Uncanny Cinecomics: Bloodshot

Il primo passo dell’Universo Cinematografico Valiant: un passo falso di dimensioni colossali


La crisi di idee originali ad Hollywood non è una novità: la caccia alle proprietà intellettuali è spietata e brutale. Studi di produzione stipulano contratti e accordi con case editrici e software house alla ricerca della “Storia” perfetta, pronta ad essere cannibalizzata e trascinata sul grande schermo per il grande successo al box-office. Se è vero che “il sonno della ragione genera mostri”, è ugualmente vero che “il successo dei Marvel Studios ha generato aberrazioni simili”.
La lista degli universi cinematografici e relativi film nati sotto una cattiva stella e stroncati sul nascere o poco dopo è diventata presto lunga: basti pensare alla estenuante rincorsa del rivale DC Extended Universe o, peggio ancora, al disastroso tentativo della Universal di rilanciare i propri storici mostri in versione moderna e “realistica” nel risibile Dark Universe - morto al primo flop, quello de La Mummia con Tom Cruise.


Il trailer del film.

Nella corsa al prossimo, grande cinefumetto di successo, i primi contatti tra l’industria cinematografica e il moderno universo a fumetti Valiant risalgono addirittura al 2012, quando Columbia Pictures si approccia alla Grande-V con l’intenzione di lanciare un film dedicato a Bloodshot, uno degli eroi di punta della casa editrice. Successivamente, il progetto dedicato alla creatura di Kevin VanHook, Yvel Guichet e Don Perlin passò alla Sony Pictures, ad Original Films e soprattutto al colosso cinese DMG Films. Sfruttando la grande richiesta di supereroi statunitensi nella Repubblica Popolare, gli investitori esteri erano più che intenzionati a creare un universo cinematografico condiviso nel 2015 con ben cinque film pianificati - e, ovviamente, a rimpinguare le casse della piccola ma seguita realtà a fumetti Valiant, offrendo la possibilità di aprire alla casa di X-O Manowar, Harbinger e Bloodshot di distribuire i propri prodotti verso l'imponente mercato asiatico. Il film dedicato a Bloodshot sarebbe dunque stato l’opening salvo di un nuovo progetto cinematografico ad ampio raggio, un nuovo universo esteso aperto a tanti personaggi e storie dall’Universo Valiant. Per la regia vennero inizialmente inquadrati Chad Stahelski (John Wick) e David Leitch (Atomic Blonde), un nulla di fatto; scritto da Eric Heiserrer (Arrival) e Jeff Wadlow (Never Back Down),  Bloodshot trovò un regista, l’esordiente David S.F. Wilson, un nuovo sceneggiatore aggiunto, Adam Cozad, e un protagonista: Vin Diesel. Il progetto era pronto a decollare verso marzo 2020, la data ufficiale per il debutto.



Dopo il recupero di un ostaggio a Mombasa e aver ancora una volta tenuto fede al suo incredibile acume e alla sua prestanza militare, l’Aviere dell’Esercito degli Stati Uniti Ray Garrison torna in patria insieme al suo plotone. Ad accoglierlo la moglie Gina, l’amore della sua vita: insieme, i due volano verso Amalfi per una meritata vacanza - ma qualcosa va storto. Uomini armati piombano nella stanza di Garrison, sua moglie viene rapita ed un uomo armato minaccia alla sua vita e quella della sua amata sulle note di Psycho Killer dei Talking Heads. Vuole informazioni preziose e le vuole subito, informazioni che Ray non ha e non può fornirgli. L’uomo perde la pazienza: uccide la moglie e Ray subito dopo.
Ma Ray si risveglia tra le asettiche mura dei laboratori del Progetto Spirito Nascente e lo spettatore comincia a capire: Bloodshot, diretto da Davis S.F. Wilson e interpretato da Vin Diesel, è un disastro.

Sia chiaro: Bloodshot non è mai stato un personaggio complesso o particolarmente duttile a trame più ambiziose della sua tradizionale routine. Un mostro di Frankenstein creato da laboratori ombra del Governo Statunitense la cui vita passata è un mistero, fabbricata volta dopo volta ed i ricordi impiantati ad ogni reboot del sistema. Il Progetto Spirito Nascente controlla così ogni mossa del suo soldato perfetto, creando vite passate, famiglie mai esistite, commilitoni, figli e mogli mai realmente amati da vendicare, motivazione fittizia per lanciare il personaggio in una nuova missione. Una imperfetta macchina da guerra dal colorito pallido come la morte e capace di guarire da ogni ferita, controllare le macchine e trasformarsi in una inarrestabile arma vivente grazie ai milioni di naniti iniettati nel suo sangue; essenzialmente, Bloodshot è il frutto di una notte di passione tra Frank Castle e il T-800, concepito sotto le avvolgenti coperte dell’insita sete di violenza degli Stati Uniti e del fumetto anni ‘90. Nonostante la semplicità del concept originale, negli ultimi anni autori come Jeff Lemire hanno saputo dare una inedita tridimensionalità al personaggio, cercando di far emergere il lato umano di Bloodshot - ora una persona “vera” e non più un ammasso di falsi ricordi pronto alla vendetta sui suoi aguzzini.



