Letture seriali: Qual è il posto più lontano da qui? di Boss e Rosenberg

L'ultimo lavoro di Tyler Boss e Matthew Rosenberg, una storia che stupisce continuamente

Futuro a 33 Giri.

Here We Go Again: vi vedo, coi sorrisetti sotto i baffi, pronti a sentirmi usare nuovamente la parola post-apocalisse, uno degli argomenti più amati qui su Letture Seriali, eppure stavolta vi prendo in contropiede e vado dritto in meta, vincendo la vostra resistenza con Qual è il posto più lontano da qui?, l'ultimo, geniale lavoro di Tyler Boss e Matthew Rosenberg.

Altra cosa di cui devo avvertirvi: nel parlarvi di questo ottimo Fumetto, presentato da Bao Publishing in un bel brossurato che raccoglie i primi sei albi americani, ho cercato di evitare di usare aggettivi troppo entusiastici (e avrei davvero voluto), perché, lo dico senza indugio, questo è uno dei titoli più pazzi su cui avrete il piacere di mettere le mani in questo 2023 che ha superato il giro di boa, e sarebbe stato perciò facile esagerare con le iperboli.

Ora che vi ho incuriosito, vado a riassumere la trama... E qui sta il primo problema, perché spiegarla con un pizzico di logica è possibile e complicato assieme: i due autori, infatti, ci buttano subito in medias res, in tutti i sensi possibili ed immaginabili.

Non ci danno antefatti, non ci concedono premesse, ci fanno entrare a gamba tesa in mezzo ai personaggi, e starà a noi e alla nostra attenzione (e al loro essere abili Narratori per parole e immagini) iniziare ad unire sin troppi puntini sparsi, sino a capire però la prima regola con cui approcciare Qual è il posto: godersi il viaggio.

Il tutto inizia con un dente insanguinato in una mano, un giovanotto di fronte ad uno specchio in un bagno che ha visto tempi migliori. Lo raggiunge Sid, una ragazza acqua e sapone coi capelli corti e quella che sembra una mascherina nera sugli occhi, visibilmente incinta. Dal loro dialogo capiamo che lui si chiama Prufrock e che pare stia "invecchiando", ma la cosa deve restare tra loro. Sid gli mostra felice il vinile di Private Eyes, avete presente? Sì, proprio la canzone di Hall & Oates.

L'inquadratura a quel punto passa a quello che sembra proprio un negozio di dischi, zeppo di scatoloni contenenti i più disparati singoli, e proprio in quel momento, qualcuno bussa alla porta d'ingresso. C'è chi usa il termine "coprifuoco" e tra i giovani lì riuniti, serpeggia una palpabile tensione. Pare che alla porta ci sia un certo Slug, e farlo entrare potrebbe rivelarsi problematico, ma alla fine Alabama, la leader, decide di aprire la porta, e nell'istante successivo, il ragazzo cade a terra, decisamente provato e con una freccia piantata nella schiena.

A quel punto, l'azione si sposta all'esterno, dove ci attende un panorama urbano di desolazione e abbandono, con i nostri protagonisti che, armati di mazze e ardore, si muovono tra relitti di auto. Delle ombre sembrano attirare la loro attenzione, forse sono loro ad aver aggredito Slug, ma il tempo di avvicinarsi e scoprono che sono due terrificanti Estranei, vestiti di nero e con quei loro volti coperti da maschere senza occhi.

Non resta che voltarsi e darsela a gambe, quando ecco sopraggiungere un altro gruppo, con indosso maschere di maiali. Ne consegue una rissa furibonda, senza quartiere, in nome di un patto non meglio specificato che sarebbe stato violato.

Nel frattempo, il ferito Slug non sembra avere una bella cera, e lui e Sid parlano di una misteriosa città che non dovrebbe essere reale, del fatto che sa cosa sta succedendo alla ragazza e che lì qualcuno può aiutarla, e prima di esalare l'ultimo respiro, le consegna un involto, contenente un particolare e letale oggetto e una mappa...

