Visioni seriali: The Batman

Detective Cine-Comics


È notte, un appartamento nella parte alta di Gotham brulica di poliziotti. Il Tenente James Gordon arriva sulla scena, ma gli occhi degli agenti sono tutti per la figura che si staglia dietro di lui.
Gli sguardi svelano un misto di curiosità e disappunto, da alcuni malcelato, per la presenza di un uomo vestito come un pipistrello sulla scena del crimine, che ricambia con durezza quel clima di ostilità. Si aggira per la stanza, trova indizi, fa deduzioni, e prima che qualcuno possa pensare ad un variopinto Holmes in aiuto del suo Lestrade, un messaggio sembra collegarlo al misterioso killer che sta tenendo in scacco la città...
È una delle primissime scene di The Batman, questo Lungo Halloween di un Cavaliere in cerca della sua Oscurità, ennesima versione del personaggio creato nel 1939 da Bob Kane e Bill Finger e anche il modo con cui, da subito, Matt Reeves decide di definire questa sua rilettura del Mito.


Facendo riferimento proprio a quel Detective Comics, la collana a fumetti antologica che è poi finita per diventare completo appannaggio di Batman, il regista e sceneggiatore punta dritto il bat-segnale a quella natura da "Miglior Detective del mondo" che per la prima volta arriva sul grande schermo.
"Migliore" forse in questo caso è inesatto: il Pipistrello interpretato da Robert Pattinson è ancora acerbo, sta prendendo le misure della città e del rapporto che essa ha con l'alter ego di Bruce Wayne, eppure, anche così, quella sequenza è un biglietto da visita praticamente perfetto.
Ci presenta un Batman agli inizi, in "attività" da soli due anni, con la polizia che lo giudica un vigilante, eppure capace, con le sue azioni, di guadagnarsi la stima e la fiducia di un poliziotto navigato come Gordon. È arrogante, l'uomo sotto la maschera, o forse è solo il modo in cui cerca di celare la sua rabbia, e sopratutto la sua insoddisfazione per non essere - non quanto desidera - quel moto di vero cambiamento per la città, anche se nell'ambiente criminale c'è chi inizia a guardare alle ombre con terrore, temendone la presenza, anche quando lui non è effettivamente lì.


Reeves decide (e riesce) ad inserire anche questo elemento nel film, insieme a molte altre chiavi di lettura, lati dello stesso Pipistrello che da più di 80 anni non smette di raccontarsi ai lettori di tutto il mondo, e non smetterà di farlo, duttile come creta tra le mani del creativo di turno, pronto a rielaborarlo secondo la sua sensibilità.
Che nel caso specifico, fa rima con David Fincher. È al suo cinema che guarda il regista, tramutando Gotham in un teatro che nulla avrebbe ad invidiare ai set di Se7en e Zodiac: se ne respira la stessa atmosfera, lo stesso torbido, ammantato di un nero che sa di noir, sotto una pioggia perenne, incapace di lavare le macchie di una città ormai condannata.

Era dai tempi di quella di Tim Burton, che Gotham non appariva così riconoscibile al cinema, così cupa e al tempo stesso mix di suggestioni architettoniche diverse, un luogo non idilliaco in cui vivere, eppure per cui vale la pena lottare, tramutando la propria esistenza in un'eterna notte, rifuggendo la luce del giorno, persi dietro a un'impossibile crociata.
È una città che ha perso il sonno della ragione, iniziando a generare mostri, anche se forse è proprio chi vorrebbe proteggerci da essi a generarli a sua volta.


Altro discorso che i lettori di comics ben conoscono: come l'uovo e la gallina, chi ha dato uno scopo a chi, in una gara di enigmi, messa in moto da un serial killer che ha deciso di ripulire la città seguendo un diverso e ferale modus operandi, usando la sua personale burocrazia per portare anch'egli "un miglioramento".
E se Robert Pattinson è attore calzante per questa particolare rilettura di Bruce Wayne, Paul Dano lo è altrettanto per quella dell'Enigmista. Inquietante e folle, con lo sguardo tra l'ingenuo e il maligno di chi crede nel castello mentale di menzogne che si è costruito per giustificare il suo piano, che non manca di riservare sorprese, colpi di scena e far sudare freddo non solo il protagonista, ma anche lo spettatore in sala.


The Batman è la cronaca di un'ossessione (anzi due, facciamo tre), mostrata in toni di nero, rosso e verde.
Questo Bruce Wayne sta cercando ancora di far funzionare le cose, sta cercando la via per ergersi a protettore di una città che non vuole essere salvata, eppure è desiderosa di credere che una speranza possa esserci. È perso nella sua missione, in lui cova una rabbia quasi adolescenziale che non manca di riservare, arrogante persino, anche a quella figura paterna che gli gravita al fianco, e a cui non avrei potuto chiedere di meglio che Andy Serkis per interpretarla. Alfred e Bruce sono entrambi caratteri ruvidi, eppure il loro è un rapporto destinato a crescere, non solo qui, ma anche e sopratutto in futuro.

