Dylan Dog #387 - Che regni il caos!
The end is nigh: il deflagrante inizio del "ciclo della meteora"
Ci siamo! Annunciato da tempo, atteso con fiducia e temuto con disprezzo al pari dell'Apocalisse, con il numero 387 di Dylan Dog, intitolato Che regni il caos!, ha inizio il "ciclo della meteora", gruppo di episodi interconnessi tra loro che ci condurrà al numero 400.
Per chi non lo sapesse, il "ciclo della meteora" sarà costituito da episodi in continuity che narreranno l’arrivo sulla Terra di una gigantesca meteora. Al termine di questo arco narrativo, stando a quanto preannunciato, "niente sarà più lo stesso" e le consuetudini narrative delle storie dell'Indagatore dell'incubo potrebbero essere ampiamente rivoluzionate.
Ci siamo! Annunciato da tempo, atteso con fiducia e temuto con disprezzo al pari dell'Apocalisse, con il numero 387 di Dylan Dog, intitolato Che regni il caos!, ha inizio il "ciclo della meteora", gruppo di episodi interconnessi tra loro che ci condurrà al numero 400.
Copertina lenticolare dell'edizione variant realizzata da Giuseppe Camuncoli, presentata a Lucca Comics & Games 2018, con un evidente richiamo a Watchmen. |
Per chi non lo sapesse, il "ciclo della meteora" sarà costituito da episodi in continuity che narreranno l’arrivo sulla Terra di una gigantesca meteora. Al termine di questo arco narrativo, stando a quanto preannunciato, "niente sarà più lo stesso" e le consuetudini narrative delle storie dell'Indagatore dell'incubo potrebbero essere ampiamente rivoluzionate.
Per sottolineare l'inizio di questo ciclo, la Bonelli ha messo in cantiere ben due iniziative commerciali. La prima è stata la presentazione a Lucca dell'edizione variant dell'albo (con quasi un mese d'anticipo rispetto alla pubblicazione in edicola), con cover lenticolare di Giuseppe Camuncoli che richiama l'arrivo della meteora e omaggia il capolavoro Watchmen (tributo che viene ripreso anche nelle tavole conclusive della storia). La seconda è l'abbinamento delle prime venti carte dei Tarocchi dell'incubo splendidamente illustrate da Angelo Stano (per inciso, le restanti tre buste saranno in omaggio con i numeri 388, 389 e 390, mentre in allegato al Dylan Dog Color Fest del prossimo febbraio ci sarà la scatola per riporre il mazzo e un libretto d'istruzioni). Un modo per richiamare l'attenzione su una storia nella quale evidentemente l'editore di via Buonarroti ha investito notevoli speranze e anche per attirare eventuali lettori occasionali (o persino nuovi), considerando che la lettura delle storie future potrebbe essere maggiormente fruibile avendo letto questo episodio.
Fatte queste doverose premesse, arriviamo alla storia. Scritto da Roberto Recchioni, attuale curatore della testata, l'episodio è realizzato ai disegni da Leomacs e Marco Nizzoli, i quali si occupano rispettivamente della parte più distruttiva e action della storia (definita dallo stesso Recchioni "rock'n roll") e della restante porzione, più legata all'attualità e alla realtà odierna (con andamento più soft, "acid jazz" per restare nella metafora musicale).
Sulla trama preferiamo non soffermarci troppo, citando però alcuni elementi funzionali al nostro disorso a seguire, e lasciando al lettore il gusto di approfondire il resto.
Come si evince già dalla splendida copertina di Gigi Cavenago, torna Axel Neil. Il "maniaco con l'ascia" è un personaggio che aveva esordito nella primissima storia dylaniata sceneggiata da Roberto Recchioni (Fuori tempo massimo, sul primo Dylan Dog Color Fest del 2007) ed era tornato qualche anno dopo su Il giudizio del corvo (Dylan Dog #311 del 2011).
Axel Neil è la massima espressione dell'hard rock: ha il nome del cantante dei Guns e il cappello di Slash (ex chitarrista, non a caso, ancora dei Guns!) e si esprime con frasi riprese da classici di repertorio metal e hard rock.
