Barbara Baraldi: Dylan Dog, gli orrori e le paure
Barbara Baraldi "scrive per Dylan Dog dal 2012, ma ne è ossessionata dagli anni Novanta" e ha firmato già diverse storie dell'inquilino di Craven Road, pubblicate sulla serie regolare e sulle serie collaterali, tra cui Jenny, ispirata alla canzone di Vasco Rossi, L'ora del giudizio, Casca il mondo e La ninna nanna dell'ultima notte.
Circa un mese fa è stato annunciato che la scrittrice, emiliana, classe 1975, autrice di thriller e sceneggiature di fumetti, è la nuova curatrice di Dylan Dog, sempre con la supervisione del creatore del personaggio, Tiziano Sclavi. L'abbiamo intervistata per conoscere alcuni aspetti del suo legame con l’Indagatore dell'incubo e iniziare a scoprire il suo approccio al ruolo di curatrice.Benvenuta sulle pagine audaci, Barbara. Partiamo dall'inizio: il primo Dylan Dog non si scorda mai. Qual è stata la prima storia letta, quella che ha fatto scattare la scintilla?
Ahimè, non ricordo qual è stata la prima storia in assoluto che ho letto. Una delle prime, tuttavia, è “Memorie dall’invisibile”, che mi ha definitivamente consegnata alla famiglia allargata dei “dylaniati” e che considero al pari delle più grandi opere di narrativa contemporanea.
Cosa trovavi in Dylan Dog come lettrice, nelle sceneggiature di Tiziano Sclavi in particolare?
Visioni inaspettate, parole affilate, e un senso di meraviglia che non ti abbandona mai. Tiziano è un grande autore, e come tutti i grandi non va imitato, ma dobbiamo tenere conto della sua lezione.
L'esordio sulle pagine dell’Indagatore dell'incubo, oltre dieci anni fa, prima sul Color Fest poi sulla serie regolare: ti va di raccontarci in breve come è avvenuto il tuo ingresso in Bonelli?
Dylan è stato il primo fumetto che ho acquistato con i miei soldi, come molti adolescenti. Quando ho cominciato a scrivere narrativa, lo confesso, il mio sogno era scrivere fumetti per l’Indagatore dell’Incubo. Poi sono arrivate le prime conferme, i primi successi. Quando mi sono sentita pronta, ho cominciato a proporre soggetti per Dylan… che mi venivano regolarmente rifiutati. È stato allora che mi sono resa conto che per scrivere Dylan dovevo dare qualcosa di mio. Colleziono bottoni da sempre, da bambina ne tenevo sempre uno in tasca e lo stringevo ogni volta che mi sentivo insicura: quello è stato lo spunto del “Bottone di madreperla”.
C’è un episodio, tra quelli da te sceneggiati in questi anni, a cui sei particolarmente legata?
Ci sono storie che ho scritto che hanno rappresentato una svolta. Con “La mano sbagliata” sono stata tenuta a battesimo sulla serie regolare da Nicola Mari, che poi è diventato un caro amico. “Casca il mondo”, indubbiamente, è stata la storia più dolorosa a cui ho lavorato, perché mi ha permesso di elaborare il trauma del terremoto dell’Emilia. In “Jenny” ho parlato di depressione, una tematica a cui tengo molto e che mi ha toccato da vicino in quanto ne ha sofferto una persona a me cara, e allo stesso tempo ho reso omaggio alla mia canzone preferita di Vasco.
L'Horror è molto cambiato, dagli Anni '80 in cui è nato Dylan a oggi, passando attraverso nuove suggestioni e trovando nuove strade (Ghostface ne sa qualcosa). Quanto è difficile tradurre questa costante evoluzione in DYD, trovando il giusto equilibrio tra gusto moderno e carattere del personaggio?
Sarà un caso che circolano per le sale ancora tanti personaggi nati negli anni Ottanta e Novanta, ma soprattutto che continuano a riempirle? Credo sia la prova che l’orrore è il genere che più si presta a esplorare le nostre inquietudini più profonde.
Cosa possiamo aspettarci dal "tuo" DYD? Quale particolare impronta desideri imprimere al personaggio come curatrice?
Principalmente, cercherò di costruire una programmazione solida, con storie che lascino più domande che risposte. Il personaggio sarà Dylan, così come concepito dal suo creatore, con i suoi punti di forza, le sue contraddizioni, ma soprattutto la sua ironia. Del resto, quindi, lascerò che siano gli albi a parlare per me.
Una delle critiche che spesso vengono mosse alla serie, è quella di vivere in una cristallizzata "nostalgia" e di non saper trovare il modo di parlare alle nuove generazioni, trovare un modo per creare il proprio "ricambio generazionale". Quanto pensi ci sia di vero in questo e quale potrebbe essere la chiave per attrarre nuovo pubblico?
