Magic Fish – Le storie del pesce magico

Una storia sulle storie: quelle reali, che intrecciano le vite di tre generazioni, e quelle fantastiche, che collegano un lato del mondo all’altro


«Quello è davvero il finale?»
«Come posso saperlo? È una storia vecchissima e i dettagli cambiano. Le cose cambiano. E ora questa storia è nostra. Tua e mia.»

Forse la più grande peculiarità dell’essere umano, il tratto che accomuna ogni popolo in ogni angolo del mondo e in ogni epoca, è la capacità di raccontare: miti, favole, leggende e racconti, si sono fatti, da sempre, specchio del reale e, attraverso la fantasia, lo hanno reso comprensibile, ne hanno svelato le contraddizioni e le hanno rese accettabili. Miti, favole e leggende fanno parte del patrimonio culturale umano e non conoscono limiti di tempo o spazio: le storie viaggiano attraverso le parole di chi le racconta, si rinnovano adattandosi a chi le ascolta, si modellano ai contesti e agli immaginari.

E poche sono le cose che amiamo di più che non raccontare e farci raccontare storie.

Magic Fish – Le storie del pesce magico (Tunué) è una storia sulle storie, una storia che libera i racconti dagli stereotipi, dalle parole obbligate, dai finali già decisi ancora prima di cominciare.

Così sono le favole, che vogliamo restino sempre uguali a sé stesse, così sono i racconti di emigrazione, storie che immaginiamo tutte simili, che riduciamo ai fatti di cronaca quando non semplicemente alle mere statistiche:

“In questo modo, gli immigrati sembrano acquisire la bidimensionalità degli archetipi delle fiabe, pezzi intercambiabili di storie ricorrenti di cambiamenti radicali e diaspore.”

È per questo che Trung Le Nguyen ha scritto la storia di Tiên e della sua famiglia, per restituire profondità a una storia, che è anche la sua, e per indicarci un modo diverso di guardare alla realtà che ci circonda, provando ad andare oltre i luoghi comuni.

Tiên ha tredici anni, è innamorato del suo amico Julian e non sa come dire a sua mamma che è gay.

Ha provato, con l’aiuto del bibliotecario, a cercare una soluzione ma non trova la parola giusta in vietnamita. Tiên parla fluentemente inglese ma non conosce bene la lingua d’origine della sua famiglia; sua mamma Hiên, a sua volta, ha difficoltà con l’inglese. Insieme hanno trovato un modo per avvicinare i loro due mondi, per costruire una lingua comune che sappia dare i nomi giusti alla quotidianità: Tiên legge ad alta voce i libri di favole che tanto ama, mentre sua mamma ascolta e prova a riportare alla memoria la versione vietnamita di quelle favole.

Storie, eventi e personaggi diventano così gli artefatti simbolici con cui comunicare e interpretare la loro realtà, per provare a comprendersi a vicenda, a esprimere con le stesse parole esperienze tanto diverse, lui impaurito da un futuro in cui potrebbe non essere accettato dagli altri, lei appesantita da un passato che vorrebbe più vicino, da una famiglia lontana che le manca e con cui vorrebbe condividere la sua quotidianità facilmente.

Le favole diventano così il ponte non solo tra Tiên e sua mamma, ma tra il Vietnam-passato e l’America-presente. Trung Le Nguyen intreccia sapientemente il coraggio delle eroine delle favole – Alera che non vuole cedere al ricatto di un vecchio prepotente, Cenciosella che prova a trovare la sua felicità anche tra le mille avversità della vita e la Sirenetta, pronta a stravolgere la sua vita per amore – con quello dei membri della famiglia di Tiên, che pur lontani da casa, in un mondo di cui non conoscono bene le parole, cercano di restare uniti, di capirsi e sostenersi l’un l’altro.

Accanto a un tratto di sorprendente delicatezza e a una cura per i dettagli e gli immaginari di rara intensità – ogni favola, spiega l’autore nella sua postfazione, è disegnata pensando all’immaginario di chi la racconta e ciò è riflesso nelle ambientazioni e nei costumi dei suoi personaggi – il colore diventa fondamentale per il ritmo della narrazione: il blu è il colore delle favole, il rosso quello del presente, l’ocra quello dei ricordi, tre dimensioni che si fondono insieme e che si alimentano a vicenda, donando significati nuovi l’una all’altra.

Dopo un momento di smarrimento e solitudine, Tiên imparerà proprio grazie a una favola – questa volta raccontata da sua mamma che stravolge la trama classica per adattarla ai suoi sentimenti, a quello che vorrebbe dire a suo figlio senza trovare le parole per farlo – che nessuna barriera linguistica, nessuna convenzione culturale e nessuna crudele imposizione sociale potranno mai impedirgli di essere chi è.

Trung Le Nguyen scrive – e disegna magistralmente – una storia di emarginazione e di desiderio di trovare il proprio posto, senza tradire le proprie origini e senza rinunciare a vivere pienamente il presente. Attraverso il racconto di una particolare storia di emigrazione, Le Nguyen restituisce spessore e unicità a ogni esperienza migratoria e a ogni famiglia transnazionale, sottolineando che ogni storia è unica e ogni volta, se solo sappiamo prestare la giusta attenzione, possiamo riconoscere in ogni faccia nuova esperienze e storie inaspettate e lontane dai nostri pregiudizi.

Il giovane Tiên dovrà conciliare il suo nuovo posto nel mondo – un mondo che la sua famiglia non riesce pienamente a comprendere e fare suo – e il suo passato, le sue origini così diverse da quelle dei suoi amici, senza tradire nessuna di queste due realtà e soprattutto senza tradire sé stesso. E l’unico modo che ha per farlo è trovare una nuova lingua – quella delle favole, che è un po’ quella della memoria un po’ quella dei sogni – per raccontarsi e imparare a conoscere chi gli è più vicino.

Claudia (aka Clacca)



Magic Fish – Le storie del pesce magico
Tunué, 2022

Testi e disegni: Trung Le Nguyen
Traduzione: Omar Martini


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