"Crescita" è qui la parola chiave. Siamo ancora lontani dal Batman che tutti conosciamo, eppure in lui ci sono tutte quelle caratteristiche che sappiamo arriveranno a maturazione. Non è un caso che per tutto il film nessuno lo chiami mai veramente Batman, lui stesso preferisce definirsi come Vendetta. E poche altre parole hanno la stessa profondità oscura.


Bruce indossa due maschere, una da pipistrello, l'altra di perenne angùstia. In entrambi i casi riuscendo nello scopo di nascondere chi è davvero, chi è l'uomo che si cela dietro il vigilante, portando le persone a non collegare la presenza del primo con l'assenza del secondo, che appare sin troppo distante da quella figura imperiosa e ammantata di nero.
Come quel tale che sembra un timido e pavido giornalista con gli occhiali, e mai lo penseresti a fermare treni con la sola forza dei muscoli.
Dal canto suo, l'Enigmista è qui un pericoloso pazzoide a cui manca solo una testa mozzata in una scatola a completare il quadro. Vuole che le cose cambino, poco importa per quelle macchie di sangue sulla maschera. Ha un piano, le cui dimensioni si svelano fotogramma per fotogramma, indovinello per indovinello, politicante ucciso per... avete capito il tipo.
Qualcosa lo ha fatto scattare, mettendo in moto un domino di cui lui solo conosce la fine.

E la terza ossessione? Quella ha le mosse, sensuali e feline, di una Gatta che segue le sue regole, di una donna cresciuta ricercando affetti come una ladra cerca gioielli da rubare. Ha uno scopo, ha anche lei una missione personale da raggiungere, e non si darà pace sinché non l'avrà portata a termine, disposta a passare sopra a tutto, anche a quell'affascinante uomo di fronte a lei vestito come un pipistrello, forse un'anima persa tanto quanto la sua.


E Zoë Kravitz è conferma del casting, pazzesco e perfetto, di The Batman. La chimica tra la sua Catwoman e Robert Pattinson è tesa, palpabile, erotica persino. I due comunicano con lo sguardo e poco importa se lo spettatore sembra fare da terzo incomodo.
Arrivati a questo punto, poi, va riconosciuto il giusto merito anche al Pinguino di Colin Farrell. Deforme, ambizioso, sopra le righe e beffardo, l'attore si lascia andare come forse mai nella sua carriera, con quel make-up che lo rende irriconoscibile, e perciò libero una volta tanto di non essere fascinoso, ma solo un dannato bastardo pronto a pugnalare chiunque, naturalmente alle spalle.

Come ormai dovrebbe essere chiaro, The Batman è un film pieno, che racchiude in sè tanto del personaggio, del suo mondo, della sua galleria di comprimari e cattivi, presentandosi come un thriller serrato, e che perciò ha bisogno del suo tempo per raccontarsi, per far sì che tutto trovi la sua quadratura, senza forzare i ragionamenti, ma lasciandoli liberi di fluire, di concatenarsi, sino alla rivelazione finale.


Ecco spiegata la durata monstre, che personalmente non ho trovato un difetto, anzi, al contrario, è servita a dimostrare la forza del cast, così come quella della sceneggiatura, portandomi ai titoli di coda desideroso di averne ancora.

Non starò però qui a dirvi quanto The Batman sia o meno il migliore, o uno dei migliori film di con (su per tra fra) Batman, e sapete perché?
Per sua stessa definizione, non può esistere il Pipistrello definitivo, esistono solo buoni film che sanno raccontarlo, che sanno coglierne un particolare lato, una particolare essenza e restituircela, cercando di essere fedeli, ma al tempo stesso non rinnegando il principio primo dell'Arte, in questo caso cinematografica, che è quello di creare e reinventare, seguendo il moto del tempo, seguendo l'onda culturale del periodo in cui nascono.

Ci sono e ci saranno sempre molteplici Batman. Quello di Robert Pattinson non è il primo e non sarà l'ultimo, e The Batman è in prima istanza un ottimo film, scritto, diretto e recitato pensando a questo, restituendo al personaggio la possibilità di raccontarsi per altri capitoli a venire, senza correre, senza strafare, con un minutaggio sfruttato appieno.


In questo caso, la carta utilizzata è quella di un esasperato realismo, cosa non nuova, qui portata verso una cupezza diversa, altra, ma perfettamente in linea con un certo sentire di un personaggio che ha mille vite, che quelle di una Gatta son poca cosa in confronto.

In quasi tre ore di durata, Reeves mette tanto sul fuoco, incredibilmente senza bruciare nulla, al massimo lasciando volutamente qualcosa poco cotta, costruendo sopratutto solide fondamenta per un domani che è certo arriverà, e che quindi parte benissimo.

Ho scritto molto, e molto altro potrei scrivere, sino a sfociare nello spoiler criminale, mentre la pioggia non smette incessante di cadere e quella luce nel cielo preannuncia che un'altra notte è giunta, col suo carico di paura, ma, per fortuna, ci sarà un eroe ad occuparsene. Non è ancora un Eroe con l'iniziale maiuscola, ma lo diventerà e al momento, in mezzo a un turbinio di tutine che non accenna a fermarsi, è proprio quella figura oscura che desideravo veder apparire nel buio di una sala gremita!





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