Rilevante è anche il ritorno di John Ghost, altro character tipicamente (e pienamente) recchioniano, la cui presenza è ormai indicativa implicitamente che sta per accadere qualcosa di importante. Con lui, torna la sensazione che Dylan non sia altro che un burattino nelle mani di poteri più grandi. A capo di un nuovo ordine mondiale che promuove il caos, Ghost rispecchia l'idea dell'uomo di successo che non ha timore di sfidare chiunque pur di raggiungere i propri scopi, sconvolgendo lo status quo.
Come suggerisce lo stesso Recchioni nell'introduzione, Ghost ha rappresentato negli ultimi anni la funzione di "motore immobile degli avvenimenti", senza mostrarsi troppo ma facendo percepire spesso la propria ombra.
Paradossalmente, come faceva notare lo stesso curatore della testata durante la conferenza lucchese su Dylan, laddove alcuni hanno malcelato nel tempo una certa critica verso la "latitanza" di John Ghost dalle storie, quest'ultimo è apparso con una frequenza alquanto coerente con il modo di gestire i villain principali nella serie dylaniata: anche Xabaras, per fare un esempio illustre, è apparso in pochi albi selezionati (e anch'egli a volte veniva solo citato, senza mostrarsi direttamente).
Qui invece Ghost è in prima linea dall'inizio alla fine della storia e ha un ruolo decisivo. Ancora una volta, non è difficile intravedere nella sua figura la trasfigurazione dello stesso sceneggiatore romano, personaggio e autore accomunati dalla sfrontatezza tipica di chi è in procinto di sconvolgere la vita di Dylan Dog.
L'idea di base per la prima parte della storia è tanto semplice quanto intelligente: che Axel Neil (e soprattutto il suo mandante) sia portatore del caos, rappresentando e impersonificando l'entropia, scagliandosi sulla routine della quotidianità londinese proprio come, stando a quanto preannunciato (e a quanto leggiamo in questo primo episodio), il ciclo della meteora è destinato a interrompere il placido susseguirsi delle storie mensili di Dylan.
Un tripudio di metanarrativa che porta chiaramente la firma di Recchioni (per quanto, come noto ai più, in Dylan Dog l'aspetto metanarrativo è presente praticamente da sempre). L'intento evidente è quello di coniugare l'anima distruttiva (hard rock, appunto) con quella autoriale che conduce lo sceneggiatore ad aggiungere contenuti più sentiti e profondi, in parte presenti sotto traccia. Le pagine finali infatti riportano alla luce il lato più umano e impegnato di Dylan, un aspetto che non mancherà di far discutere (e, ci auguriamo, anche di far riflettere) poiché va a toccare diversi temi più attuali che mai. Con disarmante disinvoltura, Recchioni parla della massificazione della società, del fanatismo mediatico, della creazione di idoli tramite l'uso dei mass media (e dei social e delle app), dell'istinto a schierarsi contro chi è più debole per far prevalere le proprie inconsistenti certezze e trasformarsi, in sostanza, in dei mostri. E qui, come brillantemente evidenzia Groucho durante la storia, è sin troppo ovvio da che parte si schiererà Dylan...
La storia rispecchia senz'altro un'impronta autoriale che, piacca o no, riconduce a idee e suggestioni tipiche della scrittura recchioniana. Se alcuni elementi sono assolutamente tipici di Dylan Dog sin dagli esordi, come il gusto per il citazionismo, lo splatter e l'idea che "i veri mostri siamo noi", è altresì corretto affermare che diversi spunti sono tipici dello sceneggiatore romano, come l'ancorarsi alla società attuale e all'uso dei social, l'approccio iconoclasta e distruttivo verso l'ordinato evolversi delle cose (e delle storie), l'uso di frasi a effetto e alte dosi d'azione e la struttura visiva che fa ampio uso di splash page e di tavole con un layout molto vario e spesso libero, che fanno da contraltare a tavole con una griglia regolare.
Ai disegni, come abbiamo accennato in precedenza, Leomacs sfoggia tutto il suo repertorio di artista dedito all'espressività e al dinamismo, rendendo egregiamente la componente entropica della prima metà dell'albo. Altrettanto valido è il lavoro di Marco Nizzoli, autore dallo stile più sofisticato che visualizza una porzione più complessa del racconto in maniera particolarmente riuscita.
