Un viaggio bizzarro tra boschi e montagne: intervista a Jacopo Moruzzi

Dal web al cartaceo, il mix di umorsmo e follia delle storie di Jackmoruz raccontato a Lucca Comics & Games 2023

Jacopo Moruzzi, in arte Jackmoruz, pubblica da anni sui social strisce e vignette umoristiche. Da alcune settimane è in libreria Punk Truffle. Il Bizzarro viaggio di Silvia Sberla, da lui scritto e disegnato e pubblicato inizialmente online a puntate su TacoToon e poi in formato cartaceo da Edizioni BD: un’avventura ambientata nell’Appenino tosco-emiliano, tra tagliente umorismo, azione e follia.
Abbiamo dialogato con l'autore a Lucca Comics & Games 2023 per approfondire la genesi di questa storia e le caratteristiche della sua protagonista, parlando anche dello stile dei disegni e delle tematiche che gli interessava trattare.

Ciao, Jacopo! Comincerei con una domanda semplice: raccontaci un po’ di te e di come hai deciso di diventare un fumettista.

Ciao! Grazie a voi per l’invito e per la possibilità di fare questa intervista. Un saluto a tutto il pubblico degli Audaci. Mi presento: mi chiamo Jacopo Moruzzi, ho quasi 30 anni, vengo dalla provincia di Bologna e ho iniziato a fare il fumettista seguendo una passione che ho avuto fin da bambino. Da che ho memoria ho sempre disegnato, quindi è un qualcosa che è venuto proprio naturale. Forse uno dei motivi principali è che da ragazzo non sono mai stato un grande lettore di romanzi: mi stancavo e annoiavo facilmente. Coi fumetti invece, grazie alla loro pagina più leggera e scorrevole, partendo con cose come le strisce dei Peanuts mi sono finalmente trovato di fronte a storie che riuscivo a finire e così mi sono detto: "Ok, posso appassionarmi pure io alla lettura, riesco ad arrivare in fondo a un volume senza sudare".

Ho sempre digerito bene il linguaggio visivo dei fumetti in bianco e nero e col tempo ho notato che era qualcosa che riuscivo a fare, che mi apparteneva. Da qui sono iniziate molte prove, molti tentativi e nel frattempo ho continuato a leggere. Ho poi scoperto il mondo dei manga e il resto, come si suol dire, è storia.

Punk Truffle mi ha stupito, ma con me giochi in casa, essendo io cresciuto nell’Appennino modenese, che soprattutto nella prima metà del fumetto è un vero e proprio protagonista. Quanto è importante per te lavorare in mezzo alla natura?

Per me lavorare in mezzo alla natura è stato fondamentale proprio per come è stato concepito il fumetto. Molto di quello che si vede in Punk Truffle è basato su fotografie delle nostre zone. In alcuni casi mi sono messo io in prima persona col treppiede sui patri per realizzare le pose che poi sono state usate per Silvia, la protagonista del fumetto.

A parte essere l’ispirazione per la storia, il paesaggio ne è proprio parte essenziale. Soprattutto nelle prime fasi, come dici te, queste colline che compongono l’appennino tosco-emiliano, né troppo alte, né troppo basse, sono le vere protagoniste. Ho cercato di renderle in modo tale che quasi parlassero al lettore. Volevo che fossero il contraltare di Silvia, che la sua interiorità venisse rappresentata dall’ambiente circostante.

Parliamo dunque della protagonista. Silvia Sberla è una ragazza esplosiva. Parte come simpatica canaglia, ma nel corso della storia ci riserva non poche sorprese. Da dove viene e quanto di Jacopo Moruzzi c’è in lei?

Silvia nasce dalle ceneri di personaggi che avevo creato nel corso degli anni. Mi piaceva e quindi ho cercato di darle forma partendo dall’aspetto, con questi suoi capelli neri a punta da teppista, per poi affibbiarle un nome ma soprattutto un cognome adatto, rappresentativo, che dicesse qualcosa su di lei. A questo punto mancava da definire la personalità. Ho cercato di metterci del mio, non tanto di come sono ma di come vorrei essere, o meglio di come sarei voluto essere da piccolo in situazioni in cui mi sono sentito frustrato, in cui non ho saputo trovare la risposta giusta.