Uno dei volumi sceneggiati da Jeff Lemire (pubblicati in Italia da Star Comics).

La versione di Bloodshot presentata qui dal regista Wilson e dagli sceneggiatori Heisserer, Wadlow e Cozad è una versione striminzita della pagina Wikipedia dedicata al personaggio, scritta e diretta senza alcun brio o briciolo di inventiva: al risveglio nei laboratori del Progetto Rising Spirit, il resuscitato Garrison incontra un cast di comprimari talmente esili e insignificanti da togliere qualsiasi speranza di poter assistere a dialoghi interessanti e ad una possibile evoluzione del personaggio - se non quella motivata unicamente dal progredire della trama. Ad accoglierlo il suo “creatore”, il Dr. Emil Harting, interpretato da Guy Pearce. Un ruolo stretto e risicato che non permette all’attore di creare qualcosa di diverso dal suo Aldrich Killian in Iron Man 3. Rancoroso e ossessionato dal progresso tecnologico ad ogni costo, dotato di un (inutile ai fini della trama) braccio meccanico, Harting ha assemblato una squadra di soldati ombra cyber-potenziati, dotati di impressionante tecnologia così come privi di qualsivoglia personalità. Il quasi-interesse amoroso KT (Eiza Gonzàlez) è bella ma vuota e guidata unicamente dalla convenienza di trama; Marcus Tibbs (Alex Hernandez) è praticamente parte della scenografia mentre a Jimmy Dalton (Sam Heughan) viene affidato il ruolo di antagonista/rivale dell’eroe interpretato da Vin Diesel - se di interpretazione si può parlare.

Diesel non è un grande attore e difficilmente sarà ricordato per le sue interpretazioni, ma possiede il carisma giusto e la muscolarità adatta per rendere un personaggio indimenticabile: il ruolo di Dominic Toretto nella saga Fast & Furious ne è un perfetto esempio ed intorno ad esso è stato costruito un intero franchise valente miliardi di dollari. In Bloodshot, Diesel è un grosso ammasso di muscoli impossibilitato a canalizzare il suo charme da star di film d’azione nel personaggio principale del film. Ray Garrison è un protagonista impalpabile, cosa che demoralizza ancor di più durante le scene d’azione. Bolso e perlopiù spaesato, a volte quasi annoiato: la sceneggiatura concede al pubblico solo uno sguardo al look da supereroe di Bloodshot negli istanti finali della pellicola, preferendo invece mostrare Vin Diesel spingere persone da un lato all’altro della stanza, tirare un paio di cazzotti e sparare proiettili in qualche scena più movimentata.
Muovendosi sui binari di una trama ridotta all’osso, che guida il gorillone-Garrison da obiettivo ad obiettivo da far fuori, il film si lascia guardare nella totale anemia di una sceneggiatura priva di qualsivoglia mordente o capacità di intrattenere. Il potenziale distruttivo di Bloodshot è ridotto ad un lumicino: il personaggio potenziato da milioni di naniti, capace di controllare le macchine con il solo pensiero e di poter guarire da qualsiasi ferita d’arma bianca o da fuoco è tenuto a terra da scene d’azione misere e lontanissime dall’avere un qualsiasi impatto o capacità di rimanere impresse nella mente dello spettatore. Bloodshot, la macchina di morte indistruttibile, spara con la pistola soltanto due volte nel corso dell’intero film: tra rincorse forsennate, scazzottate con nemici semi-cyborg e incredibili prove d’agilità e forza fisica (tutto in CGI), l’essenza del personaggio che lo accompagna sin dalla sua nascita viene completamente persa. 




Bloodshot di David S. F. Wilson, scritto da David Heisserer, Jeff Wadlow e Adam Cozad, interpretato da Vin Diesel è un disastro, merita di essere ripetuto. Un film realizzato in maniera incompetente e talmente noioso da far dubitare della sua stessa esistenza. Impalpabile e scialbo, emotivamente piatto e cinematograficamente nullo, incapace di accettare persino se stesso e il suo personaggio principale, i suoi poteri, il suo fascino distruttivo e potenzialmente avvincente e, non sia mai, divertente.
Il primo passo dell’Universo Cinematografico Valiant è un passo falso di dimensioni colossali. Bloodshot è anemico ed incapace di essere quantomeno tamarro, visivamente interessante o gratificante per lo spettatore; i personaggi-cartonato privano di qualsiasi anima il film, la sceneggiatura non regala alcun sussulto o interessante twist, quantomeno un qualunque messaggio da poter comunicare.

Fabrizio Nocerino

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