Affinità-divergenze fra il fumetto e noi - Del conseguimento della maggiore età. 4: Sandman

Due pareri a confronto sull'opera di Neil Gaiman

Premessa:

Gli autori di questa rubrica hanno un background simile e apprezzano entrambi molte opere ma esistono, come è giusto che sia, delle differenze di vedute. Poche in realtà: la più grossa probabilmente verte su Sandman.

Ma prima di procedere a spiegare i motivi, fermiamoci un attimo e inquadriamo questo fumetto.

The Sandman è un fumetto creato da Neil Gaiman e pubblicato dalla DC Comics da Gennaio 1989 fino a Marzo 1996: il personaggio principale è Dream (Sogno, nella versione italiana), uno dei sette Endless: Death, Destiny, Dream, Destruction, Desire, Delirium e Despair (Morte, Destino, Sogno, Distruzione, Desiderio, Delirio e Disperazione), ovvero una famiglia estremamente disfunzionale e dai poteri sconfinati. Partendo dal “ritorno” di Sogno veniamo catapultati in vicende che percorrono il tempo e lo spazio dall’Inferno a particolari convention.

È un fumetto che è presto assurto a un livello di culto anche grazie alle meravigliose copertine di Dave McKean e al raffinato lettering di Todd Klein, diventando alfiere dell’etichetta Vertigo che, grazie al lavoro illuminato di Karen Berger, produrrà capolavori come Enigma, Preacher e Sandman: Mystery Theatre; su quest’ultimo torneremo più avanti. 

Ora che sono stati definiti per grandi linee i tratti della storia, veniamo al dunque: Luca (Frigerio, n.d.r.) avrà due possibilità di esporre la sua tesi, ovvero che Sandman non è quel capolavoro conclamato, mentre Cristiano (Brignola, n.d.r.) smonterà le sue obiezioni spiegando i motivi per cui Sandman è veramente una pietra miliare.

Perché questo? Perché crediamo che non esistano dogmi o figure intoccabili, così nella vita e quindi neanche nel fumetto.

1. Luca:

La tocco subito piano. Lungi da me non essere consapevole che Sandman sia stato fondamentale a livello editoriale per la nascita di un certo tipo di fumetti e abbia aiutato Karen Berger a creare quella meravigliosa etichetta che portava il nome di Vertigo, ma Sandman rimane il perfetto esempio di fumetto che leggi a sedici/diciassette anni e sembra che parli di te, che parli proprio a te. Tuttavia non è così: Death non è una splendida ragazza comprensiva e sensibile; gli Endless più che creature mitiche sembrano (troppo) spesso le emozioni di Inside Out della Pixar.

Cristiano:

In parte è innegabile che Death sia stata fatta per essere l’amore adolescenziale di qualunque lettore di Sandman. Io continuo ad amarla ma con gli anni il discorso sull’aver vissuto una vita intera (non importa se duri un anno o novanta) l’ho inevitabilmente messo molto in discussione rispetto a un tempo.

Su molte altre cose, però, Sandman – che ho riletto più o meno tutto pochissimo tempo fa - continua a parlarmi come quando avevo diciassette anni, solo che lo fa su argomenti diversi: il rapporto soffocante con i doveri, ad esempio, e il modo in cui vengono usati per sfuggire dalle responsabilità o l’importanza che le storie e la narrazione rivestono nella vita personale o collettiva. Il fatto è che le storie sono magia e Alan Moore ce l’ha detto esplicitamente con Promethea e Providence… solo che noi lettori di Sandman lo sapevamo già.

Non concordo molto con il discorso sugli Endless perché, a dir la verità, quasi ciascuno di loro ha un segreto che va molto oltre la loro apparenza: Morte si scopre non essere stata affatto sempre così empatica ma aver dovuto imparare a esserlo; Disperazione ha legami affettivi che non pensavi potesse coltivare, mentre Desiderio vuole distruggere Morfeo ma, in qualche modo distorto, anche “scuoterlo” dalla sua stasi perenne. Delirio, in Vite Brevi, non è solo lo sbirulino fuori dai coppi che abbiamo conosciuto… è affettuosa ma anche spaventosa e disumana. Distruzione ha una complessità estremamente umana sul lasciarsi le cose alle spalle per farne nascere di nuove. E Morfeo… beh, lui lo difendo nel prossimo punto. 

