Essentials: Archie Comics

Un fumetto di cui non si parla abbastanza

Ci sono molte, moltissime volte in cui un nostro amico o conoscente ci racconta una storia, ma dimentica di darci un pezzo del contesto piuttosto grosso per poterla apprezzare del tutto, rendendola tutto sommato monca. 

Ed è una sensazione strana, sia il sentire la storia, sia il raccontarla, e rendersi che in effetti sì, quella cosa che abbiamo lasciato fuori non è una cosa piccola, anzi, era cruciale eppure non ci avevamo mai ragionato molto sopra. 

Per questo, credo sia giusto dedicare parte di questa rubrica sui fumetti essenziali del panorama americano ad un fumetto per ragazzini degli anni 40, che aveva come protagonista un campagnolo di nome Chick


Ora, la storia l'avrete sentita tutti: negli anni 20 le strisce a fumetti sui giornali diventano popolarissime, negli anni 30 si inizia a pubblicare tutta una serie di raccolte di storie apparse sui quotidiani, ed in seguito storie inedite, e nel 1938 due ragazzi di nome Jerry e Joe fanno il botto creando un tipo in pigiama che adora saltare i palazzi in un solo balzo, far mangiare la polvere alle pallottole ed umiliare le locomotive a braccio di ferro. 

La concorrenza vede quello che stanno facendo i tizi che hanno pubblicato Superman, e non è che sappia benissimo cosa fare. O meglio, lo sa perfettamente: vuole creare un nuovo Superman, e ci prova in tutti i modi, con il plagio, con una declinazione diversa, o persino migliorandolo in quasi tutti gli aspetti (sto guardando voi, Bill, Otto e C.C., che con quel Capitan Marvel avete proprio fatto una cosa splendida), ma non è che si sapesse veramente cosa potesse essere un fumetto accattivante per i ruggenti anni 40, nessuno aveva una vera strategia. Cioè, nel 39 Fletcher Hanks scriveva di Stardust il Supermago, un personaggio quasi onnipotente che puniva i criminali con una bizzarra e truce ironia (e personaggio che adesso vi potete giocare nelle serate dove fata a gara con i vostri amici a chi ne sa di più di fumetti. Prego), e dall'altro lato della barricata Bill Finger inventava Batman che era un tizio senza potere e moltissimi soldi. Non è che ci fosse proprio una regola, e se vogliamo essere pedanti non c'era neanche una vera e propria grammatica del fumetto. 

E così, nel 1941, sulla rivista contenitore Pep Comics 22 che ci aveva portato eroi di primo piano come The Shield, The Comet (peraltro il primo supereroe nella storia a morire ed essere rimpiazzato) e Madam Satan faceva la sua prima apparizione il rosso Archie Andrews alias Chick, un ragazzotto normalissimo, che viveva una normale vita di periferia, facendo la corte alla bionda Betty Cooper e che aveva un amico musone che indossava un buffo cappello chiamato Jughead (un cappello strano per gli standard odierni, ma si trattava in realtà di un normale cappello fedora la cui tesa veniva tagliata in modo da formare una coroncina, com'era uso dei meccanici anni 30). 

Il personaggio, creato da John L. Goldwater, Vic Bloom e disegnato da Bob Montana, voleva essere una sorta di riempitivo fra una storia di supereroi e l'altra, un intervallo comico fra le botte in costume com'era consuetudine all'epoca, ma qualcosa di quell'Archie Andrews lo rendeva speciale. Quattro numeri dopo, su Pep Comics 26 del 1942, arriva sulla scena la mora Veronica Lodge, una ricca ereditiera di cui Archie si invaghisce perdutamente, completamente diversa dalla tipica ragazza della porta accanto Betty, che ovviamente non apprezza molto l'arrivo di una spasimante per il suo spasimante, ed ecco così settato uno dei triangoli amorosi più lunghi, e più innocui della storia del fumetto (e sì, dopo un paio di numeri smette anche di farsi chiamare “Chick”). 

Perché, certo, per noi lettori del presente, un triangolo amoroso è dramma, è patemi, è struggersi per trovare una soluzione, ma i fumetti di Archie trattavano quasi ogni argomento come un semplice divertissement. Dopo solo qualche anno, Betty e Veronica diventarono amiche per la pelle, che sì forse ogni tanto litigavano per uscire con Archie, ma spesso e volentieri univano le forze per mettergli i bastoni fra le ruote. 


