Transformer di Nicoz Balboa: cambiare, accettarsi

Storia di un autore

È Nicoz Balboa in persona che ci dice che Transformer non è un memoir ma un’autofiction… «alcune cose raccontate nel libro sono accadute, altre sono inventate».

E poi, ritenendolo utile, in un paio di pagine inserisce qualche concetto chiave, ponendo l’attenzione sull’importanza del linguaggio e delle parole perché «usare un linguaggio neutro è un vero e proprio atto di inclusione e accoglienza».

Prima di affrontare la narrazione del suo percorso personale per "passare dalla disforia all’euforia di genere" – il sottotitolo aggiunge significato ad un titolo azzeccatissimo – va detto che la carriera artistica di Nicoz è davvero composita: dal tatuaggio all'illustrazione e al fumetto, il suo stile inconfondibile e originale si muove tra autobiografia e pensiero interiore, tra sofferenza, divertimento e ironia fuori dal comune, tra tratti veloci e cura del dettaglio.

Play with fire, il libro precedente, ha dato inizio al processo di scoperta di sé e alla ricerca della propria identità. Attraverso un racconto che unisce storia personale a riflessioni volte a costruire un pensiero critico come «C’è una discrepanza tra quello che immagino essere e quello che vedo» ed «è possibile plasmarsi per far aderire la realtà interna a quella esterna?», Nicoz realizza che ha bisogno di assumersi le responsabilità di ciò che è.

Transformer riparte da questo punto e dal mare e da una sirena… «sì, ma una sirena maschio».

Pubblicato da Oblomov, il volume racconta il coming out di Balboa come uomo trans e l’inizio di quel percorso «che porta una persona a smettere di vivere secondo un ruolo e/o apparenza del genere attribuito alla nascita per vivere pienamente il genere in cui si identifica». Un percorso complesso e difficile, quello di Nicoz, fatto di situazioni imbarazzanti, dubbi continui, grandi e piccole delusioni ma anche di orgoglio, ironia e importanti riflessioni.

«Se racconto la mia storia, la mia storia diventa vera. E se è vera per me lo sarà anche per chi ha bisogno che lo sia.» Le pagine di questo libro non riportano istruzioni, non danno informazioni su come affrontare la disforia e non forniscono spiegazioni, non dispensano consigli. È il racconto di una singola esperienza.

«Oggi è il giorno in cui entro nel mio corpo» afferma Nicoz quando inizia a prendere il testosterone.

Nella narrazione trova ampio spazio il legame stretto tra la propria sessualità e il cambiamento in atto nella percezione di sé, affrontato dall’autore con grande autoironia e con una libertà (che bella parola!) non comune e niente affatto scontata. «È come se, invece di provare piacere sessuale io provassi un’euforia di genere!»

Le pagine dedicate al coming out riportano in scena Mina, la figlia.  Il “dichiararsi” con lei, riassunto in due sole pagine e nella frase «Io penso che la vita è una ed è un peccato sprecarla pensando a quello che pensa la gente», è centrale per l’autostima di Nicoz, che ne guadagna anche una maggiore accettazione di sé. 

Un libro unico e fuori dagli “schemi” - così come la storia che racconta – con note a margine e testi che invadono le tavole con continui cambi di colorazione e di lettering.

Nicoz non si è risparmiato e non ha protetto sè stesso. Non ci sono filtri, la storia è onesta e sincera in modo quasi brutale. Sarà sicuramente di conforto a chi sta facendo lo stesso percorso e potrà toccare corde profonde anche nelle sensibilità più pervicaci. 

Si racconta una vita, con tutto il bagaglio di emozioni, sofferenze, confusione e gioie che ogni esistenza porta con sé. E del diritto all’autodeterminazione. Perché, come dice Nicoz in chiusura, «la transizione di genere è entrare nel proprio corpo finalmente, senza fuggirlo, ed iniziare a vivere la propria vita»

E questo è un Diritto che merita la maiuscola.

Francesca Capone


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