Letture seriali: Tex #755 - La cavalcata del destino

La storia celebrativa per i 75 anni di Tex

«Per tutti i diavoli, che mi siano ancora alle costole?»

Con queste parole, il 30 Settembre 1948, un nuovo Eroe si presentava ai giovani lettori del Bel Paese, su un albetto a striscia intitolato Il Totem Misterioso.

Il suo nome? Tex Willer, indomito pistolero creato da Gianluigi Bonelli e Aurelio Galleppini, che da 75 Anni cavalca sui sentieri del West, dell'Avventura e sopratutto del Fumetto Italiano, segnando la fortuna della Sergio Bonelli Editore, il suo personaggio più longevo, che ha attraversato la Storia, culturale e sociale, dello stivale, sino a diventare Mito.

Troppo, dite? Forse sarebbe meglio il termine "Leggenda"?

Perchè, quando si parla di Tex, nessun aggettivo altisonante sembra stranamente bastare, sembra capace di rendere l'idea della mole, enorme, di tavole che in suo nome sono state scritte, disegnate, impaginate, stampate e mandate in edicola.

E dire che, nelle iniziali intenzioni di Bonelli e Galep, il ruolo del Ranger più famoso d'Italia doveva essere secondario al vero titolo di punta, Occhio Cupo. Questa era la serie su cui i due autori puntavano maggiormente, profondevano ogni energia creativa, dando a Tex quel tanto che bastava, al punto che Galep lo disegnava nelle ore notturne, dopo un'intera giornata passata a realizzare Occhio Cupo.

Solo che quest'ultimo si rivelò un insuccesso, un "flop", per usare un termine moderno, mentre quel pistolero, con la sua appassionante striscia, conquistava velocemente sempre più lettori, al punto da ribaltare la situazione.

Oggi di quel "Cappa e Spada" si ricordano solo gli studiosi della Nona Arte, mentre Tex campeggia fiero, con tutte le sue testate, tra inediti e ristampe, sugli scaffali delle edicole e anche delle librerie (senza dimenticare iniziative, mostre e allegati ai quotidiani).

Fu questione di tempismo, di qualità della proposta, del saper incanalare il gusto di chi allora si divertiva a leggere quelle strisce a fumetti e, come spesso accade, di piccoli lungimiranti dettagli: non tutti sanno che, sulle prime, il cognome doveva essere "Killer".

Tex Killer. Suona bene, a suo modo. Eppure, Tea Bonelli, con un'intuizione felicissima, propose di cambiarlo in "Willer", più dolce, e sopratutto con meno possibilità di attirare le attenzioni - e relative ire - dei censori...

Ok, ok, comprendo il vostro smarrimento: siete venuti qui per una recensione de La cavalcata del destino, una delle mie "Letture seriali" dedicate all'albo inedito di questo mese, interamente a colori come da tradizione quando si festeggia un anniversario di questo calibro, a firma di Mauro Boselli, su soggetto di Graziano Frediani, e Claudio Villa, con colori di Matteo Vattani.

Perché se c'è un fumetto che del "seriale" ne ha fatto bandiera, quello è proprio Tex.

Siete qui per un'opinione, dicevamo, e vi ritrovate me che la prendo talmente da lontano, da tornare indietro sino alla nascita del personaggio, a quel canyon.

Forse perché, quando si parla di Tex, qualcosa dentro di me scatta, come la serratura di un vecchio baule di ricordi. Perché sono figlio di un vecchio lettore del Ranger, e Aquila della Notte ha sempre fatto parte della mia vita, da che ne ho memoria.

Citati, nominati, tirati in ballo in mille e una conversazione col mio vecchio, in qualche modo Willer e Carson, Kit e Tiger Jack, hanno sempre avuto un ruolo, in quello che possiamo definire un più che classico passaggio del testimone tra appassionati.

Ancora ricordo il primo Tex che ho avuto tra le mani, Assalto al treno, il #179, con quella copertina di Galep così semplice da essere iconica, al pari di tante altre disegnate dalla grande matita di Casale di Pari: il Ranger, in sella al suo cavallo lanciato a spron battuto, mentre alle sue spalle, in lontananza, altri cavalieri lo inseguono.

