Affinità-divergenze fra il fumetto e noi - Del conseguimento della maggiore età. 3 - Artsteady

Intervista ad Andrea Errico e Tommaso Lionello Vitiello

Torna la rubrica più aperiodica per il blog de Gli Audaci. Questa volta ci siamo confrontati con Arsteady, un collettivo campano fondato da differenti artisti che negli anni hanno lavorato per realtà sia italiane che estere.

E proprio a due di loro, Andrea Errico e Tommaso Lionello Vitiello, abbiamo posto alcune domande su cosa significa far parte di un collettivo e il loro punto di vista sul mercato odierno.

Perché è nato Artsteady?

Andrea: Artsteady è nato nel 2013. L'intento del collettivo e di garantire uno spazio in Campania e a Napoli sopratutto, che concedesse a giovani autori la possibilità di realizzare storie autoprodotte. Il nome Art – Steady (STABILE – ARTE) è un gioco di parole che si rifà al genere Rocksteady, un sottogenere reggea, e sta ad indicare la nostra volontà di creare un flusso artistico stabile e costante.

Tommaso: Credo che sia quasi fisiologico per gli autori di fumetti il bisogno di aggregarsi. La stessa idea di un prodotto artistico come il fumetto nasce quasi sempre dall'aggregazione di più figure professionali: non solo sceneggiatori e disegnatori (che a volte possono essere la stessa persona) ma anche coloristi, letteristi, grafici, e tutta una serie di persone che riescono a far passare un'idea dall'iperranio al volume sul tavolino della fiera. Si può essere contemporaneamente tutte queste figure, ovviamente, ma a meno di non rischiare di avere una crisi dovuta allo stress e alle personalità multiple conviene sempre cercare di affidare il lavoro a più persone.

Quindi, stabilito che creare un fumetto è un lavoro da branco (di scimmie) è quasi normale la nascita di un collettivo come quello di Artsteady. Se poi ci aggiungiamo che Napoli è una città ad altissimo contenuto artistico e che tra Napoli e la provincia ci sono centinaia di fumettisti, la domanda dovrebbe essere: perché in quel periodo non sono nate molte più “Artsteady”?

Cosa siete riusciti a ottenere e cosa pensate di no, tra quello che volevate fare?

Andrea: Volevamo che Artsteady fosse un laboratorio artistico e ci siamo riusciti. La nostra idea era quella di produrre ogni anno un portfolio di progetti da autoprodurre o piazzare con le case editrici italiane e all'estero. Lungo i 5 anni di attività abbiamo creato diversi progetti, più noto era sicuramente 47 Deadman Talking, una autoproduzione comica con leggera vena horror. Abbiamo anche pubblicato per l'estero realizzando collaborazioni con l'etichetta di abiti Tempest, abbiamo collaborato con la Tin Hat Games, con Crash Site Comics e la Interweb Comics.

Abbiamo pubblicato negli anni diverse webseries che hanno visto ampliare di molto la nostra fan base. Dopo 5 anni eravamo però fisiologicamente stanchi e abbiamo iniziato a ridurre la produzione concentrando i nostri sforzi su pochi progetti alla volta.

Tommaso: Volevamo fare fumetti e siamo riusciti a fare fumetti.
Li abbiamo fatti bene? Questo sicuramente non lo possiamo dire noi, certo è che nel periodo in cui pubblicavamo, i nostri volumi erano abbastanza conosciuti dal pubblico campano. E questo è un risultato che comunque consideriamo abbastanza importante, anche perché chi fa fumetti li fa per farli leggere e noi possiamo dire che i nostri fumetti sono stati letti da un po' di persone.
Ma la verità è che Artsteady nasce per essere qualcosa di più. Nasce per essere un contenitore di persone che vogliono collaborare, creare e lavorare insieme. Artsteady è stata una fucina per le professionalità che qualche anno dopo si sono affermate nel campo del fumetto, del cinema e dell'animazione.
Quello che forse non siamo riusciti a fare è stato l'imporsi sul mercato italiano come una realtà forte e produttiva. Ma credo che questo sia anche normale: molto spesso i collettivi esistono per breve tempo, danno quello che possono e poi i vari membri prendono strade diverse (non sempre migliori, ma questi sono particolari). La fortuna è che Artsteady ha permesso di conoscere ottimi professionisti ed anche ottimi amici.


I limiti delle autoproduzioni?

Andrea: Le autoproduzioni hanno dalla loro sicuramente il vantaggio della libertà d'espressione, proprio perché, liberi da qualsiasi vincolo editoriale o economico, non si è costretti ad assecondare le esigenze di nessuno. Di contro però le spese legate al progetto sono tutte a carico del team di lavoro, spesso esiguo, che quindi si trova a dover fare tutto col rischio di avere difficoltà economiche nel lungo termine.