2. Luca:

È un mondo dove i cattivi sono così e rimangono così, non ci sono sfumature come in Hellblazer, vero capolavoro della Vertigo. In più il nostro buon Sogno è il classico monarca inflessibile con i sudditi e con chiunque non accetti le sue decisioni. Infastidito di essere anche lui non libero nel suo percorso.

Cristiano:

Il cattivo più terribile di tutti, l’antagonista, in Sandman è lo stesso Morfeo, ligio a dei doveri che si è lui stesso imposto fino all’autodistruzione, capace di azioni terribili come distruggere senza tanti complimenti il povero Hector Hall, condannare suo figlio a un’eternità come fermacarte a forma di testa, mandare letteralmente all’inferno una donna che ha osato dirgli di no (alla faccia dell’incel, Morfeo). Eppure tutta la sua storia è quella di una crescita, della presa di coscienza di quanti danni abbia arrecato e di come alla fine non concepisca altro modo di imporsi un cambiamento se non autodistruggendosi con un piano contorto… perché su, lo sappiamo tuttə che è lui a dare il La a tutta la linea di eventi disastrosi che gli portano le Eumenidi contro. Nella Stagione delle Nebbie ci sono le prime avvisaglie, ma dalla fine di Vite Brevi in poi Morfeo innesca un processo di cambiamento, morte e rinascita. 

Allo stesso tempo, molti cattivi vengono trattati con un’umanità che all’epoca era veramente difficile vedere in un fumetto: il fatto che Buffoland (Casa di Bambola) muoia con un suo finale di “riappacificazione” e sia molto esplicitamente un pedofilo è un qualcosa che non credo abbiamo mai visto prima. Stessa cosa per Hyppolita Hall o Thessaly: sono antagoniste e a loro modo “cattive”? Sì, però come è possibile non capirle ed empatizzare con loro? Bob Gadling è il migliore amico di Morfeo e una figura tratteggiata perennemente come positiva, ma possiamo dimenticare che si sia arricchito col commercio di schiavi? Insomma, mi pare che in Sandman le sfumature siano davvero molte, invece.

Ora ribaltiamo la questione, tocca alla Difesa.

3. Cristiano:

Sandman è un fumetto ancora incredibilmente moderno nel modo in cui tratta i personaggi e nella loro rappresentazione. Gaiman aveva già normalizzato i suoi lettori a personaggi di ogni genere, presentati tutti mai in termini retorici o pietosi, ma come interessanti e carismatici. Orientamenti sessuali che all’epoca venivano trattati in modo strappalacrime o non trattati affatto come l’omosessualità, qui erano raccontati in modo assolutamente normale, con characters che non erano definiti solo da quello, ma dall’avere un profilo interessante: da Foxglove e Hazel alle più creepy Chantal e Zelda, fino a Desiderio, con un’identità fluida. E anche se Desiderio è spesso l’antagonista dei cicli di Sandman, ha un fascino che spesso ti fa dire: “ecco, vorrei essere così”. 

Ovvio che l’essere stato scritto alla fine del vecchio millennio è qualcosa che influisce sulla scrittura e non tutto è invecchiato bene (Game of you, sto guardando te, l’unico ciclo ad avere cose tuttora un po’ cringe), ma è innegabile che Gaiman si sia posto problemi su cui gli sceneggiatori di adesso stanno iniziando a riflettere solo di recente, spesso spinti da editor e da un contesto culturale molto più progredito di quello in cui si trovava l’autore di Sandman all’epoca. 

Luca:

Vero. Gaiman ha sempre posseduto la capacità di capire quale fosse il suo pubblico, questo però dipende anche da due fattori: non si è mai considerato come “semplice” fumettista ma più come narratore a 360°, tanto più che poi amplierà il discorso divinità/esseri umani nei suoi libri. American Gods su tutti.

