Perdere la memoria, cercare la luce: intervista a Sualzo

Dialogo con l'autore di Dove c'è più luce sui temi affrontati nell'opera, ma anche su Shakespeare, i colori, la musica e il collezionismo


Quest'anno Antonio Vincenti, in arte Sualzo, ha pubblicato per Tunué Dove c'è più luce, opera a cui l'autore ha lavorato per oltre dieci anni, che racconta del signor Voynich, rinomato libraio antiquario, della sua ossessione per le collezioni, dell'illusione di avere il controllo e della perdita della memoria.
Ne abbiamo parlato con l'autore, approfittandone per addentrarci in un'opera intensa e profonda.

Ciao, benvenuto su questi canali! Ti va di presentarti brevemente a chi non ti conosce?
Ciao, io sono Sualzo, in realtà mi chiamo Antonio Vincenti ma ho scelto il nome in dialetto lacustre di un uccello acquatico (lo Svasso maggiore) perché abito sulle rive del lago Trasimeno e perché vorrei avere le sue doti di apnea per resistere in questo mondo. Da più di vent'anni faccio storie a fumetti e illustrazioni per libri, riviste e comunicazione. Molti lavori li ho fatti insieme alla mia socia scrittrice Silvia Vecchini, ma qualche volta tento la via da solista. Sono un musicista mancato ma la musica è sempre presente in tutti i momenti della mia vita.

Parliamo di questo tuo ultimo lavoro. Hai dichiarato che per la lavorazione di Dove c'è più luce hai impiegato oltre dieci anni. Cosa comporta una gestazione così lunga e quanto è cambiata la storia rispetto a quella immaginata inizialmente?
In questi dieci e più anni ci sono stati molti momenti di stacco, ogni volta che mi sembrava che la storia non avesse l’anima che cercavo, mollavo tutto e riponevo in un cassetto. E ogni volta che ci tornavo sopra (non ricordando mai i motivi per cui avevo accantonato il progetto) passavo molto tempo a riannodare i fili del racconto. Ovviamente, però, io non ero lo stesso di quando ci avevo lavorato l’ultima volta e anche il personaggio non era più lo stesso.
Credo di non poter valutare quanto sia cambiata la storia rispetto a come me l’ero immaginata inizialmente perché non ho memoria di come fosse all’inizio. Tutte le volte che mi fermavo era in fondo perché non sapevo come farla andare a avanti. Forse non conoscevo ancora a fondo il personaggio. Ho dovuto frequentarlo molto fuori dal libro per capire cosa volesse davvero fare.


Quest'opera parla di un libraio antiquario e collezionista e affronta parallelamente temi collegati a questa attività, come l'ossessione di collezionare, di inventariare, di avere insomma il controllo delle cose. Dove nasce l'esigenza di dedicarsi a una figura così peculiare come quella del signor Voynich e di esprimersi su queste tematiche?
Credo che in qualche modo queste tematiche siano le tematiche che infilo sempre nelle mie storie. La paura della dispersione, della fine delle cose - che è poi la paura della morte - è alla base di questo racconto. Raccontarla attraverso un personaggio che per professione “lotta” contro tutto questo mi forniva una chiave interessante. Prendere coscienza che nulla è sotto il tuo controllo è più complicato per una figura come quella del libraio Voynich e mi ha permesso di poter riflettere e raccontare diversi temi per me interessanti.

La storia parla di memoria, concentrandosi non tanto sul dramma di chi la perde (un po' come aveva fatto Paco Roca in Rughe), ma provando piuttosto ad ampliare lo sguardo e raccontare la sensazione di smarrimento dei familiari, dei caregiver, delle persone che stanno accanto a chi perde la memoria. Cosa ti interessava indagare attraverso questo punto di vista?
Appunto, uno di questi temi è quello della memoria e della percezione di sè attraverso la propria, di memoria, e quella degli altri. Cosa resta di te quando a smarrire la memoria è qualcuno di caro, di vicino a te? Qualcuno con il quale condividi ricordi e che, perdendo la memoria, in qualche misura “cancella” o rende più incerta anche la tua? Credo sia un buco diverso da quello che lascia la morte, ho pensato che è qualcosa che ti cancella molto diversamente e molto di più. La persona non è scomparsa, è ancora lì, ma per lei tu non esisti più come sei sempre esistito. Lo si vive come un rifiuto, pur sapendo che non è così, e anche la capacità di “leggersi” ne risulta sconvolta.


