Mercurio Loi #7
Una clessidra impossibile da rovesciare
Le avventure che si leggono su Mercurio Loi si rivelano ogni volta una vera e propria esperienza conoscitiva: in ogni albo della serie, Alessandro Bilotta sceglie di far ruotare la sua sceneggiatura intorno a un tema specifico (le maschere, la finzione teatrale, il ricordo, l'infelicità, le scelte e così via).
La testa di Pasquino è indubbiamente il culmine di tutto quello che è stato raccontato sinora, non solo da un punto di vista strettamente narrativo, per la risoluzione di alcuni snodi narrativi importanti, ma anche e soprattutto dal lato qualitativo, in quanto si staglia un gradino sopra rispetto ai già altissimi livelli raggiunti nei primi sei albi (sette, considerando l'episodio apparso su Le Storie).
[Potrebbe contenere spoiler e... Oh, andiamo, dovreste leggere quest'albo stupendo, altrimenti proseguire la lettura avrebbe poco senso.]
Dalla
definizione di poesia si passa alla scintilla che la fa nascere e
infine si arriva alle ingiustizie (toccante la sua schiena "accarezzata"
dalle offese della legge) davanti alle quali la vita ci pone e che
proprio la poesia ci aiuta ad affrontare. E tutto questo ci viene
mostrato soltanto nelle prime sette tavole: davvero straordinario!
Lacerante la sequenza, in parte muta, in cui il capitano esterna tutto il suo sgomento come reazione alla scoperta della "testa di Paquino" (pagg. 68/70).
Lo stesso evento, è necessario a Scaccia per entrare nella senescenza: il professore vorrebbe cedere il testimone, passandolo però alla persona sbagliata. Il riconoscere l'errore porta Scaccia oltre la soglia della vecchiaia.
Abbiamo
ingiustamente tenuto in fondo il lavoro del disegnatore, che mai come
in questo caso si integra con il lavoro di Bilotta in una splendida resa
visiva. Massimiliano Bergamo è nella scuderia Bonelli dal 2011 e il suo tratto ha già impreziosito alcuni numeri di Lukas con stile preciso e molto personale (vedi qui e qui).
Questa storia sancisce la sua definitiva consacrazione, sin dalle prime
tre tavole, nelle quali il professor Scaccia "viaggia" letteralmente
all'interno di un disegno, muovendosi in un ambiente tridimensionale che
si rivela poi, appunto, un quadro: Bergamo rende egregiamente l'idea di
entrare all'interno della scena rappresentata (ancora una volta un gioco
di metanarrazione e di sfondamento di pareti). Dopo un inizio così
sembrerebbe davvero arduo tenere il medesimo livello artistico per 94
pagine, invece un'invenzione dopo l'altra (con il sostegno della
straordinaria sceneggiatura di Bilotta e dell'attenta colorazione di
Nicola Righi), Bergamo mette in scena concetti complessi come il
riaffiorare di ricordi e sensazioni (vedi pag. 13 e 14, dove il prof.
Scaccia rivede alcuni degli elementi del quadro sopracitato) o come il
materializzarsi di proiezioni mentali e il loro palesarsi come elementi
immaginari (impagabile il Mercurio Loi che si rivolge a Scaccia a pag.
41 affermando di trovarsi "dentro la sua testa"... Oppure si rivolge al
lettore?), in un susseguirsi di trovate felici e che richiedono la
costante attenzione e collaborazione da parte del lettore.
"La testa di Pasquino"
SERIE: Mercurio Loi
NUMERO: 7
DATA: novembre 2017
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Alessandro Bilotta
DISEGNI E CHINE: Massimiliano Bergamo
COLORI: Nicola Righi
COPERTINA: Manuele Fior
Tutte le immagini © 2017 Sergio Bonelli Editore.
Le avventure che si leggono su Mercurio Loi si rivelano ogni volta una vera e propria esperienza conoscitiva: in ogni albo della serie, Alessandro Bilotta sceglie di far ruotare la sua sceneggiatura intorno a un tema specifico (le maschere, la finzione teatrale, il ricordo, l'infelicità, le scelte e così via).
La testa di Pasquino è indubbiamente il culmine di tutto quello che è stato raccontato sinora, non solo da un punto di vista strettamente narrativo, per la risoluzione di alcuni snodi narrativi importanti, ma anche e soprattutto dal lato qualitativo, in quanto si staglia un gradino sopra rispetto ai già altissimi livelli raggiunti nei primi sei albi (sette, considerando l'episodio apparso su Le Storie).
[Potrebbe contenere spoiler e... Oh, andiamo, dovreste leggere quest'albo stupendo, altrimenti proseguire la lettura avrebbe poco senso.]
Questa volta l'autore romano inizia con una digressione, inquietante e affascinante al tempo stesso, sulla poesia o, meglio, sul ruolo della poesia.
All'inizio della storia un appena abbozzato, ma già perfettamente caratterizzato, professor Scaccia si infervora descrivendo al suo giovane sparring partner, Flavio,
un disegno in cui è rappresentata la fucilazione di un uomo davanti
agli occhi del suo giovanissimo figlio. L'anziano professore giunge alla
conclusione che la poesia trasfiguri il luogo nel quale siamo, che faccia vedere le cose da un altro punto di vista, che chi sa crearla ha un
enorme potere... ergo, la poesia è potere.