E nel frattempo, tutto il cast cresceva, la piccola città che faceva da sfondo alla storia diventava sempre più vera, sempre più reale, e prendeva il nome di Riverdale

Intanto, il successo di Archie cresceva, e cresceva tanto che nel 1946 la sua casa editrice cambiò nome da MLJ Publications in Archie Comics. Tutto sembrava andare benissimo ma nessuno era ancora pronto all'arrivo di un uomo, un uomo chiamato Dan DeCarlo, che avrebbe reso tutto semplicemente iconico.

DeCarlo, si era fatto le ossa sulle serie adolescenziali della Atlas Comics (che sarebbe diventata la Marvel Comics) per tutti gli anni 40, ed aveva uno stile tutto particolare, uno stile che deciderà di portare alla Archie, ridisegnando tutto il cast, dando vita ad una rappresentazione grafica e ad uno stilema redazionale che va avanti ancora oggi. 

Le linee tonde e morbide di DeCarlo, rendevano i personaggi abbastanza veri da sembrare umani, ma anche abbastanza espressivi e comici da sembrare cartoon, muovendosi come un funambolo fra i due stili diversi. 

Se Archie era un successo prima, con lo stile DeCarlo il fumetto diventerà uno dei più venduti d'America: negli anni 50 del 900 la Archie era la quarta casa editrice di fumetti in ordine di copie vendute, con più di tre milioni di albi acquistati ogni bimestre. 

E viene quindi da chiedersi: come mai? E soprattutto, perché non si parla moltissimo della Archie Comics?

Dunque, la risposta alla prima domanda, è piuttosto semplice, e direi che possiamo iniziare da quella:  Archie aveva successo perché era molto divertente. Con un mix di comicità fisica, di storie molto terra terra, un palcoscenico rurale con la quale la maggior parte degli americani poteva empatizzare, una castissima sottotrama romantica e una buona dose di buoni valori americani, Archie era per citare un grande uomo “Praticamente innocuo”.

I fumetti di Archi si potevano vendere dappertutto, non solo nelle edicole ma anche nelle drogherie, nei piccoli bar, Archie andava bene per tutti, non avrebbe offeso nessuno, faceva ridere quanto bastava, e non aveva troppe parole difficili rendendolo il fumetto ideale per imparare a leggere (visto che l'inglese essendo una lingua opaca, dove le lettere non si leggono sempre allo stesso modo, richiede un processo abbastanza lungo per essere letto correttamente, rispetto a quello italiano). E negli anni 50, il resto dei fumetti non era proprio...leggero. Dall'altro lato della barricata, la EC Comics pubblicava fumetti di guerra dove veniva rappresentato in modo abbastanza grafico un corpo che veniva disintegrato dall'esplosione della bomba atomica su Hiroshima, o dove un neonato piangeva cercando il padre, che ci veniva presentato morto due vignette dopo a causa di un assalto americano in un fumetto che condannava gli orrori di un conflitto, non cose proprio per tutti tutti, oppure avevamo storie di fumetti edulcorate, o dozzine di storie malfatte su tipici ragazzi americani che aveva tutti una stranissima somiglianza col nostro eroe dai capelli rossi, e per seguire un falso, allora tanto valeva seguire l'originale. 

E quindi Archie cresce. Cresce perché è intelligente, cresce perché è buffo, e cresce perché è furbo, perché ogni tanto ti lancia un messaggio pedagogico intelligente e ben studiato. 

Pensate che negli anni 60, Archie ed i suoi amici iniziano poi a mutare di nuovo: iniziano a vivere tutta una serie di avventure bizzarre, dove diventano supereroi, spie, viaggiano nel tempo, e tutto il cast grazie alla sua personalità molto efficace riesce a calarsi in ognuno di questi ruoli a meraviglia, anche nel ruolo di eroi dei cartoni e della musica. Nel 1969, Archie ed i suoi amici formano una band a cartoni animati, che rilascia un singolo chiamato Sugar Sugar, che per quattro settimane fu in cima alla lista delle canzoni più ascoltate in America, ed un successo planetario.


E poi... e poi ci fu una brusca discesa. Per tutti gli anni 70 ed 80 Archie non riusciva più a dettare la moda, solo a seguirla, eppure provo in tutti i modi a risalire la china, lanciando anche tutta una serie di spin-off, come la serie magica Sabrina, la strega Adolescente o la serie musicale Josie e le Pussycats, entrambe deliziose, ma senza quel brio che aveva reso grandissima la casa editrice. Negli anni 90, Sabrina viene opzionata per una serie live action, ed è un successone, ma lo stesso la Archie non vende più come un tempo, ma è lo stesso l'unica casa editrice i cui fumetti sono ancora venduti nelle drogherie. 

E sì, lo so che non ho ancora risposto alla seconda domanda. 

