Il Mecenate Audace: I Baccanti

La crisi di un gruppo sovversivo che, dopo millenni di rivoluzioni, rischia di scomparire per sempre


Albi brevi di 24 pagine, vendita diretta ai lettori, il ritorno alla fiction da parte di un autore che da anni si è dedicato al graphic journalism: già solo per questi tre motivi, la serie I Baccanti di Claudio Calia è di per sé una piccola rivoluzione. Progetto che vide una prima genesi già nel 1999, come autoproduzione, nel corso degli anni si è trasformato (qui si può leggere una versione digitale pubblicata da Calia nel 2010) per poi raggiungere la maturazione con questo nuovo formato.

I Baccanti non è un graphic novel e non ha nemmeno un distributore: viene infatti venduto ai lettori attraverso Oblò APS, associazione culturale dedicata alla divulgazione del linguaggio del fumetto e di cui lo stesso Calia è presidente. Si tratta di un esperimento che chiama i lettori a diventare sostenitori di un progetto che sarà organizzato in cicli autoconclusivi, raccontando tassello per tassello una storia di ampio respiro.

Questo primo numero, Di' che vuoi una rivoluzione, mette in scena pochi elementi che presentano lo scontro millenario tra due fazioni politiche: quella di chi ha il potere e quella che difende coloro che di potere invece non ne hanno. Pochi elementi, sì, capaci però di nascondere il giusto e rivelare il necessario per offrire a chi legge un palco di luci e ombre capace di suggestionarlo. La guerra tra questi due schieramenti ideologici affonda le sue radici in tempi antichi, a cominciare dai riti baccanali, per poi attraversare i punti più importanti della Storia, quella con la "s" maiuscola, dai giullari nelle corti dei re alla Rivoluzione Francese e oltre. Ora, però, i Baccanti - così si fanno chiamare i membri della fazione "contro il potere" - si stanno estinguendo e c'è chi vorrebbe sbarazzarsi anche degli ultimi rimasti, ricorrendo a mezzi violenti.

Da questo primissimo numero sembra davvero che le idee rivoluzionarie siano morte e che i Baccanti siano completamente inerti, incapace di rifiorire o anche solo reagire agli attacchi dei loro nemici. Metafora di questo è una splash page a circa metà albo che mostra due dei Baccanti, minuscoli, mentre passeggiano in Piazza S. Marco a Venezia con sullo sfondo una gigantesca nave da crociera, simbolo di uno strapotere opprimente, talmente ingombrante da proseguire fuori dalla vignetta.

Nel fumetto troviamo vignette a tutta pagina e tavole strutturate in piccoli tasselli rigidamente squadrati che, alternandosi, garantiscono un ritmo sostenuto che non si perde mai in momenti morti. Le ambientazioni, i personaggi e le loro azioni sono enfatizzati dal segno stilizzato dell'autore, caratterizzato da una spessa linea nera che esalta i bianchi e i rossi, unici colori utilizzati per mettere in scena il primo capitolo di una storia frescaasciutta e senza orpelli. In queste forme sintetizzate e questi pochi colori netti ci vediamo, a torto o a ragione, un po' di Saul Bass, il celebre illustratore che lavorò alle locandine e ai titoli di testa di molti film iconici, lavorando con Alfred Hitchcock e Stanley Kubrick.

Con Di' che vuoi una rivoluzione le basi per un buon periodico ci sono tutte, sia per chi cerca semplicemente una storia "diretta" che non si prende troppo spazio per raccontarsi, sia per chi vorrà concentrarsi più sul lato politico-ideologico del fumetto: non resta altro che aspettare di poter addentrarci ancora di più nelle trame dei Baccanti e dei loro avversari.

Il Mecenate Povero
(Vanessa e Marco)

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