A livello stilistico, la scelta di utilizzare un solo colore, in aggiunta al bianco e nero, è particolarmente significativa per identificare il mood che caratterizza la storia, vero?
Una gran parte del tempo l’ho passata a capire quale potesse essere l’approccio grafico necessario per raccontare questa storia. Ho fatto molte prove, con molte tecniche, digitali e no, che prevedevano vari tipi di colorazione. Poi ho capito che il tono di voce di questa storia era nitido ma calmo. Mi serviva di tenere il lettore un po’ più vicino alla pagina, proprio fisicamente, per seguire un ritmo - credo - abbastanza complesso e delle sfumature del racconto piuttosto lievi e l’utilizzo di un solo colore faceva al caso mio. Ma in realtà nella mia testa il solo colore non è quel carta da zucchero che vedete, bensì il bianco. Ogni pagina è stata disegnata su uno sfondo pieno di quel colore per poi essere definita in un secondo momento “colorando” delle parti di bianco. Il bianco allaga le tavole per definire i vari elementi.

Il signor Voynich ha un rapporto molto stretto con i libri e sembra quasi essere convinto di trovare le risposte che cerca tra le pagine di un libro. Qual è il tuo rapporto con i libri?
In realtà Voynich cerca molto intorno e fuori dai libri ma ha poca fiducia in chi cerca risposte dentro i libri. Anche se il suo desiderio sarebbe di trovare libri con vere risposte, ma non si arrischia e quindi non legge. Il mio rapporto con i libri è quello che io definisco di lettore bulimico ignorante. Leggo molte cose, molto diverse. Leggo a sprazzi, a pezzi. Ho una quantità di libri che ho letto fino al punto in cui mi ritenevo sazio e non sono più andato a avanti. Quindi non mollati per noia, anzi alcuni di questi sono tra i libri che amo di più (come la Controvita di Philip Roth). Inoltre mi scordo in breve tempo di quello che ho letto, tenendo a mente solo le sensazioni che ho provato leggendo, quindi mi capita di rileggere libri che ho già letto, sapendo solo che sarà un libro che mi piacerà molto ma di cui non ricordo nulla. Per forza di cose la mia casa è piena di libri, che amo anche come oggetto, senza però definirmi collezionista. Piuttosto un accumulatore, uno che non sa disfarsi di nulla, men che meno di libri.


L'amore per Shakespeare sembra accomunare il protagonista e l'autore, con citazioni e rimandi continui. È così? E in genereale ci sono note autobiografiche nella figura del signor Voynich?
L’amore di Voynich per Shakespeare è un amore formale, diciamo così, com’è nella sua natura, legato alla sua incarnazione in un oggetto mitico del desiderio di un collezionista, la famosa raccolta delle 36 opere del 1623 In folio. Simbolo forse di una felicità irraggiungibile. Quello dell’autore è più legato ai contenuti che, per chi vuol scrivere, non possono non colpire, interessare, ispirare.
Nel signor Voynich sono confluiti molti aspetti del mio carattere. Volendo costruire un personaggio che si presentasse da subito come sgradevole (non c’è altro modo per definirlo), sfidando anche i miei lettori chiedendo loro di seguire qualcuno che non veniva proprio voglia di seguire, ho cercato tutti i tratti meno piacevoli del mio modo di essere. Quindi una propensione alla misantropia, il ricorso al sarcasmo come difesa, una certa sopravvalutazione di se stesso di fronte agli altri. Conoscevo bene questi aspetti e ho potuto farli agire nel personaggio in maniera credibile. Spero per chi mi sta intorno che anche le altre qualità con cui cerco di bilanciare vengano fuori nella vita reale.


