Letture seriali: Foglie Rosse

Una storia da brivido firmata da Massimo Rosi, Ivan Fiorelli e Lorenzo Palombo ed edita da Leviathan Labs

"Se anche voi foste nato da queste parti, avreste paura anche solo a pronunciare questo nome. I Wurdalak sono cadaveri che hanno sete di sangue, il sangue di coloro che in vita hanno maggiormente amato. Più hanno amato una persona, più desiderano ucciderla, per succhiarle il sangue. E chi è ucciso in tal modo, diventa anche lui un Wurdalak, sinché qualcuno non riesca a trafiggergli il cuore"

Così il personaggio di Sdenka (interpretato da Susy Andersen) definisce i Wurdalak in I Tre Volti della Paura, film horror antologico di Mario Bava del 1963, uno dei suoi caposaldi, e che in inglese venne titolato Black Sabbath, ispirando la band omonima per il suo nome di battaglia.

Ma non iniziamo a divagare, anche perché vi starete chiedendo il motivo di tutta questa introduzione, ed è presto detto: non è un normale vampiro quello al centro di Foglie Rosse, il bel fumetto edito da Leviathan Labs e firmato da Massimo Rosi e Ivan Fiorelli (con il contributo di Lorenzo Palombo per la colorazione).

L'autore di Locust decide stavolta di scavare nel folclore russo, lo stesso che permeava le pagine de La famiglia del Vurdalak di Aleksej Tolstoj e da cui Bava trasse la storia del Gorca di Boris Karloff, solo che invece di un villaggio e di una nutrita famiglia, Rosi asciuga ed isola la scena del suo scrivere, portandoci in un bosco, dove vivono da sole madre e figlia.

E anche la cornice temporale cambia, portandoci in Unione Sovietica, durante la Campagna d'Inverno. Tatiana e Yari attendono il ritorno dalla guerra di Vassilij, marito e padre, vivendo da sole in una capanna nei boschi, cercando di affrontare i morsi della fame e quelli ancor più feroci della speranza che via via si affievolisce, che lascia spazio alla disperazione.

E per cercare di non perderla, la donna, ogni notte, ha preso l'abitudine di accendere una fiaccola e piantarla fuori dalla porta, come un piccolo faro in caso l'amato dovesse tornare nel cuore della notte. Ma nel buio, anche altre presenze possono essere condotte all'uscio di casa...

Se siete amanti delle storie da brivido, quelle raccontate intorno ad un fuoco, mentre fuori il vento ulula e la bufera infuria, stringendo tra le mani una tazza di cioccolata calda, potreste anche aver già fatto il vostro proverbiale due più due, e capire dove Foglie Rosse andrà a parare, e penso che, in fondo, lo stesso Rosi ne fosse cosciente durante la scrittura.

È anche per questo che, piuttosto che indugiare su canini aguzzi e figure alla Nosferatu (che comunque non mancano), lo sceneggiatore preferisce costruire un'atmosfera di tensione e dramma, dove l'innocenza della piccola si scontra sempre più con l'angoscia di una madre che si rifugia nell'alcool per dimenticare la propria disperazione, mentre i flashback su cosa sia accaduto a Vassilij, durante i giorni della battaglia, giorni in cui la crudeltà degli uomini può fare impallidire anche il Diavolo stesso, si fanno via via più intensi.

Proprio come una piccola bambola russa, Foglie Rosse nasconde in sé molti altri, più piccoli, livelli di lettura, di costruzione dei personaggi, di dettagli che, uniti assieme, formano un quadro quasi angosciante nella sua tetra malinconia, come di un inverno senza fine.

Perché i Mostri possono anche nascondersi in bella vista, e celarsi sotto sguardi un tempo amorevoli, e questo legame, questa connessione, è ciò che muove l'inquietudine della storia, così come guida il Wurdalak verso quello che un tempo era un focolare domestico pieno di gioia.

A quel punto, diventa quasi indistinguibile il confine tra chi dobbiamo temere e a cosa andare incontro a braccia aperte, su cosa percepire come minaccia e cosa invece possa sembrarci addirittura una salvezza, in un ironicamente nero cambio della prospettiva.

E in questa costruzione, dal ritmo cadenzato come in un film (non sfigurerebbe infatti in una pellicola antologica come quella citata all'inizio), non poteva esserci scelta migliore della matita di Ivan Fiorelli: il disegnatore spezzino è nome noto ai lettori di Nathan Never, ma sopratutto a quelli dei fumetti Marvel (attualmente, tra gli artisti in forze nella nuova serie dei Fantastici Quattro, coi numeri attualmente sugli scaffali delle fumetterie americane, ma è possibile ammirare il suo lavoro anche nella mini Venom: Protettore Letale dello scorso anno e nel ciclo Beyond di "The Amazing Spider-Man"); qui, unendo cartoon e volti con una forte espressività emotiva, dimostra di cavarsela egregiamente con la Paura.

I momenti più orrorifici e lugubri, quelli più sospesi e quelli che, nell'accendere la tensione e spingere il lettore a proseguire nello sfogliare le pagine, si prendono lo spazio di un'intera tavola, sono occasione per Fiorelli di dimostrare la sua padronanza dello storytelling visivo.

E poi ci sono particolari, come il viso della bambina, con quella macchia cutanea e la sua dolcezza velata di lacrime, che rimangono impressi nella mente del lettore, trasmettendo tutto il dolore e l'amarezza di una piccola innocente, costretta ad avere a che fare con un dramma che non riesce pienamente a cogliere, protagonista di questa cupa favola nera.

Ma c'è anche un altro elemento che Foglie Rosse mette in campo, una cifra stilistica particolarmente efficace, pungente come gelo sulla punta del naso: la scelta cromatica di utilizzare mezzi toni e toni di rosso, dove il bianco e il nero si scontrano con lo scarlatto di un'incubo angosciante oppure del particolare di una stilla di sangue o di una foglia caduca. Merito dell'ottimo lavoro di Lorenzo Palombo, pienamente padrone della tavolozza.

Ciò che ne risulta è un fumetto compiuto, che sa di omaggio ma che riesce a vivere sulle proprie gambe, portando il lettore, capitolo dopo capitolo, verso un finale dalle note intense, dove tutto, anche la tragedia raggiunge il suo climax e la sua poesia.

L'edizione del team di Leviathan Labs gli rende giustizia, con la solita curatela, che propone anche una pregevole parte redazionale, preceduta dagli schizzi e gli studi preparatori di Fiorelli sui personaggi, sugli attori pronti a salire sul palco di questa fosca rappresentazione.

Foglie Rosse è anche un racconto veloce nel ritmo, incalzante dove serve ma lento quando occorre creare tensione, dove le inquadrature e il disegno cercano - ed ottengono - lo stesso effetto, per una narrazione che sa di vecchio cinema, che sa di suggestioni immortali.

Immortali, come la figura stessa del vampiro, con il suo fascino immutato, con le sue influenze che continuano a propagarsi lungo tutto il nostro immaginario.

Possono essere avvolte in un nero mantello e vivere in un castello dei Carpazi, possono indossare tute in latex e sparare agli acerrimi nemici licantropi, oppure ancora innamorarsi e sbrilluccicare al sole.

Magari, avere il volto di un padre perso in guerra, di un uomo il cui ritorno si è atteso con desiderio misto ad illusoria speranza, e che ora ci sembra solo un sogno rivedere.

Un sogno destinato a diventare incubo, non importa quanto ci si voglia svegliare!

Il Nerdastro



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