Retrocomics 09 - Il 1980

Uno sguardo al passato senza nostalgie, tra Oriente e Occidente, passando per le mitiche riviste contenitore

Retrocomics torna e si lancia in un ricordo di circa quarant’anni fa, senza nostalgie, per parlarvi del 1980, anno in cui in Italia:

L’Inter di Bersellini vinse lo scudetto.

Il film campione d’incassi fu Ricominico da tre.

Uno dei gelati preferiti era il Piedone.

E nel fumetto? Ho deciso di parlarvi di tre opere uscite in quell’anno, magari non le più famose o le più belle ma che comunque meritano di essere (ri)scoperte. Tre flash per solleticare la vostra curiosità.

Partiamo dal Giappone con:

HIATARI RYŌKŌ!

Nel 1980 vengono pubblicati manga come Domu di Otomo, Nanako SOS (il cui anime, Nanà Supergirl riscosse un discreto successo nella seconda metà degli anni ottanta anche in Italia) e un certo Maison Ikkoku di Rumiko Takahashi, per chi vi scrive forse il più completo lavoro di questa straordinaria mangaka. 

E allora perché parlare di un’opera tutto sommato minore del maestro Adachi?

Perché è un manga estremamente gradevole dove assitiamo alla maturazione del tratto e anche della tipologia che faranno la fortuna di Adachi, basti pensare che Touch inizierà l’anno dopo e avrà un successo strepitoso arrivando a vendere più di cento milioni di copie.

A differenza di altre sue opere, qui lo sport avrà un impatto minore poiché l’autore sceglie di concentrarsi più sui personaggi - che saranno molto ben caratterizzati - a discapito della trama, a cui non verrà dato un finale vero e proprio poiché il manga si concentra in (soli) cinque volumi.

È comunque una lettura raccomandata e se vi capita guardatevi l’anime e non l’adattamento italiano con il terribile titolo di Questa allegra gioventù.


MAUS

Sorvoliamo l’Oceano e ci fermiamo negli Stati Uniti.

In quell’anno facevano il loro esordio i Teen Titans che per anni combatterranno, come vendite, i mutanti Marvel (proprio degli X-Men inzia a Gennaio l’iconica Saga di Fenice nera) ma contemporaneamente sulla rivista indie RAW comincia la serializzazione di Maus di uno dei curatori della rivista stessa, Art Spiegelman.

Ora Maus è un po’ considerato come quello zio tranquillo e posato che alle cene di famiglia sembra quasi un’aggiunta alla tappezzeria ma che, inaspettatamente, rivela di aver girato il mondo, partecipato a rave leggendari e fatto cose che voi non farete in cento anni. Ecco, Maus non è il classico fumetto che molte librerie piazzano strategicamente ad altezza occhi perché qualche altro vostro parente decide di regalarvelo pensando “Questa è una roba seria, a differenza delle cose che leggi tu!”.

Questo fumetto è un cazzotto nella pancia per come racconta la storia tra il 1930 e il 1945, e la scelta di rappresentare specifici gruppi di persone ognuno con una diversa razza di animali non edulcora il racconto, anzi lo rende più straziante e opprimente.

Maus è anche uno spaccato autobiografico sul rapporto col padre che, nonostante avesse vissuto sulla sua pelle l’orrore della persecuzione antisemita, aveva comunque mantenuto un animo razzista a sua volta.

È un’opera da leggere - magari non tutta d’un fiato - per riflettere sul fatto che alcune dinamiche che si sono verificate quasi cent’anni fa non si sono esaurite ma hanno solo cambiato aspetto.


RIVISTE CONTENITORE




E in Italia? È un periodo strano, ancora caratterizzato dalle riviste contenitore: solo nel 1980 vedranno la luce Frigidaire, 1984, L’Eternauta (o meglio il numero zero di questa rivista, il numero uno uscirà un paio di anni dopo) e Totem. Tutte pubblicazioni che, tranne 1984, supereranno le 200 uscite - cosa che, ammetterete, non è da tutti.

Tutte, tranne Frigidaire contenevano sia fumetti italiani che materiale estero di giovani autori esordienti o maestri conclamati; proprio per questa varietà di contenuti la qualità era ondivaga, tuttavia questa varietà di storie aiutò tantissimi lettori a scoprire opere molto diverse tra loro e a formare e creare un gusto nuovo in molti autori nostrani.

Per quanto mi riguarda le mie preferenze vanno a Frigidaire, una testata che anche a causa della morte di alcuni artisti fondamentali ha poi perso lo smalto inziale ma che rimane uno spaccato sociale e politico oltre che artistico per me fondamentale. Oltre a donarci le storie di Ranxerox scritte da Stefano Tamburini e disegnate da Tanino Liberatore, un’opera che ha avuto un grande successo strameritato.

Ci si ritrova per il 1981!

Luca Frigerio


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