Letture seriali: The Coffin di Phil Hester e Mike Huddleston

L'Umanità. L'Eternità. E tutto il Fumetto che ci sta in mezzo


Se si è fumettofili e cinefili, capita spesso che i due mondi s'incontrino. Non mi riferisco certo al baraccone dei cinecomics colorati che riempie le sale e le discussioni social, quanto piuttosto a quel sottobosco di opere che senti nominare, che appaiono in questa o quella notizia, e di cui poi si perdono le tracce, senza contare il fatto che rimangono spesso inedite nel nostro Paese, aumentando a dismisura l'aura di Cult.

Una di queste è sicuramente The Coffin, miniserie firmata da Phil Hester e Mike Huddleston, giunta in Italia grazie ad Argolibri nella sua collana ArgoFumetti, dopo qualcosa come più di vent'anni.

Eh già, perché la prima pubblicazione di questo fumetto in quattro parti risale al 2000-2001, con una ristampa d'anniversario nel 2010 ad opera di IDW Publishing, base ideale per questa proposta di Argolibri, con l'inserimento di Sketchbook e del soggetto originale redatto dagli autori, inclusa l'introduzione speciale scritta allora da Guillermo Del Toro.



Sì, proprio il regista di film come Il Labirinto del Fauno e La Forma dell'Acqua: nome non a caso, perché era proprio lui il potenziale regista designato per un adattamento per il grande schermo di The Coffin, prodotto da James Cameron.

Avete letto bene, e qui bisogna fare una doverosa digressione, a questo punto: non è la prima volta che sentiamo parlare di una possibile collaborazione tra due dei nomi più celebri del cinema moderno, e se la triste storia produttiva di At the Mountains of Madness è ormai vicenda sin troppo sviscerata negli anni, quella relativa a The Coffin non è invece altrettanto nota.

Ma sì, nel lontano 2001, questa interessante commistione tra Frankenstein e steampunk colpiì favorevolmente l'attenzione di Cameron, che decise di opzionarne i diritti con la sua Lightstorm Entertainment Company.

Se siete appassionati della filmografia di Del Toro, poi, non penso dovrebbe stupirvi la sua volontà di partecipare al progetto come sceneggiatore/regista, cosa che lui stesso esplica nella succitata introduzione che apre il volumetto.

Ma purtroppo, anche questo "matrimonio artistico non s'ebbe da fare": ben presto The Coffin entrò di petto in quel limbo chiamato Development Hell, diventando uno dei tanti sogni nel cassetto mai realizzati da Del Toro.

Voci dicono che esisteva già una sceneggiatura, e che il regista messicano preferì non rinunciare a Hellboy, altro desiderio da realizzare ben più forte, ma purtroppo i dettagli di ciò che avvenne non sono mai stati veramente svelati, e a questo punto poco importa, anche perché, ad ogni modo, abbiamo sempre il Fumetto.

Ecco, il Fumetto. Di cosa parla con precisione The Coffin?


Il Dottor Ashar Ahmad ha dedicato la sua intera esistenza a capire come imbrigliare uno dei grandi Misteri dell'Uomo, ovvero la Vita Eterna. Impresa di non poco conto, e se il corpo è ancora sin troppo fallibile, Ahmad ha trovato invece il modo di trasferire l'anima in un nuovo contenitore, una corazza realizzata con un rivoluzionario polimero. Una scoperta che ha ogni possibilità di scardinare concetti e credenze per come le conosciamo. E come spesso accade, non di sola scienza vive la ricerca, ma servono anche dei finanziatori, in questo caso, i soldi del gelido e spietato Heller, un uomo avido di potere, al punto da non volerci rinunciare, e la Morte è solo un ostacolo che ha passato sin troppo tempo ad aggirare, spesso con maniere non proprio lecite.

Così non dovrebbe stupirvi lo scoprire la sua paura che Ahmad possa voler divulgare la poderosa scoperta, decidendo di eliminarlo e di rubarne la ricerca, ancora incompleta, con l'idea di farla ultimare ai suoi scienziati, ma si sa, il Genio spesso non è replicabile, non del tutto.

