Reparto macelleria: “la banalità del male”

Il volume firmato da Monica Fabbri, ispirato ad un racconto di Marco Vichi

Reparto Macelleria di Monica Fabbri – in arte Signora B – edito da Guanda, è ispirato ad un racconto di Marco Vichi.

Un uomo è in ospedale in fin di vita e ad assisterlo c’è un ragazzo (di cui non sapremo mai il nome) che lo ha conosciuto un pomeriggio di due anni prima, in inverno.

Sarà proprio questo ragazzo a raccontare la loro storia e quella personale del libraio antiquario Camillo, con il quale ha in comune l’amore per la letteratura. Dalle sue parole - «nei suoi occhi neri e vivi c’era qualcosa di doloroso» - intuiamo che l’incontro tra il giovane scrittore e Camillo porterà la narrazione verso un passato difficile da dimenticare.

Camillo è un ex partigiano che dopo una serie di ricerche – aiutato da Bepi, figura in qualche modo simbolica… «la natura ha tentato di farne un mostro ma lui non si è arreso» – rintraccia il suo torturatore fascista, incontrato durante gli anni terribili della presenza nazifascista del Nord Italia.

Le sequenze ambientate nel passato sono descritte graficamente da tavole in bianco e nero, caratterizzate da righe diagonali più o meno fitte su cui si stagliano luci e ombre.

Un passato che porta Camillo nel terribile e famigerato Reparto Macelleria, teatro delle più efferate torture fasciste. Che sono mostrate senza compiacimento alcuno grazie ad un disegno assolutamente essenziale e per questo molto efficace.

«Entravano di notte e picchiavano con i bastoni… prima di andare via mi urlavano sempre una frase: ti mandiamo da Spallani!»

Camillo racconta della sua esperienza con il famigerato Spallani, dai dettagli più cruenti fino al suo conflitto interiore tra l’attrazione verso la violenza e la lotta sfiancante perché «non sarò mai come loro». Sancendo di fatto la differenza tra coloro che si imponevano con crimini e violenze terribili e coloro che si sono opposti con tutte le loro forze.

Ma il punto focale della storia è il male in sé e, relativamente a quel periodo, la sua impunità.

Parlando con il suo giovane confessore, Camillo dice: «Non credo esistano uomini cattivi, ci sono solo individui insoddisfatti che non riescono a capire se stessi e si sfogano sugli altri… a volte fino all’atrocità. Ma non è cattiveria, è ignoranza! Ce lo insegna Platone.»

Un pensiero che riconduce alla “banalità del male”. Perché il male è tanto più terribile, proprio perché questi individui, incapaci di morale, erano banalmente comuni.

«Uomini normali come lei e me! Solo che avevano scelto di vivere per il potere invece che per l’intelligenza.»

Una storia di resistenza dura che l’autrice affronta con un grande equilibrio tra testi e immagini. 

Da leggere perché «ognuno di noi può diventare così, è bene non dimenticarlo!»

Francesca Capone



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