La fine della ragione
Quando l'urgenza comunicativa si fa fumetto
Prima graphic novel originale di Feltrinelli Comics, La fine della ragione di Roberto Recchioni costituisce il vero ingresso nel mondo del fumetto della casa editrice milanese, dopo la pubblicazione di Un amore esemplare di Daniel Pennac e Florence Cestac. In un contesto in cui diversi editori generalisti stanno aprendosi alla Nona arte, la nuova collana diretta da Tito Faraci porta in libreria un'opera necessaria, che affronta argomentazioni sociali e culturali in chiave distopica ed è caratterizzata dall'urgenza tipica degli istant book e dei pamphlet, interamente tesa a condurre il proprio messaggio a destinazione.
Il graphic novel è la cura. Io sono la malattia" - errata corrige: "Il graphic novel è la malattia. Lui è la cura"), concetto ripreso peraltro in maniera geniale da Leo Ortolani in un'esilarante sequenza di Rat-Man. Qui invece RRobe ripropone una concezione arcaica del linguaggio fumettistico (ci auguriamo ormai completamente accantonata...) e la propone in uno sfondo distopico, per immergere sin da subito il lettore nel clima della narrazione, con un volo pindarico che è anche un primo tumultuoso accenno all'ignoranza dilagante.
La storia racconta di un mondo ribaltato, uno specchio nero del nostro presente che, come ogni distopia che si rispetti, ci mostra "cosa accadrebbe se"... Se la scienza e la cultura venissero repentinamente soppresse. Se la voce degli ignoranti fosse quella che riesce a generare maggiore eco nelle menti. Se la "saggezza popolare" avesse vinto su tutto e se le proteste contro la kasta, le scie chimiche e Big Pharma fossero riuscite a ribaltare il sistema (è davvero solo un futuro ipotetico?). Un mondo dove i buoni non esistono, gli scienziati sono costretti a nascondersi per non essere perseguitati e una madre, desiderosa di curare la propria bambina malata, viene osteggiata nella sua ricerca di rimedi scientifici.
Sul fronte tecnico, RRobe utilizza un misto tra disegno analogico e digitale, con colori carichi cupi a rendere maggiormente drammatico il racconto. L'autore romano utilizza poi l'artificio di rappresentare il tutto sui fogli di un quaderno a righe ingiallito, quasi a ripercorrere memorie di un passato ormai sepolto (un Medioevo, sebbene futuristico).
Ciò si palesa nella natura frammentaria dell'opera che ne soverchia la linearità, nella potenza della voce personale che emerge indistintamente rispetto a tutto il resto. È vero anche che, se in Asso RRobe era autore e protagonista, ne La fine della ragione l'autore si riserva il ruolo metafumettistico di cantastorie in un'epoca distopicamente (e realisticamente) oscura.
D'altra parte, come evidenziava Lorenzo Barberis nella sua colta disamina artistico-letteraria dell'opera, La fine della ragione intesse punti in comune ed evidenti differenze rispetto a tutti i precedenti fumettistici (e, perché no, anche letterari, se includiamo Ya) recchioniani. "Io scrivo come se tutte le mie serie e i miei personaggi vivessero in un unico universo narrativo personale. I temi, alcuni luoghi, certe riflessioni, sono comuni e proseguono da un'opera all'altra", aveva affermato l'autore romano in un'intervista pubblicata su questo blog. Non sorprende dunque la presenza di topoi a lui cari, come i quattro cavalieri dell'apocalisse (John Doe), l'Italia devastata di un futuro distopico (Orfani: Ringo) e così via.
Non è certo di poco rilievo poi il ruolo della madre (che peraltro assume tristemente un valore autobiografico ancor più forte, tenuto conto della recente scomparsa della madre dell'autore, fiera supporter dell'attività fumettistica del figlio). Chiunque conosca bene il corpus delle opere recchioniane, anche solo limitandosi al fronte fumettistico e agli ultimi 4/5 anni, sa che in molti dei suoi fumetti recenti assume un peso determinante la forza dell'amore materno, che è stata ad esempio al centro di diversi numeri di Orfani e di Dylan Dog - Mater Dolorosa: ne La fine della ragione essa rappresenta l'ultimo scampolo di raziocinio che separa l'uomo dalla perdita completa di ogni minima ragionevolezza.
