Uomo Faber

L'omaggio di Fabrizio Càlzia e Ivo Milazzo all'uomo De André

Dietro ogni uomo c'è un giardino incantato, un parco archeologico onirico nel quale scaviamo sperando di ritrovare le nostre radici più ancestrali che ci collegano alla terra e chi l'ha abitata prima di noi.

Uomo Faber di Fabrizio Càlzia e Ivo Milazzo (portato in libreria in una nuova veste da Edizioni NPE nella collana dedicata a Milazzo) racconta Fabrizio De André nel suo ultimo viaggio, come ogni viaggio senza ritorno ed eternamente ancorato nel presente*. 

La storia inizia con il cantautore genovese e la sua famiglia in Sardegna, a pochi giorni dal debutto del suo ultimo grande concerto. Fabrizio è in campagna e sta riposando sotto un albero. Viene svegliato dal figlio Cristiano, al quale racconta di aver fatto un sogno strano… Ed è quel sogno (che noi non possiamo vedere) a fargli intraprendere un ultimo cammino nelle radici profonde di una memoria quasi dimenticata ma sempre presente.

Infatti, a qualche giorno di distanza dal concerto, De André decide di tornare a Revignano (in Piemonte, dove visse con la sua famiglia) per fare visita a Nina, sua amica di infanzia, la vera Nina che ispirò Ho visto Nina volare.

È il viaggio verso i luoghi dell’infanzia di un Faber adulto che cerca di riscoprire se stesso ragazzino e forse giustificarsi come padre, nel doppio tentativo di riuscire a capire meglio la figura di suo padre e allo stesso tempo tentare di comprendere - da figlio - suo figlio Cristiano. Ma non solo. È un'immersione in apnea nella fanciullezza di Fabrizio, dai ricordi di ragazzino a Revignano, sfollato di guerra con famiglia, fino a una vicenda singolare avvenuta a Genova negli anni dell’adolescenza più matura in compagnia di Don Gallo.

Tra sogno e realtà riemergono episodi colmi di tenerezza, risate e malinconia nei quali è sempre presente l’amato fratello Mauro, che Faber reincontra in un sogno che profuma d'Africa.

Questa storia potrebbe essere una canzone di De André, il suo sogno lucido per riappacificarsi con vecchi ricordi e persone ormai lontane. Un lungo viaggio introspettivo nel quale “Bicio” (così veniva chiamato da ragazzino) sembra arrendersi allo scorrere del tempo, venendo a patti con se stesso, con gli eventi della vita che prendono sempre e comunque direzioni che non possiamo controllare e spesso non ci concedono il tempo di dire cose preziose alle persone che - sempre troppo tardi - scopriamo essere le più importanti.

Gli acquerelli di Ivo Milazzo - noto ai più come ideatore grafico di Ken Parker e al contempo maestro della nona arte a tutto tondo - ad ogni pagina sembrano essere vivi, fluidi, come se fossero stati dipinti con quell'acqua piovana di chi si lascia bagnare perché aspetta la pioggia per non piangere da solo. I disegni interi potrebbero essere srotolati come antichissimi papiri e messi su un unico pannello come le ninfee di Monet, un'ultima lunga grande cena.

Se i disegni sono evocativi e contengono e catturano una malinconia segreta, la scrittura è potente e utilizza un linguaggio realistico e quotidiano in grado di farci non solo conoscere e riconoscere alcuni tratti della personalità del De André pubblico e privato, ma addirittura di farci sprofondare soavemente negli eventi narrati con la percezione di essere lì, all’interno del sogno di una storia, ascoltando le parole e i pensieri di Fabrizio come se fossimo a casa di uno zio anziano ad ascoltare i racconti di una vita che, nonostante la gioia dei ricordi e la malinconia delle occasioni perse, è stata vissuta pienamente.

Il viaggio di un padre che fu figlio, ma soltanto da padre può finalmente riappacificarsi con la realtà di suo padre. Un Faber che si riscopre figlio per riavvicinarsi a suo figlio, che si riscopre fratello e riesce a ritrovarsi dentro Mauro, il fratello perduto.

Grullino Biscottacci



* Appena finito di leggere questo volume ho compreso davvero che questo viaggio è un percorso nella memoria e nei luoghi fisici dove la memoria ha preso la sua forma. Anche se ci guardiamo indietro per capire chi siamo e da dove siamo partiti, anche se guardiamo al passato, questo è un percorso di sola andata, un percorso nel presente. 

Ovunque andiamo, qualunque siano i nostri ricordi, ricordiamo il passato sempre e soltanto nel momento presente. Il passato è sempre presente. È qui. Di conseguenza niente è realmente passato. Tutto è sempre presente.


Dedico questo pezzo a Bicio, a Faber, a De André, che ci ha concesso il permesso per poter entrare nella vita degli ultimi, in punta di piedi, senza giudicarne i vizi e senza esaltarne le virtù , lasciandoci vedere e capire la dignita’ di chiunque, sopratutto della povera gente che forse è soltanto povera di fortuna e ricchezze materiali, ma non di vita vissuta intensamente.

A Fabrizio, uomo, maestro, che ascoltavo mentre preparavo la tesi di laurea sul fumetto al cinema, che noi tutti ascolteremo sempre, ritrovando noi stessi nei suoi personaggi perché quei personaggi sono state persone vere e vive, che hanno vissuto molto.

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