

Niente paura: Spurrier, tramite le parole di Zio Alfie, ci fornisce tutti gli appigli necessari. Lo fa tramite le pagine, inserite al momento giusto lungo la storia, del diario fittizio dell'uomo, redatto di suo pugno e quindi no, non esattamente "accademico", ma chiaramente dritto al punto, tra una nota politicamente scorretta e l'altra.

E se alla simbologia ci pensa il talento grafico di Tom Muller (è suo il logo della serie), a completare l'opera, disegnando un solido triangolo all'interno del cerchio, è Charlie Adlard, una matita che con l'Orrore ha un rapporto stretto, quasi da nodo salomonico.

Legato a doppio filo a quella straordinaria corsa che è stata The Walking Dead, dove l'Apocalisse Z altro non era che una scusa, putrescente e semovente, per indagare sul mostro peggiore di tutti.

Un artista che non ha bisogno di spiegare il suo tratto, il suo modo di definire le fisionomie, il carattere dei personaggi sulla scena e il loro stupore o rabbia con il giusto segno a matita, e che stavolta sa di poter giostrare il suo lavoro facendo uso di un elemento "nuovo", ovvero il colore.



Per anni, lavorando a TWD, ha pensato in "scala di grigi", impostando luci e ombre in funzione di quella particolare scelta stilistica (il che rende il lavoro di Dave McCaig sulla "Color" ancora più importante ed impegnativo, ma non tergiversiamo).

Qui, coadiuvato dalla tavolozza di Sofie Dodgson, ha la possibilità di sperimentare soluzioni grafiche d'impatto, e non parlo solo di eventuali (anzi, ci sono proprio) teste che esplodono in un profluvio di sangue, ma anche di trovate che, altrimenti, non avrebbero lo stesso effetto sulla pagina.

Parlo ad esempio delle "Evocazioni", rappresentate con quest'arcobaleno cromatico psichedelico, una fusione distorta di immagine e colore che strania, che comunica in modo immediato quella sensazione di vertigine che ci viene descritta da Ellie nelle prime pagine.

Ma quello di Damn Them All è anche un Charlie Adlard che, da ottimo professionista par suo, si mette al servizio della storia, e con coscienza ed estro sa come mutare l'approccio alla tavola, la sua concezione e struttura, mantenendo sempre fede al suo stile di disegno, che è un piacere ritrovare.

Per capire che intendo, dico solo che questa serie, in formato bonellide, non funzionerebbe allo stesso modo.



Damn Them All ha poi dalla sua quel ritmo, quella cadenza, quell'ironia dissacrante che fa da contraltare alle (poche) anime pie incontrate lungo la strada, che si tramutano in piacevolissimo intrattenimento: potete anche leggerlo lasciando la mente andare a svagarsi, e riporrete il volume con lo stesso sorriso sulle labbra, e la voglia di attendere il seguito, di chi invece, su quelle tavole e concetti, preferisce soffermarsi con più attenzione.

Perché l'Horror è così: malleabile, impossibile da intrappolare in un cerchio di sale, pronto a trovare la sua scappatoia per unirsi ai medium più diversi, "possederli" ed evocare le migliori e più scatenate fantasie, fonte di un piacere "Nerd" tutto particolare.

Spurrier e Adlard tirano fuori così una serie e una Lettura Seriale fresca, che consiglio con lo stesso vigore con cui continuo a refreshare le pagine di news di settore, aspettando che qualche piattaforma o studio ne opzioni i diritti per un adattamento.

Perché Ellie Hawthorne ha, sin da questo suo esordio, meritato un posto tutto suo nell'immaginario: sarà il cipiglio duro ma affascinante alla Jennifer Carpenter, quel giubbotto di pelle o la cravatta, o magari ancora quel martello, ma ha tutta l'intenzione di restare (come dimostrerà, con qualche piccolo scorcio sul suo passato, nel secondo volume, ma io non vi ho detto nulla, beninteso).


Glielo auguro dal cuore pulsante di lettore, che le figure femminili, in questo club "per soli uomini" che è spesso il regno dell'occulto, sono poche e benvenute (ma senza dover necessariamente scomodare una certa DJ di Radio Strega, mai dimenticata).

Perché "conta chi è il bastardo peggiore".
E Ellie è la bastarda migliore!


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