Era un qualche arretrato trovato in una di quelle buste da edicola, non so se le avete presenti (immagino dipenda anche se siete o meno miei coetanei), quelle in cui si trovavano assieme tre albi bonellidi, vecchi resi, avvolti nel cellophane e venduti ad un prezzo di favore, e che spuntavano fuori specialmente negli assolati mesi estivi.

Lo sfogliai non so quante volte, letto e riletto sino a non poterne più, salvo poi rendermi conto che di Tex non ne avrei avuto mai abbastanza, perché è questa la magia vera del Ranger, quel suo sapersi presentare agli occhi, allora giovani, di un lettore e farlo in un modo così efficace, senza fronzoli, in nome di un ideale mai vano, come quello della Giustizia, e con un numero qualsiasi, pescato assolutamente a caso.

La sua camicia gialla, il cappello, quel fazzoletto legato al collo e sopratutto quel volto: quello di un uomo duro, ma solo con chi se lo merita. Pronto ad ascoltare e farsi portavoce di ciò che è giusto, che non si tira indietro sin quando il manigoldo di turno non ha avuto il suo, che sia un bandito, un possidente terriero o un politicante pronto a calpestare tutto e tutti per il suo tornaconto. Senza dimenticare stregoni e, una volta, persino un alieno.

Che sia a pugni o con le sue pistole, accompagnate da una mira infallibile, nessuno può davvero battere Tex, Eroe, anzi EROE, tutto maiuscolo, sempre riconoscibile.

Al punto da poter essere definito un Super Uomo, salvo poi essere lui il primo a ricordarci di essere solo un Uomo, mosso solo da ciò che... esatto, da ciò che è giusto.

Penso stia in questo la sua fortuna, in questa bussola morale integra, ferrea, un orizzonte a cui ha sempre puntato, e in cui i suoi lettori, di tutte le età, possono rispecchiarsi, perché nessuno desidera mai essere dalla parte del torto, nonostante quello che la vita ci può prospettare davanti.

Lungo quel centinaio di pagine, una volta al mese, chiunque di noi può dimenticare il grigio del proprio quotidiano, e vedere che le cose vanno come devono, che il cattivo di turno viene in effetti sconfitto.

Non è però un giustiziere, Tex: porta una stella da Ranger, è il valoroso capo dei Navajos, è sopratutto e piuttosto un difensore, che cavalca in egual modo nel mondo della Fantasia, quella che gli permette sempre di cavarsela, anche contro nemici come Mefisto, così come in quello del Western più puro, fatto di sudore, deserto, saloon, sparatorie, agguati a cui scampare e... beh, "Assalti al Treno".

Ma c'è anche un altro elemento, che in qualche modo ha reso Tex quella calamita, quell'appuntamento fisso per più di una generazione, io ne sono testimone in prima persona, garantendogli quel continuo rinnovarsi del suo pubblico di lettori in tutti questi decenni. Ed è che è un personaggio meno "granitico" di quanto si pensi. Sembra che nulla sia cambiato in questi 75 anni, o comunque pochi elementi, e che in realtà, sia sempre lo stesso, ancora e ancora.

In apparenza, e anche un poco in sostanza, è così: il look, i pards, El Morisco, le bistecche alte tre dita, sepolte da una montagna di patatine fritte, la mira infallibile e quella mascella d'acciaio quanto il suo carattere, impossibile da spezzare.

Tutto vero, oggi come allora.

Ma la verità è che Tex, da quel lontano 1948, grazie ai suoi autori e all'attenzione che gli dedicano, è però anche costantemente evoluto, nel linguaggio, nello stile e nel modo di porsi ai suoi aficionados, rimanendo familiare eppure capace di riscriversi, con piccoli, quasi impercettibili, ma indubbiamente presenti, segnali di grafia e sceneggiatura.

Se si è lettori assidui, la cosa dovrebbe in qualche modo esservi risultata palese nel tempo, ma, nel riflettere su questo La cavalcata del destino, è un pensiero che si è presentato prepotente.