È
una storia disperatamente picaresca. "Disperata mente" proprio perché
la mente del picaro protagonista dispera ora di tutto (di amici, nemici,
di ricordi, di sogni, di se stessa...). Il prof. Scaccia indossa i
panni laceri e di fortuna del fuggitivo e insegue il se stesso che non
c'è più, in compagnia di un Mercurio mai presente come in questa
assenza.
È una storia sulla vecchiaia, di
una delicatezza e di una profondità inarrivabili. Su tutte, citiamo la scena
in cui l'anziano professor Scaccia, vero protagonista di
quest'episodio, si guarda allo specchio e vede "un estraneo vecchio". In
due parole viene così descritta la condizione della senilità, del
decadimento fisico e cognitivo, del non riconoscere se stessi e il mondo
che ci sta intorno, del trovare tutto cambiato irreversibilmente, una
clessidra impossibile da rovesciare. Ci riporta alla mente la profonda poeticità del Paco Roca di Rughe (lì
l'autore spagnolo affrontava il tema della vecchiaia associata alla
malattia).
Un senso di caducità pervade tutti i personaggi. Tutti sono
soli e fragili: padri, figli, maestri e allievi. Consapevole della
sventura di essere al mondo nella propria attuale condizione, ognuno
prova a suo modo a portare avanti la propria esistenza. Il capitano con
la superstizione e gli intrugli della strega; il professor Scaccia con i
fantasmi del passato e la sua lotta inarrestabile; il giovane Flavio
cercando di far felice suo padre e di renderlo orgoglioso di sé;
Mercurio indagando e risolvendo misteri. Il paradosso è che - per ognuno
di loro (o quasi) - ciò che li fa andare avanti è la causa stessa dei loro
ulteriori guai.
Pensando
ad alcuni dei personaggi citati (un anziano, il suo allievo/figlio, il
suo giovane aiutante e il bambino del quadro) viene di nuovo in mente la
progressione delle età della vita che già Bilotta aveva ripercorso
nello splendido quarto numero di Mercurio Loi e ne Le età della vita (Dylan Dog #281).
Bilotta
descrive tutti i suoi personaggi senza troppi preamboli e utilizzando poche ma
riuscitissime pagine per ognuno dei viandanti di questa camminata nella
Roma papalina. Se pensiamo a ritroso al modo in cui i personaggi sono
stati introdotti nella serie, tutto sembra narrato in modo anomalo ma
decisamente intrigante. Il professor Scaccia nel numero precedente sembrava
quasi un personaggio di contorno, importante nel passato di Mercurio
Loi ma plausibilmente destinato a non rivelarsi centrale nella
narrazione dei numeri successivi. Invece a lui vengono dedicati molti
passaggi fondamentali dell'albo: Mercurio appare (quasi) solo come
proiezione nella testa del Professor Scaccia, il suo mentore. Bilotta si
ricava così la possibilità di lavorare di fino sui personaggi senza
costrizioni nè vincoli di sorta, mettendo in discussione continuamente i
ruoli e le relazioni tra loro.
Il tema del rapporto padre-figlio, che
sublima nel legame che Scaccia intesse con Mercurio, trova un suo
drammatico parallelo nel rapporto tra il capitano e suo figlio. Il
primo, "non sapendo distinguere le scelte giuste del capitano da quelle
affettuose del padre", è diviso tra il suo ruolo di ufficiale e quello
di uomo e presenta i sintomi di un malanno grave. Il figlio subisce un
destino che scatena la reazione irrazionale di un uomo eccessivamente
razionale, che inizia a udire le voci che tentano di colmare il vuoto.Ottone visto da Massimiliano Bergamo. |
Lacerante la sequenza, in parte muta, in cui il capitano esterna tutto il suo sgomento come reazione alla scoperta della "testa di Paquino" (pagg. 68/70).
Lo stesso evento, è necessario a Scaccia per entrare nella senescenza: il professore vorrebbe cedere il testimone, passandolo però alla persona sbagliata. Il riconoscere l'errore porta Scaccia oltre la soglia della vecchiaia.
Inevitabile
poi pensare al contrappasso (sul quale già Bilotta si era soffermato
ampiamente nel secondo numero della serie) del carabiniere arrivista che
voleva prendersi il merito di aver fermato un fuorilegge e che paga per la sua ingordigia.
Niente sembra lasciato al caso: come in un meccanismo a orologeria, tutto sembra inserito per un motivo ben preciso.
"Invecchiare
capita ai vivi", era solito dire il nonno di Rolando... Ma poi
aggiungeva: "Quanto è brutto invecchiare". Nella storia che recensiamo c'è gente che lo sta
sperimentando sulla propria pelle. Scaccia è vecchio e sa cosa significa
vedere l'"estraneo" allo specchio; il capitano
teme di non scoprirlo mai perché è (o si crede) malato; suo
figlio è destinato a non scoprirlo mai. Pura poesia.
Si torna così al quesito iniziale: cos'è la poesia? Semplice: Bilotta che scrive Mercurio Loi.
Rolando Veloci & il Sommo
"La testa di Pasquino"
SERIE: Mercurio Loi
NUMERO: 7
DATA: novembre 2017
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Alessandro Bilotta
DISEGNI E CHINE: Massimiliano Bergamo
COLORI: Nicola Righi
COPERTINA: Manuele Fior
Tutte le immagini © 2017 Sergio Bonelli Editore.