Essentials: Martian Manhunter di Ostrander e Mandrake
Una serie sull'umanità, dedicata a un alieno outsider
Immaginate di nascere in un mondo dove esiste una persona del tutto simile a voi, che può fare esattamente tutto quello che voi sapete fare, anzi, forse qualcosa in meno, eppure, siccome è arrivata prima di voi, vi riesce a superare in tutto: abilità, successo, apprezzamento.
Questo è il mondo dove è nato Martian Manhunter, alieno del pianeta... beh, Marte, arrivato per la prima volta sulle pagine di un fumetto nel 1955, per la precisione sulle pagine dell'antologico Detective Comics, per penna di Joseph Samachson e matite di Joe Certa.
Come il titolo dell'antologia suggeriva, il nostro eroe, che all'anagrafe aliena si chiamava J'onn J'onzz, veniva teletrasportato dal suo pianeta natio alla nostra Terra per un errore di uno scienziato, e costretto a rimanere sul nostro pianeta decidendo di diventare un detective privato dal nome di John Jones.
Ora, a differenza di molti altri personaggi apparsi su Detective, John aveva dalla sua un qualcosa di molto particolare, che farebbe venire la bavetta alla bocca a tutti quelli che quando si parla di supertizi pensano solo a chi potrebbero battere in uno scontro: una serie di superpoteri tale da farlo sembrare un coltellino svizzero. John poteva volare, era superforte, sparava i raggi laser dagli occhi, cambiava forma, poteva diventare intangibile come un fantasma, invisibile, aveva i supersensi e leggeva nel pensiero, risultato così a conti fatti uno degli eroi più potenti di tutta la DC Comics, e come molti eroi della casa editrice aveva un fatale punto debole: una debolezza psichica e fisica al fuoco. Insomma, per distruggere questo titano, bastava avere in tasca un accendino.
E se siete bravi detective, ora vi starete chiedendo, cosa c'entri tutto questo con il preambolo, e la risposta è molto semplice, J'onn J'onzz voleva essere una sorta di fusione fra le due punte della DC, Superman (che, ricordiamo, dagli anni 30 agli anni 80 era il titolo di punta della casa editrice) e Batman. Ma non serve essere dei geni, per capire che se un lettore doveva scegliere, fra la versione originale e quella del discount, avrebbe scelto l'originale, e così il segugio di Marte non riuscirà a vivere una vera vita da protagonista a lungo, finendo poi relegato ad essere un comprimario all'interno dell'albo Justice League of America che vedeva i più grandi eroi del mondo uniti contro enormi minacce (che, nelle loro prime avventure potevano stranamente essere tutte battute dividendosi in piccoli gruppi, e fidatevi, io della Lega della Giustizia ho letto ogni singola uscita), e poi dimenticato da tutti negli anni 70.
Però, il segugio di Marte aveva del potenziale inespresso, e questo verrà capito da vari autori degli anni 80, che lo riporteranno in auge, sempre come comprimario di varie testate di gruppo ed alcune miniserie, arrivando poi agli anni 90, con un rilancio in grande stile dalla Justice League, capitanato dallo scrittore Grant Morrison.
Probabilmente fra i tre cicli più influenti della storia del titolo, questa nuova incarnazione della Lega della Giustizia si focalizzava su un cuore di sette personaggi iconici dell'universo DC, fra cui appunto il nostro segugio di Marte, che grazie a questo aumento di popolarità otterrà una cosa che non aveva mai avuto: una serie regolare da solista.
E così, nel 1998, per 38 uscite John Ostrander, Tom Mandrake ed altri artisti ci portarono in un'esplorazione spaziale del tutto nuova, fra sabbie rosse e ricordi di fuoco.
