Mercurio Loi #12

Una vita in una settimana, tra gioco e reiterazione


Il dodicesimo numero di Mercurio Loi è un riuscitissimo gioco narrativo che avrebbe fatto la gioia di Borges, Perec e Calvino. Questa volta, ancora una volta, e in modo come sempre encomiabile, ci troviamo davanti a una non-storia o, meglio, a una storia durante lo svolgimento della quale sembra non accadere nulla mentre, in realtà, accade la cosa più importante fra tutte: la vita di un uomo, il nostro professor Mercurio Loi, scorre come un placido fiume apparentemente senza senso o comunque senza un evento degno della nostra (e della sua) attenzione.


E così Alessandro Bilotta continua a stupirci numero dopo numero: ormai gli Audaci sono convinti che, qualsiasi sia l'argomento, lo scrittore romano riesce a trattarlo in maniera profonda e che si tratta di uno dei pochi scrittori ad avere davvero qualcosa da dire, qualcosa per cui valga la pena spendere quei minuti di tempo in più per soffermarsi a leggere e rileggere le sue storie.

Leggendo quest'albo appare chiaro l'invito dell'autore a riflettere su quanto prezioso sia il dono dell'esistenza, su quanto sia importante non sprecare il tempo che abbiamo a nostra disposizione perché è limitato, cercando piuttosto di dare un senso a ogni singolo momento di ogni giornata di ogni settimana di ogni mese di ogni anno: la vita accade continuamente sotto i nostri occhi e sta a noi - soltanto a noi - rendercene conto e farne tesoro.
Il rischio più grande è quello della noia che porta alla nausea, alla fine di ogni curiosità, fino al disinteresse per la vita stessa.
Anche per questo Mercurio è un personaggio memorabile: riesce, con il suo costante interrogarsi e arrovellarsi, a indagare ogni aspetto del reale e dell'immaginifico e a trovare il senso ultimo delle cose e ciò che giace al di là di ciò che sembra ma non è come appare.
Anche il suo spiare la vita di Ottone, perdutamente innamorato, va oltre il mero voyerismo: è un osservare per comprendere quello che succede nella vita del suo giovane assistente da un lato e per avere la conferma di aver capito tutto in anticipo, ed esserne gratificato dall'altro.


Forse il buon Mercurio è spinto, come dicevamo, da una lotta alla superficialità, dal desiderio di approfondire tutto e di risolvere qualsiasi mistero, andando a fondo anche nelle questioni che apparentemente sembrerebbero insignificanti.
O forse è semplicemente guidato dall'assenza di impegni particolari, dal continuo dedicare le proprie giornate a elucubrazioni mentali che lasciano spoglia l'agenda da appuntamenti con la realtà tangibile e pragmatica.
O forse, infine, scambia semplicemente la reiterazione di alcune azioni con l'assoluta mancanza di eventi e novità, quasi che il sale della vita sia fare cose sempre differenti. E invece, come ci ricorda il saggio barbiere Adelchi, "la ripetizione può farci scoprire dettagli che ci erano sfuggiti al primo sguardo..." (ecco perché, implicitamente e conseguentemente, questa storia va riletta più volte per coglierne davvero tutte le sfumature).

La narrazione si dipana su un sapiente gioco di parallelismi, rimandi e costruzioni a specchi in cui tutto sembra accadere esattamente come il giorno prima ma, al contrario, nella trama della tela si aprono tanti piccoli squarci che corrispondono ad altrettanti piccoli sguardi sul futuro della serie, dei personaggi e dell'idea di scrittura dell'autore: le misteriose sparizioni degli adepti di Sciarada, il barbiere Adelchi che latita, Ottone che sembra sempre più lontano da Mercurio e dalla sua missione, il fedele servitore Leone che sembra non capire fino in fondo il suo patrono, il colonnello Belforte in ferie dalle fatiche quotidiane (o da se stesso...). Tutto concorre a fornire un quadro suggestivo e di non semplice lettura che, come ormai abbiamo imparato nell'arco delle storie precedenti, esula dal puro intreccio investigativo.
Bilotta tiene a precisare, per bocca del Professor Loi, la distanza delle sue storie dai gialli classici: "Gli omicidi sono noiosi... Li lascio a quelli con poca fantasia!", ma anche "Non vorrete che mi interessi a dei banali omicidi?!".


Come già negli episodi precedenti, il discorso portato avanti da Bilotta è di stampo esistenziale e filosofico, volto ad affrontare tematiche che esulano dal susseguirsi lineare di eventi.
È insita nel contesto di tali riflessioni un'analisi indiretta dei meccanismi che sottendono alla serialità. La reiterazione degli eventi, la ripresa di temi e sottotrame, il ritorno di personaggi già apparsi in precedenza e l'anticipazione di possibili scenari futuri sono parte integrante e pressoché imprescindibile della narrazione seriale. Seguendo questa chiave di lettura, il discorso assume dunque i connotati di analisi della materia prima che lo stesso sceneggiatore utilizza per le sue storie e delle aspettative che i lettori hanno verso le future uscite della collana. Quanto è lecito aspettarsi di leggere sempre solo eventi inediti, personaggi introdotti ex novo e luoghi mai visti, nel contesto di una serie che per forza di cose ha un suo substrato di rassicurante ripetitività? E non è forse proprio questo ciò che a volte il lettore cerca nelle letture seriali, ovvero quel bozzolo di certezze nel quale rifugiarsi e in qualche modo sapere già cosa ritrovare?

Proprio per la struttura narrativa e per l'(apparente) assenza di eventi, questa storia era tutt'altro che semplice da rappresentare visivamente. Eppure i disegni, ad opera di Onofrio Catacchio con la collaborazione di Sergio Ponchione (autore anche delle tavole del prossimo numero), riescono a rendere in maniera impeccabile la ciclicità degli eventi e contribuiscono alla narrazione tramite un felice gioco di rimandi visivi. La frequente ripetizione della stessa vignetta (seppur con alcune, a volte impercettibili, variazioni) aiuta a comunicare l'idea di immobilità, di apparente impossibilità di fuga. I colori, appannaggio di Erika Bendazzoli, danno forma netta e precisa al segno di Catacchio, restituendone la sinteticità del tratto pulito e chiaro.
Versione in bianco e nero di una tavola dell'albo.

La stessa tavola a colori.

In conclusione Bilotta, con il supporto di Catacchio, Ponchione e Bendazzoli, gioca col lettore come il gatto con il topo: in Una settimana come tante dissemina tranelli e informazioni quasi a sfidare il lettore in una gara sulla sua soglia di attenzione. Una sfida senza speranza alla nostra intelligenza e al nostro modo di vivere e di leggere (anche una storia a fumetti).

Rolando Veloci & il Sommo audace



"Una settimana come tante"
SERIE: Mercurio Loi
NUMERO: 12
DATA: luglio 2018
SERGIO BONELLI EDITORE

SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Alessandro Bilotta
DISEGNI E CHINE: Onofrio Catacchio (con la partecipazione di Sergio Ponchione)
COLORI: Erika Bendazzoli
COPERTINA: Manuele Fior




Per le immagini tratte dall'albo: © 2018 Sergio Bonelli Editore.

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