I lettori di fumetto conquistano il mercato editoriale italiano

Un'analisi alla luce dei recenti dati sullo stato dell’editoria dell’AIE (Associazione Italiana Editori)


I lettori di fumetti che hanno vissuto la loro adolescenza a cavallo tra gli anni Novanta e i primi anni Zero se lo ricordano bene: i fumetti si trovavano solo nelle edicole (spesso accanto a riviste dalle cui copertine ammiccavano procaci signorine) o nelle poche fumetterie delle città più grandi, in cui si radunava una popolazione di ragazzini considerati, nella migliore delle ipotesi, un po’ strambi dai loro coetanei. Leggere fumetti venti e più anni fa era quasi uno stigma sociale e non erano in molti i lettori che riuscivano a creare delle comunità reali in cui confrontarsi con altri appassionati.
Oggi il panorama è completamente cambiato, e se da un lato le edicole si sono svuotate un po’ – con pochi e ben riusciti tentativi di riportarle in auge, come l’ottimo Samuel Stern di Bugs Comics – al contrario le librerie di varia si sono riempite di titoli: il successo dei graphic novel ha trascinato negli scaffali di librerie indipendenti e di catena montagne di titoli tra manga, comics, bd, fumetto d’autore e seriale, tutti presentati con una cura editoriale impensabile un paio di decenni fa, quando aprire con scarsa attenzione un volumetto significava vedere una cascata di pagine scollate rovinare sul pavimento.

Nona arte e non più non arte, il fumetto è riuscito finalmente a farsi riconoscere come prodotto artistico-letterario di valore. Il report annuale sullo stato dell’editoria dell’AIE (Associazione Italiana Editori) del 2021, presentato lo scorso dicembre all’ultima edizione di PLPLPiù libri più liberi, la nota fiera romana di piccola e media editoria – metteva nero su bianco quello che gli appassionati avevano già notato negli ultimi anni: il mercato dei fumetti è in rapidissima ascesa (+ 188% rispetto al 2020), il numero dei lettori di fumetti cresce (18% della popolazione italiana contro il 6,7% del 1996) sfiorando i 9 milioni di lettori, e coinvolge lettori più o meno giovani, concentrandosi soprattutto tra i 18 e i 54 anni.




Questo report smentisce tanti luoghi comuni, quello forse più importante è il dato sulle letture dei lettori di fumetti che, contrariamente a chi pensa a questo mezzo come non-letteratura, leggono tanto altro: l’83% dei lettori di fumetti, ad esempio, legge anche libri di altro genere (narrativa, saggistica, eccetera), contro una media nazionale del 52%, ma sono anche consumatori più forti di altri prodotti culturali come ebook, podcast e audiolibri. La passione per la narrativa a fumetti, dunque, non solo non è una sorta di ghetto culturale e sociale, ma anzi sembra prevalere tra chi ha tanti interessi e si tiene informato su canali diversi.


Inoltre, i lettori di fumetti sono, secondo i parametri solitamente utilizzati nelle statistiche di questo tipo, lettori forti, anzi fortissimi: sempre l’AIE, in un report sui dati di lettura in tempo di pandemia presentata a ottobre scorso al Salone del libro di Torino, ci dice solo il 9% dei lettori legge più di dodici libri all’anno, mentre la media dei lettori di fumetti è di 17,5 libri letti ogni anno, con il 41% che legge più di dodici volumi ogni anno. E non è difficile immaginare che basta seguire solo due serie con cadenza mensile per raddoppiare queste statistiche.


Sarebbe facile pensare che la pandemia abbia portato tanta gente a decidere di trascorrere una parte del lungo periodo di lockdown a leggere, eppure sempre l’AIE racconta che tutto questo non ha influito più di tanto sulle abitudini di lettura degli italiani che restano bloccati dalle solite barriere strutturali e geografiche (al Nord si legge più che al Sud, i laureati leggono più di chi ha titoli di studio inferiori, le donne leggono più degli uomini) senza nessuna grande novità se non che chi leggeva prima in pandemia ha letto un po’ di più (e magari ha scoperto per la prima volta i fumetti). 





Ma davvero dobbiamo rendere grazie al Covid per la crescita della vendita/lettura di fumetti? Credo proprio di no. Il successo di vendite che vediamo oggi ha un’origine un po’ più lontana nel tempo e penso si possa trovare proprio nelle abitudini dei lettori che negli ultimi anni hanno premiato alcune scelte editoriali, che oggi sono diventate lo standard.

Uno dei primi casi editoriali che ebbe enorme risonanza anche fuori dai soliti canali (forum prima e social poi) frequentati dai soli appassionati fu La profezia dell’armadillo di Zerocalcare, pubblicato nel 2011 – dopo una prima versione autoprodotta – dalla casa editrice milanese Bao Publishing. Viene sempre nominato come il libro che ha cambiato la vita di Zerocalcare, ma probabilmente ha dato una scossa all’intero mercato editoriale italiano (e un po’ anche alla vita di noi appassionati lettori di storie con le nuvolette).


