MACERIE PRIME
Impressioni sul nuovo libro di Zerocalcare.
<<Ma secondo te sono contenti, nel posto-dove-vivono-tutti?>>
<<Ma secondo te sono contenti, nel posto-dove-vivono-tutti?>>
<<Bisogna chiedere
a loro. È una domanda
difficile.>>
Macerie prime, il nuovo libro
di Zerocalcare, è un tentativo di
rispondere a questa domanda. Un tentativo incompiuto per due motivi: il primo,
perché la risposta <<dipende da un sacco di cose>>; il secondo, perché
per scoprire il finale di questa storia bisognerà attendere maggio 2018, quando
sarà pubblicato il secondo e ultimo capitolo. È per questo che, arrivati
all’ultima pagina, ci si ritrova inevitabilmente in uno stato di sospensione: “se una notte di inverno
un armadillo…”.
In Macerie prime torniamo a Rebibbia e ritroviamo gli amici di sempre di Calcare che, per la
prima volta in maniera decisa, compie un passo al di fuori del proprio mondo
interiore per condividere la narrazione con ognuno di loro, raccontando come la
loro vita sia cambiata negli anni. Cinghiale,
Secco, Sarah, Katja, Deprecabile:
un gruppo di trentenni alle prese con i doveri e le responsabilità dell’età adulta, a cui sono arrivati non
senza fatica e davanti a cui si sentono del tutto impreparati, vulnerabili, inermi.
A ognuno di loro manca un pezzo: chi per il lavoro, chi per la ricerca di una
stabilità sentimentale, chi per il senso di inadeguatezza rispetto alle sfide
riservate dal futuro. E poi c’è Calcare,
più che mai sommerso di accolli. Il suo è il prezzo da pagare per essere
diventato qualcuno al di fuori del suo
mondo. Solo che non è così semplice restare se stessi dovendo rendere conto a
un’infinità di persone, cause ed eventi: nemmeno i consigli del buon vecchio
Amico Armadillo gli saranno utili questa volta.
Una soluzione sembrerebbe – il condizionale è d’obbligo - arrivare nelle ultime pagine: un crescendo di tensione che si interrompe proprio al suo culmine, lasciando il lettore col fiato a metà.
Le vicende del microcosmo di Rebibbia, raccontate dal tratto ora duro e sferzante, ora ironico ed esilarante dell’autore, sono alternate da una narrazione parallela, tenebrosa e post-apocalittica, che di fatto racchiude l’universalità del messaggio di Macerie prime. Il “posto-dove-vivono tutti” è quello in cui davvero tutti cerchiamo di sopravvivere, ognuno con le proprie macerie, schiacciati dal peso degli anni che scorrono, dei sogni costretti a restare in fondo ad un cassetto, del senso di rabbia e frustrazione che si impossessano di noi quando la vita che immaginavamo si rivela esattamente tutta un’altra cosa e proprio non riusciamo a darle un senso, una direzione, una svolta. Difficile dire se si è contenti, in un posto del genere, perché <<noi questo siamo>>. Tutti i personaggi di Macerie prime si trovano, alla fine del libro, esattamente in questa condizione. Si sono abituati alle loro macerie, <<sennò erano morti>>, eppure si capisce che non potranno sopportarle ancora a lungo. Devono riuscire a trovare il coraggio di cambiare una volta per tutte, prima che le “cose feroci” prendano il sopravvento. Altrimenti sarà troppo tardi.
Una soluzione sembrerebbe – il condizionale è d’obbligo - arrivare nelle ultime pagine: un crescendo di tensione che si interrompe proprio al suo culmine, lasciando il lettore col fiato a metà.
Le vicende del microcosmo di Rebibbia, raccontate dal tratto ora duro e sferzante, ora ironico ed esilarante dell’autore, sono alternate da una narrazione parallela, tenebrosa e post-apocalittica, che di fatto racchiude l’universalità del messaggio di Macerie prime. Il “posto-dove-vivono tutti” è quello in cui davvero tutti cerchiamo di sopravvivere, ognuno con le proprie macerie, schiacciati dal peso degli anni che scorrono, dei sogni costretti a restare in fondo ad un cassetto, del senso di rabbia e frustrazione che si impossessano di noi quando la vita che immaginavamo si rivela esattamente tutta un’altra cosa e proprio non riusciamo a darle un senso, una direzione, una svolta. Difficile dire se si è contenti, in un posto del genere, perché <<noi questo siamo>>. Tutti i personaggi di Macerie prime si trovano, alla fine del libro, esattamente in questa condizione. Si sono abituati alle loro macerie, <<sennò erano morti>>, eppure si capisce che non potranno sopportarle ancora a lungo. Devono riuscire a trovare il coraggio di cambiare una volta per tutte, prima che le “cose feroci” prendano il sopravvento. Altrimenti sarà troppo tardi.
Perché leggere Macerie prime? Perché ognuno di noi
potrebbe essere Secco, Sarah, Cinghiale. È impossibile non immedesimarsi in
quello che succede a Calcare e ai suoi amici: il loro è il ritratto crudo e
schietto dei giovani nel nostro
Paese. Una generazione di <<potenzialità e talenti inespressi>> che
ogni giorno cercano di sopravvivere e lottare per trovare il proprio posto nel
mondo. Perché se è vero che fa paura fermarsi a riflettere su quello che ci siamo
lasciati alle spalle per arrivare esattamente dove siamo in questo momento, è
anche vero che dalle macerie si può sempre ripartire per costruire qualcosa di
nuovo.