Sulla questione che Gaiman fosse avanti non ne sono molto sicuro, credo che molto sia dovuto al marketing della DC e all’adorazione che legioni di persone provano per il buon Neil, perché ai tempi del primo numero di Sandman già uscivano - o gli erano contemporanei - Love and Rockets dei fratelli Hernandez, Heightball di Daniel Clowes o Yummy Fur di Chester Brown. Forse solo la prima ha avuto un seguito consistente, ma neanche Sandman avrà mai numeri da capogiro (anche se poi le edizioni in volume venderanno e vendono tuttora), ma erano fumetti in cui già si affrontavano temi molto distanti da quelli dei comics supereroistici.   

4. Cristiano:

Sandman è un’opera stilisticamente raffinatissima come struttura narrativa e quanto di più simile mi ricordi, nel mondo dei fumetti, a una tragedia greca o elisabettiana in chiave pop (a naso, direi che l’altro esempio che mi viene in mente non appartiene ai fumetti, ed è il ciclo di Elric di Moorcock): non è un caso che Shakespeare sia un personaggio ricorrente e che la vicenda si chiuda con l’intervento delle Eumenidi, proprio come un’opera da letteratura greca.

Questo tipo di racconto è molto più complesso da gestire di quanto non possa apparire: hai bisogno di un personaggio che si infligga una condanna con le proprie mani e che lo faccia mettendo in moto una catena di eventi da cui non possa uscirne che schiacciato. Per arrivare a questo risultato Gaiman spesso fa cose molto interessanti come “sacrificare” il protagonista a figura di sfondo e usarlo come filo rosso per le vite di altri personaggi, in una storia sempre più corale. Via via che si va avanti, ci si rende conto che anche le storie più lontane dalla trama orizzontale, anche i raccontini stand alone, hanno una funzione in questo senso. 

Se molti fumetti Vertigo del tempo erano delle bellissime storie di protagonisti come Constantine, Shade, Swamp Thing etc, Sandman non è mai stata solo la storia di Morfeo, ma del mondo che gli gravitava attorno. Un mondo fluido e aperto al cambiamento anche perché i comprimari di Sandman vengono ripresi, crescono, evolvono. Barbie, da incarnazione della moglie perfettina, diventa una specie di punk urbana; Foxglove e Hazel hanno crisi e riconciliazioni, Lucifero parte come un villain desideroso di vendetta e finisce come qualcuno che ha bisogno di essere lasciato in pace e, a differenza di Morfeo, di farsi una vita lontana dai propri “doveri”. Tutti, insomma, hanno dei payoff continui. 

Quello di Sandman è un mondo in cui lo scettro del protagonista è ceduto di volta in volta.

Luca:

Giustamente tu affermi che “Sandman non è mai stata solo la storia di Morfeo”, verissimo, ma io la vedo come la dimostrazione che a Neil Gaiman non importasse tanto del suo protagonista, quanto di raccontare storie in cui era lui stesso il vero perno su cui gira tutta la vicenda, cosa che si può ritrovare in molti altri fumetti come Corto Maltese, alter ego di Hugo Pratt; tuttavia, mentre Pratt era autore singolo, in Sandman tutti gli altri artisti sono intercambiabili o quasi, ridotti a comparse (fatta eccezione per il letterista Todd Klein).

La sovrapposizione tra Morfeo e Gaiman stesso ha talmente giovato alla fama e al successo dello scrittore tanto da minacciare di troncare i rapporti con la DC nel caso Sandman fosse stato affidato anche ad altri sceneggiatori. Ipotizziamo che Alan Moore avesse fatto lo stesso con il personaggio di John Constantine, quante meravigliose storie ci saremmo persi? (Sì, ci saremmo anche risparmiati quella tragica serie televisiva con un cosplayer come protagonista, ma questa è un’altra storia).

Fine? Quasi.

Sia chiaro nessuno di noi due ha la verità in tasca né abbiamo l’interesse ad averla, pensiamo solamente che il nostro settore si prenda spesso troppo sul serio e che viva di assolutismi che con il fumetto hanno poco a che spartire, perché l’importante è che un’opera vi colpisca, vi faccia provare emozioni e che non sia un mero involucro per stantie scenette. Per quelle esiste già la vita reale. 

Luca Frigerio & Cristiano Brignola

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