Provo nostalgia solo per la bellezza delle storie scritte da Tiziano. Se riuscirò nell’intento di proporre una programmazione che sia all’altezza della fama della testata, Dylan continuerà e essere rilevante anche per le nuove generazioni. Che, peraltro, stanno recuperando in massa un sacco di fumetti dell’orrore del passato, come i capolavori di Junji Ito, per esempio.
Quale narrazione troveremo nel tuo Dylan? Ci attendono evoluzioni, rivoluzioni, eventi particolari?
La staticità non fa parte del DNA di Dylan. La serie regolare sarà una fucina di sperimentazioni, sia dal punto di vista della narrazione che della resa grafica. E poi ci saranno storie suddivise in più albi, albi che portano avanti una sorta di continuità, anche a distanza di tempo, mini cicli tematici, con storie autoconclusive accumunate dalla stessa tematica, nuovi villain e ritorni “eccellenti”, e poi, dal prossimo anno, c’è una bella novità per il BIS che non vedo l’ora di annunciare.
Questo nuovo impegno come curatrice avrà ripercussioni sull'essere scrittrice, andando a scalfire la tua presenza come autrice nella testata?
Una delle prime cose che ho fatto, dopo aver ricevuto l’incarico, è stato incontrarmi con il mio editor di narrativa per comunicare che per un buon periodo di tempo non sarò in grado di scrivere un nuovo romanzo. Ho intenzione di dedicarmi anima e corpo alla cura di Dylan. La mia presenza come sceneggiatrice sulla testata sarà discreta ma costante.
C'è un particolare, anche solo uno, del personaggio che cambieresti?
Di Dylan mi piacciono anche, o meglio soprattutto, i difetti. E comunque è irrilevante. Dylan è uno solo: il personaggio creato da Tiziano. Sono al suo servizio, e non il contrario.
Quanto sono importanti i comprimari per il futuro di Dylan e quale spazio troveranno nelle storie dei prossimi anni?
Fondamentali. Parte del fascino della serie sta anche nel coinvolgimento emotivo che proviamo nei confronti dei comprimari. Sono alla ricerca di personaggi che lascino il segno, che facciano ricordare la storia di cui sono co-protagonisti.
C'è una sfida sempre particolare, per chi salta dall'altro lato della barricata: come ci si sente a dover vagliare e dare un giudizio sull'operato altrui, a discutere di idee e dare il proprio imprimatur ai colleghi sceneggiatori, così come agli artisti che via via si avvicenderanno al tavolo da disegno?
Dover valutare il lavoro di un collega è forse l’aspetto più difficile di questo lavoro. In compenso, il momento del brainstorming, quando ti rendi conto di trovarti di fronte a un’ottima idea e cominci a intuirne le potenzialità, è di certo uno dei più entusiasmanti.
DYD si è sempre rivelato una fucina per nuovi talenti, nomi che poi hanno lasciato il segno nel Fumetto Italiano, e non solo. Puoi anticiparci qualche futura "new entry" che terrete a battesimo, se ce ne saranno nell'immediato futuro?
Preferisco non anticipare nulla, nuove entrate, sia ai testi che ai disegni, ce ne saranno diverse, e saranno annunciate al momento opportuno.
Pensi di mantenere le direzioni intraprese dalle varie testate durante la gestione di Roberto Recchioni, tra il Color Fest, gli Speciali del Pianeta dei Morti, l’OldBoy e così via?
Il Color Fest mi piace com’è e resterà quello straordinario contenitore di sperimentazione e “guest star” d’eccezione. Lo Speciale continuerà a ospitare le visioni di Alessandro Bilotta. L’OldBoy resta saldamente nelle sapienti mani di Franco Busatta, che sta facendo un lavoro eccellente, sia sulla sperimentazione che sulla ricerca di nuovi talenti. Il Magazine è appena stato rinnovato, diventando “Enciclopedia della Paura”, ospitando tre storie brevi e approfondimenti tematici. Si comincia quest’estate con “F” come Fantasma, “M” come Mito, “S” come Sirena.
Un'ultima domanda: cosa mette i "brividi" a Barbara Baraldi? Cosa ti fa "paura", e quanto desideri che questo sentimento si riversi nella tua visione come curatrice per Dylan?
Confesso di essere una persona piuttosto paurosa e penso troppo. Per questo mi ha sempre aiutato scrivere: imprigiona le ossessioni. Ho paura delle bambole (così ho iniziato a collezionare quelle più spaventose), del passeggero oscuro che vive dentro di me e spesso vorrebbe sabotarmi, dell’odio sociale e della massa. Dialogare con Dylan, per me, è quasi come una seduta di psicanalisi.
Grazie, Barbara. A presto e in bocca al lupo per questa esperienza!