Il Romanzo sanitario di Zerocalcare
Una storia "poco rocambolesca" ma decisamente significativa
Zerocalcare disegna la cover de L'Espresso e occupa le sue pagine centrali con un fumetto inedito, pienamente inserito nelle tematiche dell'inserto del settimanale e... ormai non ci stupiamo quasi più.Il ruolo del fumetto, la considerazione dei fumettisti, del graphic journalism e del racconto disegnato della realtà che ci circonda: tutto questo continua a cambiare e Zerocalcare è al centro di questi mutamenti (si veda anche il suo contributo al numero di Internazione Extra dello scorso inverno con l'indagine sulle rivolte nelle carceri).
Così, si assume ancora una volta il compito di uscire fuori dalla sua comfort zone: nel suo Romanzo sanitario parla di una periferia diversa dalla retorica standardizzata a cui ci hanno abituato i talk show, di persone meno bidimensionali e di bisogni concreti, necessità reali.
Un post diverso anche da quello che molti vorrebbero fosse lui a raccontare. Perché il degrado e il "sottoproletariato selvatico" fanno audience, le Asl un po' meno...
E invece racconta una "poco rocambolesca storia di sanità territoriale e periferia", che pone l'accento sulle periferie e sulle forme di auto-organizzazione territoriale.
Parla di Villa Tiburtina, centro diagnostico pubblico romano che si occupava di malattie respiratorie e neuropsichiatriche, chiuso dieci anni fa e sostituito da un’infinità di strutture private.
Parla di un territorio con servizi sanitari sempre più sguarniti, gli stessi servizi che si sarebbero rivelati preziosi nel contesto della pandemia e dove invece la sanità pubblica viene lasciata "ammuffire".
Parla di salute, forse un argomento meno avvincente rispetto ai racconti d'avventura classica, ma di indubbio valore nel contesto in cui tutti viviamo.
Perché sì, "ogni bisogno sanitario ha una componente sociale".