Perciò sì, grazie per la pazienza sinora, siamo arrivati a parlare dell'albo #755, nato da un soggetto di Graziano Frediani e, come già citato in precedenza, opera di Mauro Boselli, attuale curatore del personaggio e una delle sue penne migliori, e Claudio Villa, disegnatore magistrale, che ogni mese con le sue copertine regala delle piccole opere d'arte e che stavolta, come già in altre occasioni "speciali", si affida ad un vero dipinto, con un Tex lanciato pure qui a spron battuto; alle sue spalle, il sorriso dolce di una donna amata e mai dimenticata, sua moglie Lilyth.

La cavalcata prende le sue mosse da una sequenza in particolare, di una delle storie più memorabili in assoluto di Aquila della Notte, ovvero Il Giuramento.

In quell'epica vicenda, Tex ripercorreva gli eventi successivi alla morte di Lilyth, a quell'ultimo saluto che non aveva potuto darle, alla promessa fatta sulla sua tomba, con tanto di lancia indiana piantata nel terreno, e di vendetta portata a termine grazie all'aiuto dei suoi pards, ai quali racconta appunto questo antefatto.

E in un momento particolare di quel resoconto, eccolo affrontare Higgins e Sherman, due uomini che hanno avuto un ruolo fondamentale nel diffondere quell'epidemia che ha portato alla morte molti navajos, inclusa la stessa Lilyth.

Tex affronta Higgins in un duello coi coltelli, in cui l'uomo si comporta da "sporco verme", salvo poi ricevere una gragnuola di pugni dal Nostro, che si ferma in tempo prima di ucciderlo: "Se lo facessi, mutilerei la mia vendetta".

E mentre il suo avversario è a terra, esanime, il Ranger si rivolge a Sherman, lasciandolo libero di andarsene, con solo una borraccia e una pistola con un proiettile. Siamo nella distesa di lava del Mojave Desert, un luogo inospitale, che non lascia scampo, al punto che uno degli indiani che è con Tex esclama: "Un Indiano forse potrebbe salvarsi, ma non quel bianco!".

Ricevendo in risposta un lapidario "Quien sabe?". Chi lo sa?

E proprio da quell'interrogativo sul destino di Sherman e Higgins prende le sue mosse questa nuova storia, che inizia con il primo che si muove, allo stremo delle forze, sotto il sole cocente del Lava Flow.

Boselli e Villa, tra citazione e flashback, rievocano in una veloce sequenza quel momento che vi ho appena descritto, portando poi a conclusione questo prologo con un autentico colpo di scena, per quella che si rivelerà un'avventura dal ritmo serrato, che chiude definitivamente una parentesi rimasta aperta sin dal lontano 1969, quando appunto uscì Il Giuramento.

Regalando, forse proprio per via dell'anniversario, un autentico "Bignami" di tutto ciò che rende Tex... Tex, racchiundendo in 120 tavole (un numero particolare, ma al Ranger si concede sempre assoluta libertà d'azione, anche narrativa, incluso presentare ai lettori anche un dietro le quinte del lavoro di Villa in appendice all'albo, evento più unico che raro) tantissimi di quegli elementi di cui vi ho parlato nella mia lunga introduzione (o pensavate volessi solo dare sfogo alla mia proverbiale logorrea?).

E proprio per questo La cavalcata del destino è una di quelle storie destinate a rimanere: prendere, ad esempio, l'entrata in scena del titolare di testata. È la situazione evocata dalla copertina, Tex che corre verso il villaggio dei Navajos, implorando in cuor suo di fare in tempo a raggiungere la sua Lilyth, e ci riesce, riesce a stringerla a sé prima che la donna esali l'ultimo respiro. Un sogno che diventa incubo, costringendolo a svegliarsi urlando.

Perché Tex è un Uomo, dopotutto. E quella di Lilyth è una delle parentesi che più ce lo ricordano, un'onda che riesce a scalfire anche il suo essere monolitico, rendendolo così, romanticamente, molto più vicino a chi ne segue le vicissitudini.

C'è poi il West, che alle volte ha fatto rima con la Storia, quella con la maiuscola, come quella a cui appartiene Ely Parker, figura realmente esistita e con cui i Pards hanno avuto a che fare: è lui a coinvolgerli in una nuova indagine, che riguarda ancora una volta delle coperte infette e un politicante arrivista e senza troppi scrupoli di coscienza.