Ho provato poi a infilarci dentro un po’ di personalità “appenniniche” che ho conosciuto nel corso degli anni assieme ai bambini che ho incontrato durante la mia esperienza lavorativa alle scuole elementari, che mi hanno fatto penare non poco. Dentro Silvia ci sono anche loro, esuberanti ma allo stesso tempo sofferenti nel loro essere infantili. Quando si cresce nelle nostre zone può capitare di vivere in contesti molto isolati, chiusi. Tutto questo è Silvia: esperienze mie e cose che ho visto intorno a me.

Punk Truffle è un ottimo mix di comicità demenziale e azione, che a volte parodizza le classiche storie di avventura. Questo almeno all’inizio, poiché piano piano le risate lasciano spazio a un lato più impegnato, introspettivo, che inizialmente non mi sarei aspettato di trovare. Avevi ben chiaro fin da subito la svolta che volevi dare alla storia?

La risposta è no. All'inizio mi sono preso il rischio e l’incoscienza di andare a braccio. Sono partito seguendo i canoni classici dell’avventura e del viaggio dell’eroe, cercando comunque di metterci del mio e di divertirmi parodizzando il genere. Mano a mano che il fumetto prendeva forma l’ho realizzato attraverso, passami il termine, una “scrittura a giardinaggio”, piantando semi, ovvero spunti, qua e là, senza sapere se poi li avrei sviluppati o meno, in attesa di scoprire quale sarebbe stata l’idea che avrebbe preso più spazio.

Durante la realizzazione di Punk Truffle ho avuto un periodo difficile dove ho sofferto d’ansia, stress, burnout e attacchi di panico e quindi ho deciso che Silvia, che è la protagonista del mio fumetto, avrebbe vissuto le stesse cose che ho vissuto io. I semi nei primi capitoli erano già stati piantati, la mia vita sembra andare in quella direzione e il personaggio è adatto a raccontare tutto ciò. Ho quindi deciso di dare una sterzata netta alla storia.

Non nego che ho avuto un po’ di timore nel farlo, essendo una svolta improvvisa e inaspettata, ma alla fine sono felice di come è venuto fuori il fumetto. Mi dispiace per Silvia che ha dovuto vivere tutto questo! Forse è stato anche un modo mio per elaborare, o meglio per condividere con gli altri, cosa ho imparato e passato in quei momenti.

Due cose mi hanno colpito particolarmente del tuo stile: il grande spazio lasciato ai disegni, piuttosto che alle parole, nei momenti focali del fumetto, e il character design di Silvia. Andando con ordine, nel fumetto molte tavole hanno una totale assenza di dialoghi. Raccontaci il perché di questa scelta: preferisci comunicare solo con il disegno quando devi dire qualcosa di importante?

Io sono un grande fan dei fumettisti e dei registi che “parlano” poco, che lasciano cogliere al lettore/spettatore le emozioni dei personaggi tramite ciò che vedono, tramite associazioni di idee. Molte volte per Silvia ho preferito fare degli accostamenti piuttosto che utilizzare balloon o didascalie. Senza fare spoiler, il capitolo successivo a quello dove la protagonista ha un importante crollo emotivo inizia con una serie di splash page dove il soggetto sono gli alberi il cui profilo in controluce, nero, denso, trasmette un forte sentimento di angoscia.

Tutte sensazioni e situazioni reali: ho voluto replicare esattamente ciò che si sente e si vede guardando un bosco al tramonto da vicino. Non c’è niente di artificioso o retorico. È l’ambiente in cui si trova Silvia che parla, senza la necessità di dialoghi o spiegoni. Per farla breve, a me preme che l’emozione non sia didascalica. Ci tengo invece che comporti un po’ di fatica, sia per me che devo mostrarla, scrivendo e disegnando, che per i miei lettori che devono coglierla. 

Tornando su Silvia, invece, prima mi riferivo a come hai modificato il suo aspetto lungo il fumetto. Se inizialmente il personaggio, come i comprimari del resto, è estremamente semplice quanto caricaturale nel design, col prosieguo della storia hai deciso di darle un aspetto più dettagliato. Raccontaci il perché dietro questa scelta.