Il successo di quel libro (giunto oggi alla sua ventiquattresima edizione, con centocinquantamila copie vendute) ha aperto gli occhi a editori e librai: il fumetto è diventato la pentola d’oro dell’editoria italiana, le librerie di varia si sono riempite prima dei titoli di Zerocalcare e poi via via di esordienti (moltissimi autori italiani hanno pubblicato i loro primi titoli negli ultimi dieci anni, diventando dei veri e propri fenomeni, come ad esempio il fumettista e youtuber Sio, apprezzatissimo soprattutto tra i più giovani), di traduzioni di titoli stranieri, nuove edizioni di classici eccetera. Moltissimi editori hanno ormai una loro collana di graphic novel (la più recente è la neonata Cosmica di Minimum Fax) e gli editori storici di fumetti collezionano record uno dopo l’altro, come ad esempio Star Comics, la casa editrice perugina specializzata in manga attiva dal 1985, che nel 2020 è stata al primo posto nella classifica GfK per copie vendute tra gli editori indipendenti italiani e nel 2021, dice Paolo Melati sul Venerdì di Repubblica, è arrivata al terzo posto nella classifica generale per vendite dopo giganti come Mondadori e Einaudi, e che più volte si è trovata ai primi posti delle classifiche di vendita con One Piece.


I dati del nuovo rapporto di AIE, pubblicati il 19 maggio al SalTo ci dicono inoltre che proprio l’anno della pandemia ha visto meno novità tra le pubblicazioni a stampa, che sono aumentate nel 2021 e che continuano a crescere anche all’inizio di quest’anno. Il fumetto sembra essere diventato la forma di narrativa più di successo e il dato è ancora più significativo se guardiamo il grafico relativo alle vendite per categoria: i manga, la tipologia di fumetti più osteggiata dal luogo comune (consigliato su questo argomento il saggio dello storico esperto del Giappone contemporaneo Jean-Marie Bouissou Il Manga, edito nel 2011 da Tunué), che solo negli ultimissimi anni ha trovato il suo spazio nelle librerie di varia accanto agli già sdoganati graphic novel occidentali, traina l’intero settore, superando il 40% della produzione a stampa.







Queste statistiche, insieme ai tanti titoli a fumetti che negli ultimi anni si sono conquistati un posto nelle top ten delle classifiche di vendita e al moltiplicarsi di collane da edicola dedicate al fumetto, delle fiere tematiche, dei cinecomics e delle serie animate disponibili sui più noti canali di streaming, sembrano mostrare che gli editori italiani – e più in generale il mercato dell’intrattenimento – abbiano finalmente imparato la lezione di Will Eisner: nel 1978 fu il primo a definire con consapevolezza una sua opera, Contratto con Dio, con l’espressione graphic novel
Eisner non inventò né il termine né scrisse qualcosa di diverso rispetto ai comics, già allora in piena età d’oro in America. La sua fu una geniale mossa imprenditoriale che mirava a rendere il fumetto qualcosa di più affine – in termini squisitamente classificatori – al romanzo (novel), liberarlo da quell’etichetta che lo voleva poco più che un passatempo per ragazzini e riuscire a far riconoscere al grande pubblico la sua dignità letteraria. E capì che per farlo, bastava semplicemente dargli un nome migliore.

Certo, è impossibile trovare dati semplici e schematizzabili che spieghino questo successo, ma guardare all’attuale panorama editoriale italiano – moltissimi titoli, grandissima cura editoriale, marketing massiccio che comincia ad andare fuori dall’ambito virtuale dei social e invade strade e stazioni (come nel recente caso di Kaiju n.8), fiere ed eventi dedicati al mondo della letteratura in generale, in cui negli ultimi anni si sono moltiplicati gli stand degli editori di fumetti – ci permette di capire qualcosa di più sul lettore di fumetti tipo: è un lettore forte, spesso un collezionista, legge anche altri libri, probabilmente non si perde l’ultimo cinecomics o non rinuncia ad un abbonamento streaming su cui segue serie animate tratte da opere cartacee.

È il lettore che negli ultimi dieci anni ha premiato gli editori che hanno fatto le scelte migliori sia per i titoli proposti sia per le edizioni esteticamente e materialmente più curate – anche letteralmente, i più famosi sono probabilmente i Nekoaward di Animeclick che ogni anno, tramite sondaggi degli iscritti al sito, tra le tante categorie ne hanno dedicata anche una agli editori di manga. È il lettore che ha condiviso la sua passione, che ha creato contenuti sui social, che ha raccontato la sua passione e ha magari contagiato qualcun altro, che ha viaggiato per andare ai festival tematici per conoscere i suoi autori preferiti o accaparrarsi una qualche variant esclusiva, che ha insomma svolto un ruolo attivo nel cambiamento degli ultimi vent’anni. E che probabilmente durante la pandemia non ha cambiato poi tanto le sue abitudini di lettura.

Claudia Maltese (aka Clacca)


Tutti i grafici (tranne dove diversamente specificato) sono tratti dai report dell’AIE (Associazione Italiana Editori) che potete trovare qui.

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