È indubbio e per certi versi inevitabile il ricadere, almeno in parte, nel medesimo schematismo e nello stesso processo di semplificazione che l'autore critica con solerzia. Del resto, considerati i presupposti ideativi e produttivi dell'opera, era difficile ipotizzare di riuscire ad affrontare temi complessi con risposte complesse. Il problema risiede principalmente nell'estrema stilizzazione della trama, che forse avrebbe meritato alcuni ulteriori approfondimenti che avrebbero arricchito il racconto senza intaccarne la sintesi stilistica (un esempio su tutti: le peripezie affrontate dalla madre durante il suo viaggio, sulle quali l'autore preferisce dichiarare che, non essendo questo un racconto d'avventura, la madre "arrivò al Sasso senza che le succedesse niente di interessante").
D'altra parte, pare alquanto evidente che lo scopo di partenza non fosse analitico e d'approfondimento, quanto quello di proporre i propri pensieri senza filtri, con il maggior grado di immediatezza possibile. Va considerato anche che, se Recchioni è considerato da tempo la rockstar del fumetto, lo deve anche alla sua anima più puramente punk ed estrema, ossia l'autore/personaggio che difficilmente si tira indietro di fronte alle polemiche e alle sfide.
Qualche anno fa, parlando di Asso, affermavamo che cercare di spiegare alcune opere equivale a volte a renderle sterili, nel complesso passaggio da recensore a lettore di recensioni.
Oggi, analizzando questa nuova (non) graphic novel/pamphlet dopo che già in tanti ne hanno parlato, sembra opportuno considerare che forse anche l'accoglienza critica di un'opera di questo tipo rientra negli intenti autoriali: generare qualcosa che faccia discutere. In questo senso, che voi lo sappiate o meno, la rockstar che si autodefiniva "attention whore" ha fatto centro ancora: le sue idee sono giunte a destinazione.
"La fine della ragione"
Testi e disegni: Roberto Recchioni
Feltrinelli Comics
Febbraio 2018
Prima graphic novel originale di Feltrinelli Comics, La fine della ragione di Roberto Recchioni costituisce il vero ingresso nel mondo del fumetto della casa editrice milanese, dopo la pubblicazione di Un amore esemplare di Daniel Pennac e Florence Cestac. In un contesto in cui diversi editori generalisti stanno aprendosi alla Nona arte, la nuova collana diretta da Tito Faraci porta in libreria un'opera necessaria, che affronta argomentazioni sociali e culturali in chiave distopica ed è caratterizzata dall'urgenza tipica degli istant book e dei pamphlet, interamente tesa a condurre il proprio messaggio a destinazione.
"Attenzione! Per venire incontro ai tempi in cui viviamo, fatti di comunicazione semplificata e titoli di giornali che sono gli articoli stessi, questo libro utilizzerà un linguaggio facilitato fatto di molte immagini e di un numero estremamente limitato di parole. Questo linguaggio un tempo era noto come fumetto [...]"Il volume inizia così, con una definizione ironica e volutamente caustica come l'intera storia. Recchioni non è nuovo a questo tipo di operazioni: in Asso aveva esposto addirittura in copertina un affondo verso l'onnipresente desiderio di rendere tutto "figo" semplicemente definendolo "graphic novel" (nota: per chi non lo sapesse, la cover recitava "
La storia racconta di un mondo ribaltato, uno specchio nero del nostro presente che, come ogni distopia che si rispetti, ci mostra "cosa accadrebbe se"... Se la scienza e la cultura venissero repentinamente soppresse. Se la voce degli ignoranti fosse quella che riesce a generare maggiore eco nelle menti. Se la "saggezza popolare" avesse vinto su tutto e se le proteste contro la kasta, le scie chimiche e Big Pharma fossero riuscite a ribaltare il sistema (è davvero solo un futuro ipotetico?). Un mondo dove i buoni non esistono, gli scienziati sono costretti a nascondersi per non essere perseguitati e una madre, desiderosa di curare la propria bambina malata, viene osteggiata nella sua ricerca di rimedi scientifici.