A loro, sulle tracce del corrotto Dottor Stokes, si aggiunge Jack Danuwoa, un agente della Pinkerton che ha, a sua volta, un conto da regolare in questa faccenda, che finisce per riportare Tex nuovamente su quel sentiero, lo stesso di quel "giuramento".

Boselli affila la sua penna, lavora di sintesi e precisione. Niente è lasciato al caso, ogni dialogo è diretto e ben caratterizzato, sia nella tensione che nei momenti più "leggeri", dove il "Vecchio Gufo" può dare sfogo ai suoi tormentoni, incluso l'odio verso i treni, pensati per dare l'idea, una volta di più, della grande unione, amicizia e affiatamento del gruppo.

Ci sono agguati, evitati con attenzione ed ingegno, sparatorie indiavolate, magari da risolvere con qualche "confetto", mentre il gran finale si avvicina, con la sua risoluzione, con la sua "Giustizia Poetica", memore dello stesso lirismo bonelliano di una lancia che si spezza al vento, proprio quando la vendetta si è finalmente compiuta.

E di un "orrore" che nelle storie di Tex ha sempre trovato, anche grazie all'arte di Galep, un suo personalissimo modo di coesistere con l'anima Western in cui solitamente si incasella la testata. Qualcosa che solo un altro grande disegnatore come Claudio Villa poteva rievocare con altrettanto indubbio talento ed efficacia.

È anche per la sua eccezionale matita che La cavalcata è un albo così ben riuscito: non posso, neanche volendo, dire qualcosa di nuovo su Villa che non sia stato già detto più e più volte. La sua accuratezza, la sua attenzione alle espressioni e ai volti, l'uso delle ombre e di una "recitazione" dei personaggi di assoluto incontro tra cinema e fumetto, dove ogni tavola pare lo storyboard di un film di John Ford.

Il suo "Texone" è stata una delle cose che hanno reso quel maledetto 2020 più sopportabile, ma ritrovarlo sul mensile è un piacere tutto particolare, forse anche più intenso, che non poteva mancare in questa celebrazione, al raggiungimento di questa pietra miliare, per Aquila della Notte e per il Fumetto Italiano.

La cavalcata del destino, non a caso, sarà proposta dalla Bonelli anche in un volume da libreria, di quelli da collezione, in un lussuoso B/N, dove il lavoro di Villa può esprimersi in un altro modo, sempre al meglio, senza l'ausilio del technicolor.

Ciononostante, l'impegno del colorista Matteo Vattani non è assolutamente da sottovalutare, anzi: seppur la carta utilizzata per la stampa non gli renda debitamente onore, il risultato è davvero una festa per gli occhi. Una colorazione che non soverchia mai il tratto, anzi lo esalta, sopratutto nel rievocare i toni e l'atmosfera della scena, sia essa sotto il caldo sole del deserto, oppure al chiaro di luna di un appostamento, oppure ancora durante l'avanzare di un pericoloso tornado.

Dandomi anche l'aggancio per evidenziare quell'elemento di cui accennavo, di come Tex abbia saputo, nei decenni, cambiare sempre per non cambiare mai, accettare la modernità senza mai cedere veramente ad essa, evitando il rischio di snaturarsi.

La colorazione di Vattani è proprio questo: modernità applicata al classico, toni, ombre e sfumature mai piatti, di quelli che solitamente ti aspetti di trovare in produzioni più recenti e che invece non sfigurano, ma anzi, amplificano il piacere di un Classico come Tex.

E così è il lavoro portato avanti, negli anni, dagli sceneggiatori capitanati da Mauro Boselli, e per rendersene conto, per capire effettivamente quanto è cambiato il Ranger al pari passo con la società che scorreva fuori dalle edicole, basterebbe anche solo rileggere la saga de Il Giuramento e metterla a confronto con lo stile adottato in questo #755.

Erano "altri tempi" come si suol dire, ed è proprio a quell'idea di contesto che bisogna affidarsi, rivedendo oggi quella storia. Ci sono frasi, dialoghi, concetti che sono figli di una particolare grammatica, scene e battute che forse oggi, con la sensibilità odierna, non passerebbero inosservate, ma che allora, intercettavano il sentire dell'epoca.