Questo perché la serie regolare di Martian Manhunter si proponeva un obbiettivo molto ambizioso, quello di spiegare un sacco di non-detti sulle origini del nostro eroe, sulla cultura di Marte, e perché no, cercare di creare un mondo nuovo attorno ad un personaggio che, nella sua storia, aveva sempre vissuto in funzione degli altri, ed in competizione voluta o non voluta con alcuni dei pesi massimi del suo universo, una sfida quasi impossibile, se non fosse stata affidata a due autori fuoriclasse, che giusto qualche tempo prima, erano riusciti a rendere un fumetto sull'incarnazione dell'ira di Dio una delle opere più toccanti mai scritte nel panorama USA, quindi non certo i primi venuti.
E per costruire qualcosa di solido, bisogna partire dalle basi, e quelle basi saranno tutta una serie di storie che ci racconteranno in modo organico tutta la cultura marziana, una cultura basata sul mutamento, e sul doppio.
Ogni marziano, anzi ogni abitante del pianeta Ma'aleca'andra come veniva chiamato dai nativi (in una finissima citazione a C.S. Lewis) nascendo in grado di mutare completamente il suo aspetto, viveva una vita in piena evoluzione, basata spesso su due concetti diametralmente opposti. J'onn era un filosofo, ed un guerriero, suo fratello un prete ed un astrofisico in un gioco di equilibri e di ossimori estremamente affascinante.
Questa vita marziana, non era fatta poi solo di grandi idee e grandi concetti, ma anche di piccoli segnali di stile impercettibili, come il fatto che nessuna casa marziana possedesse le porte, visto che il suo popolo poteva passare attraverso i muri, o che per fare l'amore i marziani fondessero letteralmente il loro corpo con quello del partner.
Tutto questo, intervallato da alcune sequenze d'azione mozzafiato, illustrate da un Mandrake in stato di grazia, che si trovava di fronte ad una sfida difficilissima: quella di dover illustrare le infinite possibilità marziane. Sfida che vincerà con una semplicità disarmante.
Il tratto di Mandrake, influenzato dal maestro Joe Kubert, è un mix di tratteggi quasi tagliente, un tratto che ha sempre un margine di durezza, anche quando disegna cose innocue come un gattino, riuscendo a dare una sensazione di inquietante solidità ad ogni tavola. E se le cose innocue sono ipnotiche, immaginatevi cosa Mandrake può fare con i mostri, e col fuoco. Creature che sembrano uscite dalla più remota regione dei nostri incubi che si muovono sulla pagina con una leggerezza ed un armonia cangiante, quasi danzassero mentre sono pronti a succhiarti via l'anima dal corpo, in una serie di sequenze in bilico fra il leggiadro e la gravitas vera. Insomma, ogni tavola gronda di ossimori, in equilibrio perfetto fra di loro.
Non si può poi non spendere una nota per la pletora di disegnatori supplenti che accompagneranno Mandrake nell'illustrazione, un florilegio di giovani promesse e vecchie glorie che riusciranno senza problemi ad imprimere la loro personalità in ogni tavola, approfittando dell'infinità quantità e qualità di situazioni che erano possibili solo in un fumetto così alieno.
In tutto questo, come nei più grandi misteri, c'era sempre sullo sfondo quella domanda, quel “perché dovrebbe interessarci di Martian Manhunter”, quel “perché ne stiamo parlando in una rubrica che dovrebbe parlare di quelle storie essenziali per il fumetto americano?”.
E la risposta era tanto semplice quanto complesso: questo, era l'unico fumetto sugli scaffali, che parlava di umanità, guardandola dall'esterno.
Perché, certo, Superman è un alieno, Aquaman è figlio di una regina, Wonder Woman è figlia di un Dio, ma sono tutti fondamentalmente cresciuti con valori ed ideali umani, mentre J'onn J'onzz... no.
J'onn in questo ciclo era l'outsider per eccellenza, la persona che arrivava in un luogo nuovo, vi ci si trovava bene ma non si sarebbe mai sentito veramente a casa. Eppure, a quel posto ci teneva così tanto da dedicare la sua vita a proteggerlo.