Sul fronte tecnico, RRobe utilizza un misto tra disegno analogico e digitale, con colori carichi cupi a rendere maggiormente drammatico il racconto. L'autore romano utilizza poi l'artificio di rappresentare il tutto sui fogli di un quaderno a righe ingiallito, quasi a ripercorrere memorie di un passato ormai sepolto (un Medioevo, sebbene futuristico).
In questa storia, sebbene non sempre distinguibili, vengono riversate molte delle passioni fumettistiche e cinematografiche dell'autore, in un concentrato di cultura pop che spazia dal genere supereroistico ai fumetti autoriali italiani, dall'etica dei samurai agli immancabili riferimenti a Go Nagai, dalle pose di un Miller (Frank) all'estetica di un altro Miller (George).
Il testo predomina sulle immagini, al punto che alcune tavole (Andrea Pazienza docet) sono occupate interamente da parole scritte in grassetto e a caratteri cubitali, a generare una commistione tra prosa e disegno. Alcuni snodi della trama vengono sviscerati infatti con lunghe didascalie, gestite peraltro con notevole padronanza del mezzo espressivo, in una sorta di incoercibile flusso di coscienza che segue una linea di pensiero più che la narrazione in senso stretto.
Laddove alcuni hanno intravisto una citazione a Zerocalcare nelle scelte linguistiche, appare invece evidente che Recchioni si muove qui sul solco del suo unico precedente quale autore di (non) graphic novel: Asso, appunto.Il testo predomina sulle immagini, al punto che alcune tavole (Andrea Pazienza docet) sono occupate interamente da parole scritte in grassetto e a caratteri cubitali, a generare una commistione tra prosa e disegno. Alcuni snodi della trama vengono sviscerati infatti con lunghe didascalie, gestite peraltro con notevole padronanza del mezzo espressivo, in una sorta di incoercibile flusso di coscienza che segue una linea di pensiero più che la narrazione in senso stretto.
Ciò si palesa nella natura frammentaria dell'opera che ne soverchia la linearità, nella potenza della voce personale che emerge indistintamente rispetto a tutto il resto. È vero anche che, se in Asso RRobe era autore e protagonista, ne La fine della ragione l'autore si riserva il ruolo metafumettistico di cantastorie in un'epoca distopicamente (e realisticamente) oscura.
D'altra parte, come evidenziava Lorenzo Barberis nella sua colta disamina artistico-letteraria dell'opera, La fine della ragione intesse punti in comune ed evidenti differenze rispetto a tutti i precedenti fumettistici (e, perché no, anche letterari, se includiamo Ya) recchioniani. "Io scrivo come se tutte le mie serie e i miei personaggi vivessero in un unico universo narrativo personale. I temi, alcuni luoghi, certe riflessioni, sono comuni e proseguono da un'opera all'altra", aveva affermato l'autore romano in un'intervista pubblicata su questo blog. Non sorprende dunque la presenza di topoi a lui cari, come i quattro cavalieri dell'apocalisse (John Doe), l'Italia devastata di un futuro distopico (Orfani: Ringo) e così via.
Non è certo di poco rilievo poi il ruolo della madre (che peraltro assume tristemente un valore autobiografico ancor più forte, tenuto conto della recente scomparsa della madre dell'autore, fiera supporter dell'attività fumettistica del figlio). Chiunque conosca bene il corpus delle opere recchioniane, anche solo limitandosi al fronte fumettistico e agli ultimi 4/5 anni, sa che in molti dei suoi fumetti recenti assume un peso determinante la forza dell'amore materno, che è stata ad esempio al centro di diversi numeri di Orfani e di Dylan Dog - Mater Dolorosa: ne La fine della ragione essa rappresenta l'ultimo scampolo di raziocinio che separa l'uomo dalla perdita completa di ogni minima ragionevolezza.