Potreste pensare che la storia sia tutta qui, ma ovviamente non sarebbe un comic book senza una bella oncia di assurdo, ed ecco che Ahmad, in punto di morte, diventa la prima cavia umana della sua creazione, entrando nella "cassa" del titolo e dimostrandone non solo l'efficacia, ma anche inaspettate e salvifiche capacità, come quella di poter mutare forma al polimero stesso.

La nascita di un nuovo Eroe, quindi? Non esattamente, anche perché potremmo definire The Coffin piuttosto il risveglio di una coscienza, quella di Ahmad, tanto impegnato a proteggere l'anima umana da non rendersi conto di non averne una, o comunque di averlo sempre mascherato molto bene.

Per comprendere cosa intendo, basterebbe chiedere a Liv Goldenthal, la sua assistente e un tempo anche amante. Una donna che, come spesso accade, è rimasta conquistata da quella mente così geniale e carismatica, salvo poi rendersi conto che da quell'uomo non avrebbe avuto che delle briciole e una figlia, Billie, che Ahmad non intende minimamente riconoscere, ma che, quando Heller la userà come potenziale merce di scambio per ottenere ciò che vuole, sarà la chiave che porterà il Dottore al culmine del suo cammino epifanico...

Per capire di che tipo di personaggio stiamo parlando, porto ad esempio una bella sequenza iniziale, che mi permette anche di iniziare ad esplorare l'ottimo concerto di testo ed immagini orchestrato da Hester e Huddleston: dopo che Liv fa notare a Ahmad che tra pochi giorni è il compleanno della loro figlia, l'uomo, con tono acido e cinico, risponde prima elencando dei metodi contraccettivi, poi rincara la dose aggiungendo: «Guarda Liv, non voglio essere scortese, ma ne abbiamo parlato migliaia di volte. Non c'è alcun "Nostra". Com'è il vostro piccolo mantra femminista? Corpo mio, decido io? Il tuo corpo, il tuo utero, tua figlia. Questo esperimento si trova ad uno stadio cruciale. Gli ho dedicato anni interi. Ti consiglio di concentrarti e di lasciare le tue fantasie domestiche fuori dal laboratorio».

Ouch! verrebbe da commentare, e questo vi dà la stura di che bel caratterino sia quello che Hester dona al suo protagonista, nelle fasi iniziali del racconto, tenuto anche conto che il nome scelto, Ashar Ahmad, ha dei precisi significati (Ashar, in antico ebraico, sta per "uomo giusto" e Ahmad è uno dei nomi del Profeta).

E la bravura, nell'impostare la tavola e il ritmo, di Huddleston, ci mostra, in tre precise microvignette, la reazione a quelle parole di Liv. Ammutolita, offesa ed infine rassegnata, con un silenzio gelido che cala tra i due, vicini nello spazio del laboratorio, ma lontani anni luce in qualsiasi altra direzione. Un silenzio rotto dallo stesso Dottore, quando le chiede di venire a vedere qualcosa, ossia il prossimo stadio della loro ricerca, quasi come a voler giustificare la pesante gravità di ciò che ha detto ad una delle poche persone che prova affetto (o una sua variante quantomeno) per lui.


The Coffin, come fa notare anche Del Toro nella già citata introduzione, ha il tono del fumetto pulp, riuscendo ad affrontare "roba davvero pesante", come le grandi domande che si porta dentro: "Cos'è che fa di un essere umano un essere umano?", "Quando si è davvero vivi?", "Di cosa è composta l'Eternità?". Questioni di non poco conto, eppure Hester e Huddleston fanno propria la lezione di altri grandi Maestri della Nona Arte, e rendono il tutto perfettamente omogeneo con una classica avventura da comics, tra azione, colpi di scena, villain, fantascienza, body horror, sentimento autentico e pure quell'impatto tutto particolare che ha vedere un Eroe corazzato muoversi tra le pagine.