Ostrander e Mandrake ci porteranno così in un viaggio attorno al mondo, e al tempo, dove scopriremo che il nostro segugio di Marte non ha solo un'identità segreta, ma ne ha centinaia, tutte sparse per il mondo, ognuna nata e cresciuta per comprendere meglio ogni singola sfaccettatura dell'uomo, quell'essere strano che non può cambiare forma, ma che può cambiare sostanza con una semplicità disarmante. Un'umanità che J'onn aiuta, mettendo le pezze dove Superman non arriva, un eroe senza una vera connotazione nazionale (certo, Superman è di tutti e per tutti, ma è fondamentalmente americano nel cuore) che veniva visto e percepito in modo diverso in tutto il mondo: in Sud America J'onn è visto come un vero macho, in Giappone come un manga, e così via, in una lezione di filosofia sulle prospettive, dove ogni tanto c'erano pure le botte.
E che botte.
In questa serie J'onn affronta una sua controparte malvagia, vermi sputafuoco, marziani crudeli, gli abitanti di Saturno ed il dio del male in persona, Darkseid, e persino il futuro dell'universo DC (i marziani invecchiano mooolto lentamente, e J'onn arriverà ad avere quasi duemila anni), in un modo bombastico e creativo che rende giustizia ad un arsenale così vasto come quello che ha a disposizione il nostro eroe, il tutto accompagnato da alcune note agrodolci in sottofondo.
Questo perché, come spesso capita con la serie regolari, anche questo ciclo di Martian Manhunter sarà un pelo penalizzato dal suo essere inserito all'interno del grande affresco narrativo DC, e tutti i vari tie-in pubblicati al suo interno (ovverosia degli albi legati a questo o quell'altro mega-evento che stava in quel momento sconvolgendo la casa editrice) pur essendo divertenti, interromperanno un po' il ritmo più delicato della storia.
Addirittura il secondo albo della serie sarà parte di un tie-in dell'evento One Million, che vedeva i nostri eroi combattere nel futuro 853esimo secolo una terribile minaccia, ma immaginate essere un lettore che si approccia per la prima volta ad una serie a fumetti, e dopo una premessa su Marte, sulla filosofia SBAM si trova in faccia un gigaevento impermeabile a chiunque non abbia letto altri mille albi. Ecco, Ostrander e Mandrake fecero buon viso a cattivo gioco, ed usarono quel numero futuro per gettare un po' le premesse della serie, e far sì che il J'onn del domani lasciasse un messaggio segreto per il J'onn di oggi, un messaggio tutto sommato semplice, ma che ci colpirà con una potenza devastante, eppur aggraziata nell'ultimo numero.
E potremmo continuare a parlare per ore ed ore di tutto il resto, delle citazioni alle prime avventure del personaggio, del gioco delicatissimo di rendere il dio del fuoco marziano anche il dio dell'arte perché sono spesso le cose che ci fanno più paura quelle che ci scuotono di più... ma poco conta, rispetto a quell'ultimo, grande messaggio, un messaggio universale, che trascende i mondi e le culture, e che sostanzialmente, come tutte le grandi lezioni filosofiche, è semplicissimo da scrivere, ma difficilissimo da mettere in pratica.
Quando si parla di un fumetto, si parla sempre di quanto sia bella la storia, la trama, ci si ricordano le frasi ad effetto, si parla meno spesso dei disegni liquidandoli con qualche aggettivo (buono o cattivo che sia), e non fatemi parlare di quante volte non si parli dei colori o del lettering (ed a questo giro sono colpevole pure io, ma vi assicuro che ambedue in questa serie sono di livelli altissimi) ma quante volte capita di trovare un fumetto che riesce non solo ad avere un equilibrio perfetto fra le sue parti “tecniche”, ma anche a livello concettuale? Quante volte, una serie nel trovare il punto dove gli opposti si toccano, è così surreale? Mainstream ma con tocchi da indie, esplosiva ma riflessiva, morbida ma tagliente? Capita poche, pochissime volte, ma era facile capirlo, perché questa serie, non è di questo mondo. Questa, è una serie che viene da Marte.
Giovanni Campodonico
Trovate tutte le puntate della rubrica Essentials qui.