Difetti della storia? La carne al fuoco è tanta e gli avvenimenti si susseguono quasi senza sosta, al punto da riuscire a malapena a riprendere fiato, e sembra che tutto avvenga in maniera sin troppo repentina, quasi come quando si narra un sogno (o un incubo, trattandosi di Dylan e visto il tenore degli avvenimenti). Sebbene non sia da escludersi che in chiusura del ciclo un colpo di scena ci spieghi i retroscena di questa forsennata sequenza di avvenimenti, per quanto ci è dato leggere allo stato attuale questa modalità espressiva può lasciare un po' perplessi.
Un aspetto graficamente interessante della copertina regular di Gigi Cavenago, oltre alla potenza visiva, è quello del logo. Come anticipato nella suddetta conferenza lucchese, la scritta "Dylan Dog" inizia a cadere a pezzi: si modificherà mese dopo mese e, pare, si distruggerà alla fine del ciclo della meteora. La disgregazione del logo rappresenterà il cambiamento del mondo del personaggio e non è dato sapere cosa ci sarà al suo posto... Per ora possiamo goderci un episodio frenetico e disarmante, a tratti fulminante e decisamente coraggioso nel rompere lo schema dell'autoconclusività mensile e iniziare a far spazio a qualcosa di nuovo. Restiamo in fiduciosa attesa dell'impatto.
"Che regni il caos!"
SERIE: Dylan Dog
NUMERO: 387
DATA: novembre 2018
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Roberto Recchioni
DISEGNI E CHINE: Leomacs e Marco Nizzoli
COPERTINA: Gigi Cavenago
Tutte le immagini © 2018 Sergio Bonelli Editore.
Fatte queste doverose premesse, arriviamo alla storia. Scritto da Roberto Recchioni, attuale curatore della testata, l'episodio è realizzato ai disegni da Leomacs e Marco Nizzoli, i quali si occupano rispettivamente della parte più distruttiva e action della storia (definita dallo stesso Recchioni "rock'n roll") e della restante porzione, più legata all'attualità e alla realtà odierna (con andamento più soft, "acid jazz" per restare nella metafora musicale).
Sulla trama preferiamo non soffermarci troppo, citando però alcuni elementi funzionali al nostro disorso a seguire, e lasciando al lettore il gusto di approfondire il resto.
Come si evince già dalla splendida copertina di Gigi Cavenago, torna Axel Neil. Il "maniaco con l'ascia" è un personaggio che aveva esordito nella primissima storia dylaniata sceneggiata da Roberto Recchioni (Fuori tempo massimo, sul primo Dylan Dog Color Fest del 2007) ed era tornato qualche anno dopo su Il giudizio del corvo (Dylan Dog #311 del 2011).
Axel Neil è la massima espressione dell'hard rock: ha il nome del cantante dei Guns e il cappello di Slash (ex chitarrista, non a caso, ancora dei Guns!) e si esprime con frasi riprese da classici di repertorio metal e hard rock.
Rilevante è anche il ritorno di John Ghost, altro character tipicamente (e pienamente) recchioniano, la cui presenza è ormai indicativa implicitamente che sta per accadere qualcosa di importante. Con lui, torna la sensazione che Dylan non sia altro che un burattino nelle mani di poteri più grandi. A capo di un nuovo ordine mondiale che promuove il caos, Ghost rispecchia l'idea dell'uomo di successo che non ha timore di sfidare chiunque pur di raggiungere i propri scopi, sconvolgendo lo status quo.
Paradossalmente, come faceva notare lo stesso curatore della testata durante la conferenza lucchese su Dylan, laddove alcuni hanno malcelato nel tempo una certa critica verso la "latitanza" di John Ghost dalle storie, quest'ultimo è apparso con una frequenza alquanto coerente con il modo di gestire i villain principali nella serie dylaniata: anche Xabaras, per fare un esempio illustre, è apparso in pochi albi selezionati (e anch'egli a volte veniva solo citato, senza mostrarsi direttamente).
Qui invece Ghost è in prima linea dall'inizio alla fine della storia e ha un ruolo decisivo. Ancora una volta, non è difficile intravedere nella sua figura la trasfigurazione dello stesso sceneggiatore romano, personaggio e autore accomunati dalla sfrontatezza tipica di chi è in procinto di sconvolgere la vita di Dylan Dog.