Tommaso: Sono i limiti che qualsiasi pubblicazione “fatta in casa” può avere. Innanzi c'è il bisogno di avere all'interno del gruppo le professionalità più disparate e non sempre è facile reperirle nel proprio giro di amicizie e soprattutto non è detto che apprezzino l'idea. Come ho detto sopra non bastano sceneggiatori e disegnatori, ma bisogna avere nel gruppo anche chi ne capisce di colore, chi sa fare lettering e chi è bravo ad impaginare il tutto. E soprattutto c'è bisogno di chi ne capisce di pubblicità che, paradossalmente, è la cosa più difficile di tutto il percorso.
Infatti non basta creare un buon progetto come non basta produrre un buon volume. Bisogna anche farlo conoscere in giro, pubblicizzarlo, sponsorizzarlo e far in modo che la gente ne parli, e questo, anche in questo mondo ormai governato dai social, non è un semplice lavoro che si fa con qualche minuto davanti al pc. Soprattutto quando il collettivo è piccolo si rischia che per portare avanti la pubblicità si tralasci poi il vero lavoro artistico.
Senza contare che quando le vendite sono molte, non hai la possibilità di affidarti ad un distributore, ma devi fare tutto da solo, il che significa recarsi alla posta e fare la fila per spedire i pacchi (che non è un lavoro da sottovalutare, soprattutto quando abiti in una grande città come Napoli e le poste tendono ad avere code infinite).

I pregi delle autoproduzioni?

Andrea: Come già detto, la libertà creativa è l'aspetto più interessante delle autoproduzioni secondo noi. La possibilità di realizzare qualsiasi idea restando completamente fedeli a se stessi è sicuramente impareggiabile. Gli altri vantaggi sono la possibilità di avere pieno controllo sui progetti, dalle prime fasi creative alla stampa, alla distribuzione, al contatto col pubblico. Quello che arriva al cliente finale è esattamente il progetto che avevamo in mente quindi più genuino.

Tommaso: Spesso consiglio il percorso dell'autoproduzione agli allievi dei corsi di sceneggiatura. Non solo perché possono lavorare sulle loro idee senza l'ingerenza di una casa editrice esterna che le modifichi e le adatti al mercato, ma anche perché con l'autoproduzione si ha la possibilità di lavorare a stretto contatto con tutti gli altri professionisti del settore. Quando si lavora per una casa editrice, spesso si perde il filo del lavoro una volta consegnate le tavole: lettering, grafica ed impaginazione sono un carico di lavoro che ricade sull'editore. L'autoproduzione invece ti obbliga a spratichirti un po' in tutto e soprattutto obbliga lo sceneggiatore a non considerare il lavoro finito con la consegna della sceneggiatura. E allora si aiuta il disegnatore con delle bozze di layout, si fanno i flat al colorista, si studia il lettering e l'impaginazione per poterci lavorare mentre gli altri chiudono le tavole... si diventa alla fine un vero autore di fumetto.

Esiste una questione meridionale del fumetto?

Andrea: Crediamo esista una questione meridionale in tanti aspetti che ci riguardano, non solo nel fumetto. Questi aspetti sicuramente influenzano anche la produzione dei fumetti e la distribuzione degli stessi. Per quanto, sin dall'inizio, abbiamo avuto una ottima accoglienza da parte del pubblico del nord e del sud italia, spesso ci siamo trovati a confrontarci con il preconcetto che i nostri progetti non avrebbero venduto oltre il nostro confine regionale. Altri problemi che abbiamo avuto sono sicuramente relativi alla reperibilità di fondi o investitori che volessero darci una chance.

Tommaso: Sarebbe una bugia dire che non esiste. Alla fine chi fa fumetto lo fa sul territorio, e visto che esiste la questione meridionale in generale è ovvio che questa si ripercuota anche su un mercato così settoriale come quello della nona arte. Basti vedere la carenza di case editrici di fumetti al di sotto di Roma per capire che c'è una forte discrepanza tra il centro nord e il sud.

Se ci sono, quali sono le differenze di fare fumetto al sud rispetto ad altre zone dell’Italia?

Andrea: Non crediamo ci siano grandi differenze nella realizzazione di un fumetto al nord e al sud. Rispettiamo tutti le regole di storytelling e narrazione. Abbiamo tutti lo stesso intento. Forse, variano le tematiche e le storie che esponiamo, come avviene anche in altri ambiti come il cinema o nella letteratura.

Tommaso: Ahia. Qui per me si tocca un tasto dolente. Se parliamo di REALIZZAZIONE di fumetti, ovviamente non ci sono differenze, se parliamo di POSSIBILITÀ di fare fumetto allora le cose sono ben diverse. ATTENZIONE: non parlo di razzismo territoriale o robe del genere, ma parlo semplicemente della possibilità di avere contatti. Come ho detto prima al di sotto di Roma il numero di case editrici di fumetti (ma in realtà case editrici in generale) diminuisce drasticamente e, se ne cerchiamo di rilevanti sul panorama nazionale, si trovano tutte oltre il 43° parallelo. E sebbene il mondo di oggi sia un mondo informatizzato, una mail non potrà mai sostituire un incontro vis a vis. Per contro bisogna dire che questa cosa forse tende ad avvantaggiare gli autori del sud che, visto che comunque si trovano a dover comunicare tramite web, contattano più spesso l'estero e per questo ce ne sono moltissimi che lavorano a livelli altissimi fuori dall'Italia.

Progetti futuri?

Andrea e Tommaso: Speriamo di poter riprendere con la produzione. Per farlo abbiamo però bisogno di una fiera dove poter portare le nostre storie, abbiamo bisogno di ritornare in contatto con il pubblico. Se ciò dovesse accadere aspettatevi qualche sequel e qualche nuova idea che teniamo pronta per l'occasione!

Luca Frigerio e Cristiano Brignola

ARTSTEADY
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