Si prova di tutto, si prova a copiare altri stili, la serie di Sabrina per un po' viene disegnata con uno strano stile manga, si lanciano spin-off su spin-off, ed un bel mucchio di fumetti su licenza, ma le vendite non sono più quelle di una volta, ma la fiamma non si spegne, Archie non muore mai, e anzi, sono sempre di più gli sceneggiatori e disegnatori che parlano di come Archie sia stato il loro primo fumetto. 

Nel frattempo però, la casa editrice inizia ad attuare un piano tanto intelligente, quanto semplice: inizia a ristampare tutto. Essendo una delle case editrici più anziane sul suolo americano, la Archie ha effettivamente un catalogo sconfinato, e la maggior parte delle sue storie sono sorprendentemente moderne, e fanno ancora sorridere, quindi inizia un programma massiccio di ristampe, riuscendo a creare un ponte fra le generazioni, di chi aveva amato Archie anni prima e poteva rivivere le vecchie avventure, e chi vi si approcciava per la prima volta e poteva dare un occhio interessato al passato. Giusto per darvi un'idea, era possibile (ed è ancora possibile farlo) comperare una ristampa di 1000 pagine di vecchie storie della Archie, a meno di 20 euro. Certo, non si trattava di pietre miliari, ma per l'amore di tutto ciò che è sacro...1000 pagine di fumetto, quasi regalate. Andiamo, non bisogna essere genovesi per fiutare l'affare!

E poi, poi negli anni 2000 Archie arranca troppo, si prova a fare un film live action su Josie e le Pussycats che non viene accolto con troppo entusiasmo, e si pensa quasi alla fine di tutto...fino a che nel 2009 Archie non decide di svecchiarsi, di rendere Riverdale meno stantia, e lancia un sacco di iniziative interessanti che generano un sacco di rumore, che vanno da una serie parallela dove Archie sposa in un realtà alternativa Betty, e in un'altra Veronica, viene introdotto il primo personaggio apertamente omosessuale della storia della Archie, si lanciano spin-off horror e molto altro, fino ad arrivare al lancio della serie Tv Riverdale, che vede i nostri eroi come degli adolescenti alle prese con qualunque stratagemma narrativo mai creato nel mondo tondo, in una serie così fuori di zucca che fa il giro e resta fuori di zucca. 

E, di base, il grande pubblico internazionale non sa che Riverdale è basata su di un fumetto, come non lo sapeva di Sabrina, e come pensava che il film di Josie e Le Pussycats fosse basato su di un cartone animato. 

Per capire l'impatto che Riverdale può avere su di uno spettatore conscio di tutto il contesto, dovremmo vedere una serie Tv con Topolino e Pippo che si fanno di crack, cercando di vendere Pluto per comprarne dell'altro. Ma ci manca proprio quello, il contesto. 

Perché questo è un articolo folle, pieno di parentesi messe apparentemente a caso, ma in realtà era tutto un piano, per rispondere a quella maledetta, seconda domanda. Perché nessuno parla di Archie quando si parla di essenziali del fumetto? Non è una questione di qualità, andiamo, quante storie effettivamente belle di Batman ci sono, rispetto a quelle dimenticabili? Quante storie di anche giganti del fumetto sono noiosissime, eppure ancora oggi sono decantate perché sì? No no, non si parla di Archie, perché per parlare di Archie, e della sua importanza, bisogna essere americani, e se si è americani, il perché Archie sia fondamentale è un dato di fatto così plateale, che non vale manco la pena di dirlo.

Archie è così tanto infuso di cultura americana, è così parte di un tessuto sociologico così simile al nostro, e che ci è comunque stato presentato così tante volte da essere quasi familiare, ma è proprio quel “quasi” che ci ferma dal capirlo per davvero. 

Ed è un peccato, perché le storie di Archie sono davvero deliziose, per chi è cresciuto - come moltissimi lettori - a pane e fumetto umoristico, di cui il nostro paese ha una tradizione immensa (e di base, molte storie nostrane fanno molto più ridere di Archie) è facilissimo trovare quella sensazione di conforto, di quella cosa che mangiavamo da piccoli, magari cucinato da una persona cara, che non sarà un piatto gourmet ma scalda il cuore, un qualcosa che fa passare il pomeriggio con leggerezza, e che magari insegna anche qualcosa. 

Certo, è ingenuo, inciampa, e forse è intrappolato in un mondo tutto suo. Ed è per questo, che Archie è uno dei personaggi più umani della storia del fumetto. Bisogna solo conoscerlo, abbastanza bene.

Giovanni Campodonico


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