L'idea di base per la prima parte della storia è tanto semplice quanto intelligente: che Axel Neil (e soprattutto il suo mandante) sia portatore del caos, rappresentando e impersonificando l'entropia, scagliandosi sulla routine della quotidianità londinese proprio come, stando a quanto preannunciato (e a quanto leggiamo in questo primo episodio), il ciclo della meteora è destinato a interrompere il placido susseguirsi delle storie mensili di Dylan.
Un tripudio di metanarrativa che porta chiaramente la firma di Recchioni (per quanto, come noto ai più, in Dylan Dog l'aspetto metanarrativo è presente praticamente da sempre). L'intento evidente è quello di coniugare l'anima distruttiva (hard rock, appunto) con quella autoriale che conduce lo sceneggiatore ad aggiungere contenuti più sentiti e profondi, in parte presenti sotto traccia. Le pagine finali infatti riportano alla luce il lato più umano e impegnato di Dylan, un aspetto che non mancherà di far discutere (e, ci auguriamo, anche di far riflettere) poiché va a toccare diversi temi più attuali che mai. Con disarmante disinvoltura, Recchioni parla della massificazione della società, del fanatismo mediatico, della creazione di idoli tramite l'uso dei mass media (e dei social e delle app), dell'istinto a schierarsi contro chi è più debole per far prevalere le proprie inconsistenti certezze e trasformarsi, in sostanza, in dei mostri. E qui, come brillantemente evidenzia Groucho durante la storia, è sin troppo ovvio da che parte si schiererà Dylan...
La storia rispecchia senz'altro un'impronta autoriale che, piacca o no, riconduce a idee e suggestioni tipiche della scrittura recchioniana. Se alcuni elementi sono assolutamente tipici di Dylan Dog sin dagli esordi, come il gusto per il citazionismo, lo splatter e l'idea che "i veri mostri siamo noi", è altresì corretto affermare che diversi spunti sono tipici dello sceneggiatore romano, come l'ancorarsi alla società attuale e all'uso dei social, l'approccio iconoclasta e distruttivo verso l'ordinato evolversi delle cose (e delle storie), l'uso di frasi a effetto e alte dosi d'azione e la struttura visiva che fa ampio uso di splash page e di tavole con un layout molto vario e spesso libero, che fanno da contraltare a tavole con una griglia regolare.
Ai disegni, come abbiamo accennato in precedenza, Leomacs sfoggia tutto il suo repertorio di artista dedito all'espressività e al dinamismo, rendendo egregiamente la componente entropica della prima metà dell'albo. Altrettanto valido è il lavoro di Marco Nizzoli, autore dallo stile più sofisticato che visualizza una porzione più complessa del racconto in maniera particolarmente riuscita.
Difetti della storia? La carne al fuoco è tanta e gli avvenimenti si susseguono quasi senza sosta, al punto da riuscire a malapena a riprendere fiato, e sembra che tutto avvenga in maniera sin troppo repentina, quasi come quando si narra un sogno (o un incubo, trattandosi di Dylan e visto il tenore degli avvenimenti). Sebbene non sia da escludersi che in chiusura del ciclo un colpo di scena ci spieghi i retroscena di questa forsennata sequenza di avvenimenti, per quanto ci è dato leggere allo stato attuale questa modalità espressiva può lasciare un po' perplessi.
Un aspetto graficamente interessante della copertina regular di Gigi Cavenago, oltre alla potenza visiva, è quello del logo. Come anticipato nella suddetta conferenza lucchese, la scritta "Dylan Dog" inizia a cadere a pezzi: si modificherà mese dopo mese e, pare, si distruggerà alla fine del ciclo della meteora. La disgregazione del logo rappresenterà il cambiamento del mondo del personaggio e non è dato sapere cosa ci sarà al suo posto... Per ora possiamo goderci un episodio frenetico e disarmante, a tratti fulminante e decisamente coraggioso nel rompere lo schema dell'autoconclusività mensile e iniziare a far spazio a qualcosa di nuovo. Restiamo in fiduciosa attesa dell'impatto.
Il Sommo
"Che regni il caos!"
SERIE: Dylan Dog
NUMERO: 387
DATA: novembre 2018
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Roberto Recchioni
DISEGNI E CHINE: Leomacs e Marco Nizzoli
COPERTINA: Gigi Cavenago
Tutte le immagini © 2018 Sergio Bonelli Editore.