È indubbio e per certi versi inevitabile il ricadere, almeno in parte, nel medesimo schematismo e nello stesso processo di semplificazione che l'autore critica con solerzia. Del resto, considerati i presupposti ideativi e produttivi dell'opera, era difficile ipotizzare di riuscire ad affrontare temi complessi con risposte complesse. Il problema risiede principalmente nell'estrema stilizzazione della trama, che forse avrebbe meritato alcuni ulteriori approfondimenti che avrebbero arricchito il racconto senza intaccarne la sintesi stilistica (un esempio su tutti: le peripezie affrontate dalla madre durante il suo viaggio, sulle quali l'autore preferisce dichiarare che, non essendo questo un racconto d'avventura, la madre "arrivò al Sasso senza che le succedesse niente di interessante").
D'altra parte, pare alquanto evidente che lo scopo di partenza non fosse analitico e d'approfondimento, quanto quello di proporre i propri pensieri senza filtri, con il maggior grado di immediatezza possibile. Va considerato anche che, se Recchioni è considerato da tempo la rockstar del fumetto, lo deve anche alla sua anima più puramente punk ed estrema, ossia l'autore/personaggio che difficilmente si tira indietro di fronte alle polemiche e alle sfide.
Come sottolineato in più di un'analisi, quest'opera è un'avvelenata, non solo per l'esplicita citazione testuale alla canzone di Francesco Guccini, ma anche per gli intenti e per la loro applicazione. Per racconti come questo, da un lato c'è l'evidente urgenza comunicativa, il desiderio di mettere su carta pensieri e immagini, ritenendo indispensabile condividere all'istante un presente sempre più evanescente ed effimero che sembra non cristallizzare nulla e in cui tutti paiono dimenticare qualsiasi cosa con sin troppa premura. Sul fronte opposto, la cura certosina, la voglia di prendersi tutto il tempo che serve per realizzare la storia. Questi due lati della medaglia non sono sempre inconciliabili né per forza in contrasto, a volte è possibile giungere a un compromesso. Detto ciò, è evidente come RRobe abbia scelto programmaticamente di raccontare l'oggi hic et nunc, trasfigurando l'attualità in un futuro impietoso, un ritorno al Medioevo culturale e sociale che già domani potrebbe diventare obsoleto (dopo le elezioni più incerte della storia politica italiana recente). Attendere troppo tempo tra l'ideazione e la pubblicazione della storia avrebbe probabilmente minato la forza e l'attualità di alcune sue riflessioni, o quanto meno è plausibile che tale sia stato il ragionamento dell'autore (e del curatore Faraci con lui). Pertanto Recchioni si è sottoposto a un tour de force produttivo per stare in tempi molto stretti (considerando anche le varie altre attività parallele, fumettistiche e non) e riuscire a pubblicare il volume con la velocità di una sequenza di post su facebook.
Qualche anno fa, parlando di Asso, affermavamo che cercare di spiegare alcune opere equivale a volte a renderle sterili, nel complesso passaggio da recensore a lettore di recensioni.
Oggi, analizzando questa nuova (non) graphic novel/pamphlet dopo che già in tanti ne hanno parlato, sembra opportuno considerare che forse anche l'accoglienza critica di un'opera di questo tipo rientra negli intenti autoriali: generare qualcosa che faccia discutere. In questo senso, che voi lo sappiate o meno, la rockstar che si autodefiniva "attention whore" ha fatto centro ancora: le sue idee sono giunte a destinazione.
Giuseppe Lamola
"La fine della ragione"
Testi e disegni: Roberto Recchioni
Feltrinelli Comics
Febbraio 2018