Cos'hai in cantiere al momento (di cui si possa parlare)? Pensi già alla tua prossima opera?
Ho appena finito di disegnare l’ultima pagina della trasposizione a fumetti de Il cavaliere inesistente di Italo Calvino, uno dei libri che ho più amato in gioventù. Dovrebbe uscire per Mondadori all’inizio del prossimo anno concludendo la trilogia degli antenati e il centenario Calviniano.

Chiudiamo con una domanda (almeno in parte) extrafumettistica: cosa stai leggendo, ascoltando, guardando in questo periodo?
In questi giorni sto leggendo un libro che incredibilmente non avevo ancora mai letto ( o forse l’ho fatto e me lo sono scordato, chi sa), La donna della Domenica di Fruttero e Lucentini, trovato nella biblioteca paterna, sto riascoltando Your mother should know (le canzoni dei Beatles interpretate da Brad Mehldau) e ho visto un film molto interessante diretto da Mia Hansen-LØve, Un Bel mattino, che, mi accorgo solo adesso scrivendone, ha qualche punto di contatto con le tematiche del mio libro.
Ovviamente non passa giorno senza ascoltare almeno una canzone di Paolo Conte.

Grazie per questo dialogo e a presto!

Intervista a cura di Giuseppe Lamola 



Antonio “Sualzo” Vincenti

Nato a Perugia nel 1969, è autore e illustratore che collabora con diverse case editrici sia italiane che straniere. Con Fiato sospeso, scritto da Silvia Vecchini e pubblicato da Tunué, ha vinto il Premio Boscarato 2012 come “Miglior fumetto per bambini e ragazzi.” Con Tunué ha pubblicato anche Forse l’amore, nel 2017, sempre con Silvia Vecchini. Con il graphic novel L’improvvisatore (Rizzoli-Lizard, 2009) ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura del Festi’BD di Moulins 2009 ed è stato tra i cinque finalisti del Premio Micheluzzi 2010. Per Bao Publishing pubblica nel 2013 Fermo e nel 2016, ancora in collaborazione con Silvia Vecchini, Una cosa difficile. Il sodalizio è proseguito anche nel 2017, quando insieme hanno pubblicato con Topipittori Telefonata con il pesce, Isabella & Co. Il mistero dei pesci mutanti con Mondadori e con Bacchilega Editore Le cose così come sono. Sempre con Bacchilega, nel 2019 ha pubblicato Il pallone di cuoio, scritto da Nicola Lucchi. Con Il Castoro, poi, Sualzo e Vecchini hanno pubblicato nel 2017 La zona rossa, che nel 2018 ha vinto il Premio Attilio Micheluzzi come “Miglior libro a fumetti per ragazzi”, nel 2019 21 giorni alla fine del mondo e, nel 2021, Quello nuovo e Le parole possono tutto (Premio Laura Orvieto 2021, Premio Liber “Miglior Libro 2021”, Premio Attilio Micheluzzi 2022 “Miglior sceneggiatura”). Nel 2020, con Bompiani, Sualzo e Vecchini pubblicano Prima che sia notte, finalista al Premio Strega 2021 nella sezione “Ragazze e ragazzi 11+”. Nel 2021 cura gli artwork di Eroe guasto, scritto da Antonio Ferrara e pubblicato da Settenove, e illustra l’edizione italiana di Anne Frank. La mia vita di Mirjam Pressler pubblicata da Sonda (tradotta da Simone Buttazzi). Nel 2022, con Il Battello a Vapore e in collaborazione con Lodovica Cima, Sualzo pubblica Cinque volte un libro, e nello stesso anno, di nuovo con Silvia Vecchini, pubblica Maschi contro femmine con Mondadori. Sempre nel 2022, insieme a Teo Musso, pubblica Beer revolution con Star Comics. Tra le sue collaborazioni, il progetto Disegni DiVersi con la trasmissione radiofonica di Radio2 Caterpillar.

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