Mi fermo qui, non solo perché andare avanti sarebbe comunque pericolosamente vicino allo spoiler, ma anche perché ciò che accade dopo non ha un attimo di tregua, non avrete flashback e non arriverà nessun salvifico spiegone a darvi delle coordinate.

Siete persi, in viaggio al fianco di questi ragazzi, i cui pregressi non è dato al momento sapere, e appunto, ogni informazione arriva apparentemente per caso, disposta accuratamente dai due Narratori, come essi stessi si qualificano nei credits (il che spiega la N maiuscola), per spingervi a continuare la lettura, ma costringendovi anche a porvi continuamente delle domande, sperando arrivino risposte, se non subito, almeno in futuro.

Ad esempio, perché non ci sono adulti nei paraggi? Perché, maschere o meno, tutti non sembrano essere più che adolescenti, se non proprio bambini? Chi o cosa sono questi Estranei? Perché è tutto in rovina? Da quanto il mondo è ridotto in questi termini, al punto che il significato di molte cose, per noi scontate, sono invece per questi ragazzi perse nella memoria? E perchè considerano quei vinili i loro personali Dei?

Così, alla coda del gruppo guidato dalla tosta Alabama, come detto, ci mettiamo anche noi in cammino: Sid è scomparsa. Al suo posto, su quel tetto in cui era rimasta a fare la guardia, un coltello dalla lama spezzata, una piccola pozza di sangue, e nient'altro.

Ha così inizio un lungo peregrinare, nel quale iniziamo a tracciare la nostra, di mappa, mettendo insieme tutti i punti di riferimento che troviamo: i ragazzi con la maschera di maiale sono della banda "Big Business", poi ci sono quelli in uniforme blu dei "Boys in Blue" (nomen omen) e poi altri che magari incontreremo più avanti, come i "Cinema Sixteen".

E poi i nostri protagonisti, i già citati Alabamae e Prufrock, Mallory, Oberon e gli altri, che invece sono "L'Academy".

Tutti loro si muovono secondo i dettami di questi Estranei, che stabiliscono dove si può andare, quali posti sono approvati e quali no, e così via.

Ma quando Sid, per l'appunto, scompare senza lasciare traccia, i Nostri faranno di tutto per ritrovarla, anche a costo di dichiarare Guerra. Questo li costringerà a non avere più un tetto sopra la testa, e a muoversi, camminare seguendo quelle poche briciole lasciate dalla loro amica incinta e dai Narratori, in una delle più surreali storie on the road che vi capiterà di leggere.

Boss e Rosenberg, forti della complicità raggiunta con Quattro ragazzini entrano in una banca, alzano il tiro, continuando a descrivere un mondo di giovani, ma stavolta avvolgendolo di un Mistero, dentro un'Apocalisse, alla luce di un'Alba Rossa.

Proprio come in quel film, questi protagonisti sono ragazzi che devono farsi grandi in fretta, devono dimostrarsi capaci di sopravvivere e rimanere uniti, a dispetto di tutto.

E le atmosfere da film Anni '80 sono prepotenti, grazie a tutta la cornice nostalgica e atemporale che sembra circondare la storia, dove le VHS sembrano un oggetto magico, un vecchio supermarket un ameno ed inquietante luogo di frontiera in cui tutti si chiamano David, e un ospizio tutto meno che il rassicurante rifugio che pensereste.

Ma non fatevi ingannare, perché anche in questo "i Narratori" decidono di rifilare allo spettatore... ehrm, al lettore colpi degni di una mazzata dei "Guerrieri della Notte".

Così si è costretti a crescere, e il Sangue, la Violenza e la Morte sono per "L'Academy" compagni di viaggio, al pari di noi che stringiamo tra le mani il volume.