Hester e Huddleton insieme creano un'opera affascinante, forte del dono della parola del primo e del talento grafico del secondo, autore dal dettaglio pieno e marcato, capace di padroneggiare, anche all'interno di una stessa tavola, influenze diverse eppure tutte in pieno equilibrio, dove ritmo e composizione lavorano ricercando il Fumetto, tanto quanto la cadenza puramente visiva del Cinema, altro luogo dell'immaginario dove Fantastico, Orrore e Riflessione possono caricarsi di metafora ardita, ma non per questo rinnegare il piacere dell'intrattenimento.

Ne consegue una lettura su più piani, dove l'attenzione verso i dialoghi si compiace della pienezza dei neri e delle chine, della violenza grafica quanto di piccole note di poesia, se non addirittura di esplosioni di puro orrore cosmico, nel modo in cui dipinge l'Inferno, o almeno uno di essi.

Si pongono quesiti di non facile soluzione, perché è ovvio intuire che per Ashar sia semplice accettare la sua nuova condizione? Accettare che l'Aldilà esista e che quello che vede non siano solo allucinazioni dovuta al processo sperimentale a cui si è sottoposto in extrema ratio?

Ma poi tutto questo ha davvero valore, quando una vita innocente è in pericolo e un megalomane, incurante di tutto se non di sè stesso e del proprio potere terreno, deve essere fermato ad ogni costo? In fondo, potremmo dire che Ahmad e Heller sono fatti della stessa egocentrica ed egoriferita pasta, ma è come decidi di cambiare che definisce chi sei e quanta empatia la tua storia potrà generare nel lettore e, in altra analisi, nello spettatore.


Perché è indubbio - e altrimenti non sarei qui a parlarvene nelle Letture Seriali - che mettere oggi le mani su The Coffin si porta dietro tutto quel cammino di cui accennavo all'inizio: impossibile difatti non leggere il Fumetto immaginando il Grande Schermo.

Provando ad indovinare come Del Toro lo avrebbe adattato, quali sequenze avrebbe mantenuto inalterate e in quali avrebbe invece infuso la propria particolare visione per l'assurdo.

Persino la stessa influenza di base, quella derivante dal Classico di Mary Shelley, assume un colore tutto particolare, nello splendore del B/N, se si pensa che il prossimo progetto artistico del regista è proprio una nuova versione dell'immortale storia di Frankenstein, con la sua Creatura e il desiderio della Scienza di porre fine all'ineluttabilità del percorso umano. (Mi riferisco, in caso vi foste persi la notizia, al film per Netflix con protagonisti Oscar Isaac, Andrew Garfield e Mia Goth)

E d'altronde, come non ravvisare un pizzico di altrettanto misterioso fascino anche nel suo Pinocchio, piccolo straordinario gioiello di stop-motion dove Collodi si accompagna a tanto altro?

Così è anche di questo che vive il leggere, oggi, The Coffin, perché tenendo presente la sua data di nascita è chiaro quanto questo Fumetto abbia idee davvero affascinanti, rendendolo di fatto un recupero da fare assolutamente, e non solo per i cultori del fumetto underground.


Ci sono toni scuri, ombre in cui si nascondono riflessi d'anima, tentacoli che avanzano e che si mischiano alla carne, in sequenze che impattano, che si imprimono nella mente, dove la violenza e il sangue trovano una forma di disturbante eleganza.
Particolarissima, ed estremamente affascinante.

Quello stesso fascino che spinge grandi cineasti ad opzionarne i diritti, per chiudere il cerchio e capire che intendo.

Perciò, è con questo spirito che vi consiglio questo recupero, e al grido sussurrato di "Meglio tardi che mai", fare finalmente vostro The Coffin ora che c'è la possibilità, sino a ieri inedita, intanto per apprezzare il lavoro di Hester e Huddleton, due autori che hanno saputo lasciare un segno nel mondo dei comics, e che qui vent'anni fa lasciavano un segno non indifferente.
E forse, anche solo questo basterebbe a giustificare il prezzo del biglietto.

Ma anche perché, con quella particolarità unica che hanno certi titoli rispetto ad altri, permette di comprendere lo spirito di questa umile rubrica, e come Settima e Nona Arte non solo possono convivere, ma come le loro anime possono dirsi interconnesse.

Anime che convivono in corpi diversi... Dove l'ho già sentita questa?






Post più popolari