The Man
Un personale e doveroso saluto al Sorridente
Ieri sera mi sono ritrovato a parlare di Stan Lee. No, non della macchietta pop che era diventato anche grazie ai divertenti cameo nei film Marvel, no.
Ho dovuto spiegare in poche parole come mai la dipartita di questo omino baffuto abbia procurato tanta tristezza nei nostri cuori audaci (e non solo i nostri, chiaramente).
A mio modo di vedere, se c'è un motivo, uno solo, per cui valga la pena ricordare Stan Lee, è per il merito di aver donato ai suoi eroi il super-potere col maggior livello di devastazione che si possa immaginare. Il senso di umanità.
Perché è facile prendere una persona, mettergli un costume sgargiante e permettergli di fare cose impossibili. La vera sfida è trasformare un essere che può l'impossibile in un essere umano, fatto di gioie e dolori, ma soprattutto fragilità.
Stan Lee, con i grandissimi nomi dei quali si è circondato, è stato capace di fare questo: portare l'uomo (imperfetto per antonomasia) in un mondo dove tutto è possibile, dove gli dèi camminano al suo fianco, avanzando paragoni ingloriosi, enfatizzando l'imperfezione fino a farla diventare un pregio, qualcosa su cui lavorare costantemente ma mai motivo di vergogna.
Dare dei super-problemi ai super-eroi è stato il modo per renderli più vicini a noi lettori, per fare in modo che sognassimo con le loro prodezze mirabolanti, e che ci rispecchiassimo in loro tra vittorie e fallimenti.
Ho raccontato di un caro amico, Peter Parker, il vero eroe dietro la maschera di Spider-Man, compagno fedele e fonte di ispirazione nei periodi più bui, appiglio nei giorni sbagliati, àncora nei momenti di solitudine. Rivedersi nelle sue giornate storte da super-eroe travagliato, condividere presenze importanti ma anche perdite dolorose e, proprio per questo, imparare da lui a reagire e andare avanti, sempre.
Ed è vero, molte delle storie che mi hanno accompagnato non sono state di certo scritte da Stan, ma a lui va il merito di essere stato la scintilla, quella luce che ha illuminato poi la via dei suoi successori che, chi più e chi meno, hanno sviluppato i suoi presupposti adattandoli ai tempi, alle mode, alla società, per un'avventura che dura da oltre cinquant'anni.
Stan Lee ci ha lasciato.
Sì, ci ha lasciato un universo di meraviglie capaci di sorprenderci ancora oggi, mentre la barba si fa incolta e i pochi capelli, grigi;
ci ha lasciato degli eroi capaci di esserlo anche e soprattutto senza una maschera sul volto, nella vita di tutti i giorni e non solo durante le invasioni aliene;
ci ha lasciato un modo di raccontare storie capace di accendere la mente e trasformare la lettura in un'esperienza liberatoria;
ci ha lasciato il concetto di speranza, il fatto di preservarla anche e soprattutto quando le cose si mettono male, perché forse non arriverà un dio col martello a svoltarci la giornata, ma grazie ad essa riusciremo sempre a trovare in noi stessi la forza di combattere e risalire, magari lentamente, per vivere ancora un altro giorno felice.
Excelsior.
Ieri sera mi sono ritrovato a parlare di Stan Lee. No, non della macchietta pop che era diventato anche grazie ai divertenti cameo nei film Marvel, no.
Ho dovuto spiegare in poche parole come mai la dipartita di questo omino baffuto abbia procurato tanta tristezza nei nostri cuori audaci (e non solo i nostri, chiaramente).
A mio modo di vedere, se c'è un motivo, uno solo, per cui valga la pena ricordare Stan Lee, è per il merito di aver donato ai suoi eroi il super-potere col maggior livello di devastazione che si possa immaginare. Il senso di umanità.
Ritratto di Paul Azaceta. |
Perché è facile prendere una persona, mettergli un costume sgargiante e permettergli di fare cose impossibili. La vera sfida è trasformare un essere che può l'impossibile in un essere umano, fatto di gioie e dolori, ma soprattutto fragilità.
Stan Lee, con i grandissimi nomi dei quali si è circondato, è stato capace di fare questo: portare l'uomo (imperfetto per antonomasia) in un mondo dove tutto è possibile, dove gli dèi camminano al suo fianco, avanzando paragoni ingloriosi, enfatizzando l'imperfezione fino a farla diventare un pregio, qualcosa su cui lavorare costantemente ma mai motivo di vergogna.
Dare dei super-problemi ai super-eroi è stato il modo per renderli più vicini a noi lettori, per fare in modo che sognassimo con le loro prodezze mirabolanti, e che ci rispecchiassimo in loro tra vittorie e fallimenti.
Ho raccontato di un caro amico, Peter Parker, il vero eroe dietro la maschera di Spider-Man, compagno fedele e fonte di ispirazione nei periodi più bui, appiglio nei giorni sbagliati, àncora nei momenti di solitudine. Rivedersi nelle sue giornate storte da super-eroe travagliato, condividere presenze importanti ma anche perdite dolorose e, proprio per questo, imparare da lui a reagire e andare avanti, sempre.
Ed è vero, molte delle storie che mi hanno accompagnato non sono state di certo scritte da Stan, ma a lui va il merito di essere stato la scintilla, quella luce che ha illuminato poi la via dei suoi successori che, chi più e chi meno, hanno sviluppato i suoi presupposti adattandoli ai tempi, alle mode, alla società, per un'avventura che dura da oltre cinquant'anni.
Illustrazione di Olivier Coipel. |
Stan Lee ci ha lasciato.
Sì, ci ha lasciato un universo di meraviglie capaci di sorprenderci ancora oggi, mentre la barba si fa incolta e i pochi capelli, grigi;
ci ha lasciato degli eroi capaci di esserlo anche e soprattutto senza una maschera sul volto, nella vita di tutti i giorni e non solo durante le invasioni aliene;
ci ha lasciato un modo di raccontare storie capace di accendere la mente e trasformare la lettura in un'esperienza liberatoria;
ci ha lasciato il concetto di speranza, il fatto di preservarla anche e soprattutto quando le cose si mettono male, perché forse non arriverà un dio col martello a svoltarci la giornata, ma grazie ad essa riusciremo sempre a trovare in noi stessi la forza di combattere e risalire, magari lentamente, per vivere ancora un altro giorno felice.
Excelsior.
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