Selvaggia di Rosalia Radosti

Una storia non convenzionale

Selvaggia di Rosalia Radosti della Rebelle edizioni non è ciò che ti aspetteresti di leggere.

La copertina ricorda le illustrazioni di fine Ottocento e le prime battute dell’incipit anticipano che si tratta di una storia crudele, di disperazione, di lacrime e sangue. Questa è una storia amara, come sa esserlo l’amore quando lo si perde… creando una dissonanza tra l’idea comune di fiaba e questa sorprendente graphic novel.

Le vicende si svolgono nel regno di Valdirosa in cui gli abitanti erano felici e ogni occasione era buona per suonare e danzare. Immaginate quindi la gioia in tutto il regno quando nasce la figlia del Re e la Regina nel decidere il nome da darle afferma perentoriamente che vuole per lei un nome forte e audace perché vuole che da grande sia una donna coraggiosa, capace e libera.

Selvaggia è una bambina vivace, che corre a perdifiato, che si tuffa letteralmente nelle pozzanghere e si rotola nel fango, che si arrampica sugli alberi e tira con l’arco. Ma è soprattutto una principessa che a un certo punto della sua vita deve trovare marito. Selvaggia è felice nonostante la giovane età perché sa che potrà scegliere liberamente il suo sposo e che non le verrà imposto. 

Comincia così questa storia che ha una protagonista femminile, anticonformista e autonoma e che in controtendenza con la tradizione narrativa non allude e non evita, ma racconta esplicitamente.

Nel momento in cui i pretendenti chiedono la mano della principessa, emerge con forza il concetto di moglie come “accessorio” e il totale rifiuto di un rapporto paritario da parte loro.

E mentre Selvaggia sognando il suo principe dice alla tata vorrei qualcuno a cui piacesse fare le stesse cose che amo fare io!, i corteggiatori fanno affermazioni del tipo desidero che Ella diventi mia moglie e venga a vivere nelle mie terre, ove potrà dedicarsi al ricamo e a tutte quelle cose che fanno le donne oppure chiedo che la mia sposa sappia intrattenere gli ospiti con conversazioni sapienti, ma non troppo dotte. Leggere ma non frivole

Con l’arrivo di Rodrigo, la narrazione subisce un’inversione di tendenza: da un racconto solare e a tratti umoristico si trasforma in una favola nera nella quale risultano evidenti tutte le fragilità della protagonista.

Il ragazzo, così gentile e accomodante, si rivela ben presto molto diverso dalle aspettative. Ma come spesso succede nelle favole interviene l’elemento magico a far cadere il velo della menzogna mostrando a Selvaggia la vera anima di Rodrigo.

Perché le favole non dicono ai bambini che esistono i draghi. I bambini sanno già che esistono i draghi. Le fiabe dicono ai bambini che i draghi possono essere uccisi. (G. K. Chesterton)

Il finale non lascia dubbi sull’esigenza dell’autrice di raccontare una storia moderna e attuale: ci sono situazioni terribili che si possono risolvere ma che inevitabilmente lasciano il segno. 

Si può diventare ostaggi della paura e vivere sempre sulla difensiva tanto da rinunciare alla felicità per evitare la sofferenza e il dolore lacerante.

Il lavoro sui personaggi è davvero molto accurato nella caratterizzazione e nella rappresentazione delle espressioni, tanto da renderli tutti, principali e secondari, estremamente realistici.

Assolutamente ammirevole è l’uso della luce che dona profondità e impreziosisce le tavole acquerellate in modo emotivamente coinvolgente.

Al termine della lettura ci accorgiamo che Selvaggia esiste per davvero, è diventata reale, tanto che ci assale il desiderio di restarle vicini, di raccontarle che prima o poi il dolore passerà e che l’amore non è solo sofferenza e illusione ma gioia e serenità.

Basta solo aspettare e avere coraggio.

Francesca Capone



Selvaggia
Rebelle edizioni, 2022

Testi e disegni: Rosalia Radosti


Post più popolari