In generale io quando mi sono formato disegnando da autodidatta ho provato tanti stili diversi. Ciò che ho notato è che non mi piace ingabbiarmi a livello estetico quando faccio un fumetto. Ecco quindi che se un personaggio si trova coinvolto in un siparietto comico, allora anche lui diventerà morfologicamente più sciocco, tondeggiante, buffo: simile a ciò che dice. Nel momento in cui le cose si faranno più serie il suo aspetto cambierà nuovamente, guadagnandone in realismo, anche solo per l’esigenza tecnica di avere un corpo più adatto alle coreografie se metto in scena un combattimento.

Mi piace prendermi il rischio di fare personaggi che non sono sempre uguali a loro stessi. Tutto questo lo vedo come una sorta di stratagemma per sopperire alla mancanza nel fumetto della colonna sonora. È il comparto grafico che deve sobbarcarsi questo onere, e per farlo deve diventare esso stesso elemento narrativo.

Rimanendo sul disegno, ho molto apprezzato il tuo stile. Un bel cartooning morbido ed essenziale, super deformed, che si presta benissimo a raccontare sia il percorso psicologico della protagonista, sia le numerose scene comiche e d’azione. È evidente l’influenza che il mondo dei manga ha avuto su di te e su Punk Truffle. Raccontaci chi sono gli artisti che ti hanno più formato e ispirato.

Io sono influenzato tantissimo dal mondo dei manga. Il fumetto della mia adolescenza è Naruto e a proposito di quello che ho appena finito di dire, anche Masashi Kishimoto altera l’aspetto dei suoi personaggi e il suo tratto in funzione di ciò che stiamo vedendo, utilizzando ad esempio un pennello molto rozzo durante scene d’azione particolarmente concitate. In realtà è un qualcosa che si vede spesso nel manga. Mi viene in mente anche Bleach, oppure il più recente One Punch Man, che alterna momenti (comici) in cui il personaggio di Saitama è super abbozzato ad altri (combattimenti) dove invece è super dettagliato.

Tutto questo però non è una caratteristica che ho ereditato solo dal fumetto giapponese. Io sono figlio dei cartoni di Cartoon Network e tanto per citarne uno, ne Leone il Cane Fifone troviamo numerosi cambi di registro stilistico, spesso con lo scopo di risultare grotteschi. Un esempio ulteriore che mi viene in mente è Spongebob dove tutto questo è portato all'esasperazione, utilizzando per la maggior parte del tempo un tratto cartoonesco ma inserendo saltuariamente dei frame estremamente realistici, dei veri e propri dipinti realizzati dagli artisti ad hoc. Tutto questo io lo accorpo al manga e alla fine viene fuori lo stile di Punk Truffle.

Punk Truffle è una bella fiaba, con un messaggio importante trasmesso in maniera divertente e non convenzionale. È questo il genere di opere che dobbiamo aspettarci da te oppure in futuro vorrai sperimentare altro?

Mi piacerebbe continuare a trattare le tematiche di Punk Truffle in altri fumetti, senza però mai esagerare. Non è il mio scopo trovare ogni volta un trauma da analizzare.

Ciò che voglio fare è agire sempre in maniera naturale, lasciandomi guidare dalla storia mentre la sto scrivendo. Anche a livello stilistico vorrei sorprendermi. Voglio che il disegno così come la scrittura mi guidi e mi faccia andare anche dove inizialmente non avrei mai pensato. Il tutto sempre studiando e aggiornandomi.

Grazie mille per la disponibilità e per aver risposto alle nostre domande!

Intervista a cura di Andrea Martinelli, realizzata dal vivo durante Lucca Comics & Games 2023



Jacopo Moruzzi
Jacopo Moruzzi, in arte Jackmoruz, è un fumettista della provincia di Bologna. Classe 1993, vive e lavora in un paesino sperduto sull'Appennino tosco-emiliano, circondato da caprioli, cinghiali e tassi. Da diversi anni pubblica sui social strisce e vignette umoristiche, ricolme di personaggi bizzarri, isterici e grotteschi.
Nel 2021, tramite l'editore online Tacotoon, ha iniziato la pubblicazione a puntate del suo nuovo fumetto, Punk Truffle, scritto e disegnato da lui. La protagonista è Silvia Sberla, una pestifera ragazzina dai capelli a punta che, proprio come l'autore, vive le sue avventure tra boschi e montagne.
Nel 2022 ha iniziato a collaborare con l'editore Gigaciao come disegnatore per la serie Mega Tree Majokko, pubblicata a puntate sulla rivista Scottecs Gigazine.

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