Letture seriali: 16×21 – L'era dei bonellidi

Un saggio per rievocare l'epoca dei bonellidi


"Io c'ero..."
Quante volte vi sarà capitato di leggere questa frase, in merito alla rievocazione di un passato più o meno remoto?
Eppure, mentre leggevo 16×21 – L'era dei bonellidi, il bel saggio di Francesco Fasiolo e Andrea Guglelmino edito da Bugs Comics, mi tornava prepotente alla mente, con un sorriso e un ricordo.


Gli Anni '90: la mascotte Ciao dei Mondiali, i pupazzetti dei giocatori della Nazionale col testone, il Festivalbar, Giochi Senza Frontiere, Jurassic Park, i fascicoli dei Dinosauri DeAgostini con gli occhialetti 3D, i cartoni animati del pomeriggio di Italia1, Solletico, il gadget dell'estate di Topolino. E poi loro, i "bonellidi".
Che all'epoca, ragazzino com'ero, non sapevo certo avessero questo "nomignolo", definizione coniata da Sergio Rossi, esperto e storico del Fumetto.

Ma gli scaffali delle edicole erano il loro regno incontrastato, spuntavano come funghi con quelle loro copertine, tra il bello e... il "non bello", ma di sicuro erano tantissimi, e hanno sancito un periodo di cui oggi, forse, si sente anche nostalgia.

Un periodo vitale, magari non sempre qualitativamente eccelso, ma di sicuro spinto in parte dalla creatività e in parte dal cercare la "Next Best Thing", per dirla come quelli bravi, ovvero quell'idea che riuscisse ad imporsi come è stato per Dylan Dog, con pubblicazioni di case editrici, qualcuna effimera, di cui oggi manco rimane il nome.

Qui ci sarebbe da fare tutto un excursus storico su quanto rivoluzionario (termine importante, ma davvero calzante) sia stato il personaggio ideato da Tiziano Sclavi, edito da un colosso come la Bonelli, che aveva già consegnato alla Storia del Fumetto Italiano e alla cultura popolare icone come Tex, Zagor, Mister No e Martin Mystère, tutte legate dalla grande A di Avventura.

Ma Dylan era diverso, lo è stato dal primo numero, arrivando in un perfetto momento nel tempo, mostrando muscoli autoriali che il nostro modo di intendere la Nona Arte aveva solo accarezzato, perdipiù in un formato popolare come quello che ha reso nota la casa editrice milanese.


Esattamente quel formato "16x21" che cita propriamente il titolo dell'agile saggio, nel quale Fasiolo e Guglielmino (a loro spetta il vero compito di fare da Virgilio) esplorano, senza farsi mai didascalici, tutto questo panorama di pubblicazioni, non solo i "cloni" di DYD, ma anche opere dei più svariati generi ed impostazioni (inclusi gli antologici) che in quel periodo, con qualche propaggine sino ai giorni nostri (tra cui il personaggio di punta del "Bacarozzo", Samuel Stern), affollavano gli scaffali di edicole e lettori.
Questi ultimi incuriositi dai titoli e desiderosi di trovare nuovi eroi da amare, anche se spesso era un'impresa affezionarsi a certe proposte, che naufragavano così nel giro di pochi numeri.

I due autori si gettano così a capofitto nella ricerca, puntando al completismo, ma sapendo anche che è qualcosa di quasi impossibile (tenendosi però aperta la possibilità di ampliare in successive e future ristampe), perché da allora il tempo è passato implacabile, e se oggi con pochi click e una veloce ricerca sul browser si fanno miracoli, ai tempi molto materiale era destinato al macero o a finire nelle mitiche "buste" da edicola.

Ecco, un altro ricordo preciso che, addentrandomi nella lettura di questo saggio, e guardando le varie copertine riprodotte a corredo delle tante schede monografiche, mi è tornato alla mente: quelle buste cellophanate, contenenti tre albi "bonellidi" (appunto) e vendute ad un prezzo di favore, visto poi che erano sempre resi di magazzino.
Dentro ci si poteva trovare di tutto, dal Tex allo Zagor, dal Gordon Link al Dagon, numeri sparsi che diventavano ogni volta occasione di riscoperta...


Vedo qualche faccia perplessa, anche perché, se i primi sono celeberrimi, gli altri due chi sarebbero di preciso?

Eppure, a creare Gordon Link fu un certo Gianfranco Manfredi... sì, proprio il papà di Magico Vento, che realizzò questa serie, a metà tra il brivido e la risata, di fatto uno dei bonellidi di maggior successo, impreziosito al tempo dalle firme di disegnatori come Raffaele della Monica.

E Dagon? Ideato da Dino Canterini e Giuliano Campo, vedeva come protagonista un poliziotto, Rex Stewart, ridotto in fin di vita e sfigurato da dei criminali, ma grazie ad una sacerdotessa e uno scienziato, torna in vita, in una serie dove i 90's la facevano da padrone, con citazioni di tutti i tipi, a partire dall'ovvio rimando del titolo. Un poco Punisher, un poco Robocop, un poco Darkman, anche qui parliamo di un titolo che potremmo definire "cult".

E potrei continuare: Balboa di Sauro Pennacchioli, con quella sua "macchina della verità" nascosta nella poltrona, durato la bellezza di 88 numeri (celebre anche la questione del cambio di titolo e cognome del protagonista in corsa, che diventò Ronny Ross), guardando più al genere procedurale alla base di Nick Raider, altro grande successo bonelliano di quegli anni.