What's The Furthest Place From Here? suona come un concerto pop-rock, ha l'incedere e lo stile grafico di un cartone animato per adulti, e un gruppo di protagonisti la cui tenacia, caparbietà e, a tratti, cattiveria farà la felicità di tutti coloro che abbiano mai letto Il Signore delle Mosche (o magari hanno visto uno dei film che ne sono stati tratti), e in una cascata di citazioni, allora perché non andare al grado successivo di separazione, e pensare anche a Stephen King e a quel suo modo di raccontare l'adolescenza, sia essa alle prese con clown assassini (e da questo punto di vista, le inquietudini si sprecano anche in questo fumetto) o con cose più grandi e spaventose di lei, come in Stand By Me?

Boss e Rosenberg mettono sul giradischi una colonna sonora dove l'armonia è composta di citazioni, di rimandi, di suggestioni, salvo poi prenderle e farle diventare altro ancora, in una narrazione che stupisce col suo essere estremamente lineare, mentre le vignette sono sempre piene di movimento, anche quando il tempo è scandito dai dialoghi, perché sullo sfondo, o in primo piano, qualcosa sta accadendo comunque, alle volte con intento comico.

Prima ho usato il termine "colonna sonora" e il termine è efficace perché Questo posto è il più vicino al Cinema, a quella scansione delle scene dal montaggio serrato. Lo noterete quando, ormai presi dalla lettura, quei continui stacchi in nero della storia, con la scritta "Capitolo XY", finiranno per diventare come dissolvenze durante la visione di un film.

I Narratori, tra sceneggiatura e disegno, con Tyler Boss che firma uno dei suoi lavori migliori a oggi, curano ogni inquadratura, ogni vignetta, perché ogni tavola non sia uguale alla precedente, perché ogni dettaglio, ogni ombra può dover essere guardata più di una volta, mentre cerchiamo di cogliere tutto quello che possiamo, man mano che avanziamo.

Perché, proprio come in un ideale peregrinare, quello de "L'Academy" ci costringe a non voler rimanere troppo indietro, a non perderli di vista, per il terrore, estremamente fondato, di non ritrovarli più, di perderci anche noi, magari vicino al bosco, magari proprio dove strane figure con le maschere di animali vagano seminude al chiaro di luna.

Matthew Rosenberg (nome noto a chi segue le due Big del fumetto americano) crea dialoghi accesi, pieni di sentimento, che siano paura, sollievo, smarrimento o rabbia, un linguaggio semplice eppure complesso, proprio come i suoi personaggi, maturi ma senza mai esserlo veramente.

Tyler Boss, forte del suo tratto che richiama l'essenza espressiva e al tempo stesso piena e dinamica di artisti come Chris Samnee e David Aja, a loro volta allievi del mai dimenticato Darwyn Cooke, invece incanala nei volti e nei corpi il senso primo della tavola, a cui accompagnare ogni possibile trucco per riuscire a colpire e rendere surreale l'esperienza di lettura.

L'utilizzo delle onomatopee, delle didascalie e persino dei personaggi stessi, trasformati occasionalmente in icone, anzi sarebbe meglio dire emoticon, che di quando in quando fanno capolino per rendere chiaro chi sta parlando e con chi.

Un modo utile anche per rendere più immediato il "Who's Who", perché, credetemi, vi servirà.

Sono tutti segnali di stile, certo, piccole sfiziose trovate per giocare con l'occhio del lettore, ma che nulla possono contro la più importante di tutte: il colore.

Se ne occupa lo stesso disegnatore, sostenuto per metà volume dalla tavolozza complice di Clare Dazzuti e per l'altra metà da quella di Shycheeks, per accrescere il valore di un tratto che non sfigurerebbe in bicromia, ma che il colore fa emergere in tutte le sfumature di arcobaleno possibili che la storia gli fa balenare in mente.