Un sentire che, lentamente, con la giusta accortezza, viene captato ancora oggi, senza per questo venire meno alla vera ossatura di Tex, a quegli elementi cardine che sono, senza ombra alcuna di dubbio, imprescindibili.

Moderno, ma senza mai darlo a vedere. Perché cambiano i disegnatori (a loro il compito di replicare il personaggio come icona, senza mai perdere il proprio tratto distintivo), nuovi scrittori si cimentano con la sua Leggenda, eppure quegli ideali, quel senso dell'onore, del rispetto tra le genti, non invecchiano mai, sono sempiterni, non hanno bisogno di essere aggiornati.

Concetti che non smettono di ispirare, perché, sostanzialmente, "non passano mai di moda", rendendo il Ranger un personaggio freschissimo, leggibile a tutte le età e latitudini, nonostante sia sulla breccia da ben 75 anni. So di star ripetendo questa cifra, ma è davvero un traguardo di non poco conto, sopratutto se si pensa alle condizioni in cui versano oggi le edicole.

Eppure lui continua a macinare pagine e pagine, che siano albi Maxi, a colori, cartonati "alla francese", "Texoni" a puro uso e consumo dell'estro del disegnatore scelto per l'occasione, nuove e vecchie ristampe e, appunto, l'inedito mensile.

Senza dimenticare un altro, importantissimo, accenno di quella modernità di cui sopra, ovvero la collana dedicata al giovane Tex Willer. Anche in quel caso, è impossibile non notare come sia sempre "Tex", eppure, in quegli albetti di una sessantina di pagine, che ci riportano ai tempi di quel "Totem Misterioso", sviluppando una narrazione che copre le zone rimaste oscure dall'epica di Gianluigi Bonelli, è presente una freschezza, una ricerca del ritmo, dell'azione e della sceneggiatura che sono pienamente figli "dell'oggi", capaci di intrigare nuove leve anche più dei lettori navigati, che ritrovano il loro personaggio preferito, senza rendersi conto di quanta "rivoluzione" ci sia dietro.

Per questo, stavolta, il mio consiglio è un poco più "trasversale": facile dirvi di andare in edicola e acquistare questo La cavalcata del destino. Fatelo, certo, perché è un albo che vale la pena avere, leggere, ammirare e riporre tra le storie che meritano.

Ma già che siete in edicola, approfittatene per far vostro anche qualche altro Tex, non importa quale, seguite il vostro istinto. E una volta arrivati a casa, immergetevi in quelle pagine, scoprite o ritrovate quelle emozioni che già altre volte avete vissuto leggendone le storie.

Scappate per qualche oorada tutto ciò che vi circonda, sino a sentire il vento soffiarvi sulla faccia, e la polvere turbinare sulla via principale di un villaggio, mentre vi dirigete verso il saloon.

Appoggiati al bancone, mentre sorseggiate la vostra birra fresca, date uno sguardo alla sala, e ad un tavolo, vi potrebbe capitare di scorgere quattro volti familiari: un indiano dal viso affilato, un uomo coi baffi color avorio, ma a cui mai vi sognereste di dare del "vecchio", un ragazzo, giovane ma dai lineamenti marcati, somigliante a quell'altro cowboy che gli siede di fianco, camicia gialla e volto teso, ma pronto a sciogliersi in un bel sorriso, mentre vi rivolge un gesto di saluto, portando la mano alla tesa del cappello.

Un saluto che ricambiate, e quando il barista vi chiederà se li conoscete, non potrete far altro che definirli "vostri amici".

Ed è con quel sentimento che, sin dal lontano 1948, centinaia di migliaia di lettori arrivano ogni volta in quarta di copertina. Un sentimento che è poi il vero segreto dell'eterna giovinezza di Tex: il nostro desiderio di essere il quinto Pard, di esserlo anche solo il tempo di un'altra, incredibile, Avventura!




Dedico questa "Lettura Seriale" a mio padre: no, non è ancora passato alle celesti praterie, tranquilli. Ma è grazie a lui se ho potuto stringere la mano allo Spirito con la Scure, al Re del Terrore e, appunto, as Aquila della Notte. E senza di lui, forse, non ci sarebbe stata neanche questa recensione. Perciò, questo pezzo è sopratutto in suo onore, da un grato Piccolo Falco.

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