Demon Hunter, Dick Drago, ESP del compianto Michalangelo La Neve, e potrei andare avanti ancora a lungo (anche perché molti di loro sono conservati nei tanti scatoloni di fumetti che tengo nella vecchia soffitta), sino a toccare quel piccolo, enorme gioiello che era Lazarus Ledd di Ade Capone, e questo per dire solo di quelli che, per un motivo o per l'altro, sono in qualche modo ancora vivi nella memoria di molti.


Ma ce ne sono tanti durati un paio di numeri o poco oltre, la cui impronta si è persa nel grande fiume di china e inchiostro, alle volte cose invereconde che, però, proprio grazie al pregevole lavoro di ricerca compiuto da Fasiolo e Guglielmino, ritroviamo qui inseriti in preciso ordine alfabetico, ognuno con una scheda dedicata, in alcuni casi una mezza pagina, in altri, come Rat-Man, con note ampie e sviluppate.

Altre sopracciglia alzate.. che c'entra il Ratto di Leo Ortolani con Dylan Dog e i suoi epigoni?

C'entra, perché anche Rat-Man ha segnato non solo il Fumetto Italiano ma il formato preso in esame, e come lui altri eroi, magari arrivati dopo il giro di boa del "Millennium Bug", ma che nella dimensione bonellide hanno trovato la loro forza e strada sugli espositori, come, ad esempio, il John Doe di Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni, oppure la Beverly Kerr" di Max Bunker (a sua volta costola di Kerry Kross).

I due saggisti hanno tenuto conto di tanti fattori, come ben spiegano nella parte iniziale del loro lavoro, ampliando la rosa dei titoli presi in esame, ma sempre mantenendo fede ad una ideale linea guida che, come tutte le regole, occasionalmente viene "infranta" (testate che magari non corrispondono precisamente al 16×21, ma che per rilevanza "storica" si è deciso ugualmente di includere nella trattazione).
Segue poi la parte "enciclopedica", dove in ordine alfabetico vengono passati al setaccio tutti questi albi, con i loro autori, con veloci sinossi e qualche curiosità d'occasione.
È naturalmente la parte più corposa, quella più ricca e che ben fa apprezzare lo studio svolto, per riuscire ad includere tutti, senza, per quanto possibile, dimenticare nessuno.

E in termini di "Forse non tutti sanno che", ecco poi la sezione dedicata alle interviste: autori, disegnatori, editori che, rispondendo alle domande, hanno l'occasione di aprire uno scrigno di testimonianze non da poco, facendo luce su fatti magari non così noti anche a chi quei fumetti li comprava e li leggeva avidamente, e che adesso ha la possibilità di sbirciare "dietro le quinte".

Tanti, tantissimi i nomi coinvolti, alcuni li ho citati nelle righe precedenti, e a chiudere la parata Gianmarco Fumasoli, co-creatore di Samuel Stern ed in effetti l'ultimo grande "erede", la cui presenza oggi in edicola, sopratutto al suo debutto, è sembrata una scommessa, se non addirittura una sorta di anacronistica "mosca bianca".

16×21 – L'era dei bonellidi propone poi un vero "pezzo forte", lo fa in chiusura, come regalo a chi quell'epoca l'ha conosciuta ma anche a chi, incuriosito dal saggio, trova nel Rosso una ideale guida verso la scoperta di due personaggi che hanno, anche loro, lasciato un segno nel cuore di molti estimatori: Samuel Sand e Desdemona.

Con entrambi, il rosso libraio condivide la propensione al sovrannaturale (con Sand anche il nome e la trovata della doppia iniziale), e così non stupisce vedere questo inedito team-up, seppur breve (una trentina di pagine), scritto da Giovanni Barbieri (con la supervisione di Giuseppe Di Bernardo e Fumasoli) e disegnato da Fabio D'Auria.

Un'avventura che costringe i tre eroi a collaborare, con i loro universi narrativi intersecati come una scala di Escher (citazione non a caso), e che riesce a far esprimere tutti con i giusti dialoghi, diventando un sapiente cadeau per gli appassionati, e persino lasciando quella voglia di rivederli ancora (parlo anche per i neofiti), quella speranza che Desdemona e Samuel Sand possano chissà, magari, perché no, un giorno...

Anche questo serve a cementare la bellezza di questa proposta, a rendere piacevole, e non freddamente accademico, quello che è un appassionatissimo viaggio nel Tempo, in un'altra epoca apparentemente non così lontana, eppure, per certi versi, siderale, quasi.


Così, quello che vi troverete davanti è un ritratto molto variegato e completo di un periodo di cui personalmente serbo un piacevole e strano ricordo (erano pur sempre gli anni della giovinezza, spero capirete), e penso sarà così per chi, come me, ha sempre visto l'edicola come una cornucopia di fumetti da divorare.

Oggi purtroppo, forse un segno dei tempi, forse una naturale evoluzione delle cose che è difficile da accettare, questi chioschi, queste oasi stanno scomparendo ad una velocità incredibile, e leggere questo libro lascia sicuramente un pizzico di amaro in bocca in questo senso, ma non datemi retta, sono solo un vecchio nostalgico, e no, non sono commosso...
Mi è solo entrato un bonellide in un occhio!


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