Ogni ambiente, ogni dimensione, che sia reale oppure onirica, ogni particolare influenza di genere, trova nella policromia la propria luce, il proprio armonico svolgersi: prendete ad esempio la "fotografia", piatta e giallognola, che contraddistingue la banca presso cui risiedono i Big Business, e quella da Ai Confini della Realtà che invece sembra avvolgere la struttura dell'Ospizio denominato "Casa di Nonna".

E aspettate di mettere piede al Luna Park... ve l'ho detto che era tutto assurdo, no?

Riecco però il vostro sorriso sotto i baffi, perché seguite questa umile rubrica da un po', e sapete bene quanto io ami guardare "avanti", spingermi un poco più in là nella lettura, e così è stato anche per questo splendido fumetto targato Image Comics.

Non vi anticipo troppo, mi limito solo a rassicurarvi che arriveranno delle risposte, non tante e neanche tutte esaustive, ma arriveranno, lo faranno secondo il sentire della storia e dei Narratori e delle loro "guest star" (vedi alla voce: disegnatori ospiti), e sopratutto, molti degli elementi che qui mi sono premurato di evidenziare, verranno bellamente mandati per aria, perché Qual è il posto più lontano da qui? ha una sola regola: stupire, sempre.

Uno stupore che sembra folle, impazzito, eppure fieramente costruito, pensato con logica e un pizzico di sadismo, mischiato ad un amore per i personaggi e quello che vogliono raccontare, ma poi capisci che Boss e Rosenberg sono Narratori non solo per vezzo di definizione, ma proprio nel senso più pieno, quello di chi si mette al servizio della storia.

Una "storia vera", ci dice uno strillone nelle prime pagine del volume, una scritta a doppia pagina che lentamente si perde, eppure rimane lì come un chiodo fisso.

In che senso "Basato su una storia vera"? Un'altra domanda che non sembra avere risposta, o forse è lì, in bella vista, nascosta sotto la metafora, nascosta in un gioco di specchi, e che dietro una citazione o un pestaggio o un sorriso finto a fin troppi denti, sembra volerci indicare la strada.

Proprio come nelle opere migliori sull'adolescenza, infatti, c'è un messaggio, c'è quella sottile inquietudine dell'ignoto che viene dal crescere, dal diventare adulti, qui resa cardine e motore dell'azione. Ma cosa significa essere un adulto, in un mondo in cui sembrano scomparsi?

Chi stabilisce le regole di confine, chi segna le tacche sullo stipite della porta, quando il tuo corpo cambia, e non sai cosa ne sarà di te domani, in un futuro a cui pare mancare la cosa primaria, la speranza?

Un fumetto pieno di punti interrogativi, sin dal titolo, proprio per questo affascinante, proprio per questo esperienza di Lettura Seriale viva e vivace, importante anche per il medium stesso, perché il Fumetto dimostra di non essere mai domo, di avere sempre qualcosa da dire e sapere come dirlo, è sin dalla sua nascita il megafono di voci autoriali forti, a cui concede di attingere da una fonte d'ispirazione purissima, e Boss e Rosenberg urlano creatività con tutto il fiato possibile.

Un fumetto che sono contento sia finalmente arrivato in Italia, a dimostrazione ulteriore che Bao è tra le realtà italiane attente ai titoli di genere, quelli particolari, quelli sfidanti.

Perchè What's The Furthest Place From Here? fa questo, è una serie che vi sfida, sapendo che raccoglierete il guanto, e una volta raccolto, la seguirete volume dopo volume.

Ancora quel sorrisetto, perché avete intuito che sono arrivato alla fine, e che qui scatta il mio solito gioco di parole in chiusura, magari con il titolo stesso, invitante in questo senso.

Ma preferisco invece farlo con una citazione, omaggiando proprio il sito che ospita queste mie righe, e che capirete solo arrivati ad un certo snodo della storia: "Benvenuti su Gli Audaci, dove si trovano ottimi consigli di lettura ogni giorno".

E quel giorno è Oggi!

Il Nerdastro

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