Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi - Golconda!
Golconda! Golconda! L'anima sprofonda!
Il mantra satanico di un capolavoro del surrealismo sclaviano
Dopo la recensione di Attraverso lo specchio, i vostri dylaniati Audaci vi propongono quella della seconda uscita de Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi, Golconda!, in edicola da inizio giugno.
Prima di addentrarvi nel gorgo di Golconda è bene avvisarvi, però, perché correrete due grossi rischi: il primo è quello di non riuscire più a tornare indietro (Golconda! Golconda! L'anima sprofonda!); il secondo - legato al primo - è quello di convincervi che questa storia sia uno dei massimi capolavori di Tiziano Sclavi, cosa non scontata per molti.
Visto che questa nuova pubblicazione non ricalca l'ordine d'uscita originale, tentiamo di trovare un filo rosso che leghi le storie tra loro. Tra Attraverso lo specchio e Golconda!, oltre ovviamente alla ispiratissima penna di Sclavi, l'elemento in comune è il riferimento a Magritte, l'artista preferito da Sclavi, e al surrealismo nelle cui spire il nostro Tiziano ama perdersi - per non ritrovarsi - per restituirci un frammento di ciò che ha intuito.
Partiamo dal titolo. Golconda (in francese Golconde) è, prima che una storia dylaniata, una celebre opera di René Magritte, datata 1953 ed esposta presso la Menil Collection di Houston. Per i pochi che non lo conoscessero è importante dire che si tratta di un dipinto (olio su tela, 80,7x100,6 cm) raffigurante una sospensione - difficile descrivere diversamente la scena - di inquietanti uomini in bombetta, tra cielo e terra.
Non è certo l'unica volta che Magritte mette al centro di una sua tela questo soggetto ma, in questo caso, lo rende quasi un elemento naturale o - meglio - sovrannaturale. Questi uomini in bombetta e vestito neri sospesi in un cielo opaco - ma, badate bene, privo di nubi - sono come fiocchi di neve nera. Sembrano quasi angeli esclusi dal Paradiso, destinati alla Terra o all’Inferno (c'è differenza? Sclavi ci ha insegnato di no). Proprio come i fiocchi di neve, gli uomini di Magritte non sono tutti uguali fra loro ma si differenziano per la direzione del loro sguardo cieco (opaco, proprio come il cielo che li avvolge) e per la maggiore o minore distanza da chi guarda.
E ora due parole proprio su chi guarda e sui suoi sentimenti: l'immagine è decisamente surreale e crea uno scompenso profondo tra l'inquietudine per l'atto-non-atto di questi esseri in nero e la staticità del paesaggio (case e tetti tipicamente belgi) che si staglia alle loro spalle. Impossibile dire se queste creature stiano cadendo sulla terra o ascendendo al cielo.
"La realtà è un mistero", diceva Magritte e nessuno più di Sclavi - diciamo noi - ha saputo far propria questa visione del mondo e farla emergere nella sua scrittura.
Questo quadro, di metà anni Cinquanta, è indiscutibilmente un'opera di rottura: l'annullamento di qualsiasi riferimento fisico - e quindi logico - frantuma le poche certezze di chi guarda, che resta naturalmente spiazzato davanti a quella che potrebbe essere anche una denuncia di omologazione conformistica e consumistica.
Inoltre, il taglio del dipinto sembra suggerire che anche chi guarda si trovi alzato da terra, come gli uomini in nero (infatti, noi vediamo solo la parte superiore delle case e non la loro base).
Impossibile, a questo punto, non citare la copertina originale di Claudio Villa (la sua ultima per la serie regolare, prima di lasciare il ruolo di copertinista ad Angelo Stano): è senz'altro una delle più belle ed evocative che siano state realizzate per Dylan Dog. Il fatto che un incredulo Dylan guardi verso l'alto ci lascia supporre che questi esseri dalle orbite vuote e dal colorito cadaverico stiamo arrivando dal cielo sulla terra: ma a p. 32 scopriamo che emergono dalle viscere della terra, come nella più consolidata tradizione orrorifica.
L'impatto iconografico del dipinto di Magritte è stato decisamente enorme, al punto che ha continuato per anni a imperversare tra gli autori (e tra i lettori) di Dylan Dog: basti pensare che proprio a quest'opera si è ispirato nel 2014 Angelo Stano per realizzare il nuovo frontespizio che ha campeggiato fino ad alcuni mesi fa a pag. 3 degli albi della serie regolare. Nell'illustrazione di Stano gli uomini con la bombetta sono sostituiti dai personaggi "classici" del frontespizio dylaniato, ovvero lo stesso Dylan insieme a Groucho e ai "mostri" tipici della tradizione horror, mischiati tra loro senza soluzione di continuità.
Ma accantoniamo questi delirî magrittianaudaci e passiamo a quelli sclaviani.
La storia che (ri)leggerete (quanta invidia per chi ancora non l'hai mai letta e può goderne per la prima volta!?) potrebbe sembrare un delirio senza né capo né coda ma - attenzione! - non è affatto così. Sclavi riesce nel miracolo di tenere in perfetto equilibrio il più profondo romanticismo con il più brutale splatter, far andare a braccetto con un'armonia che ha dell'incredibile la surreale assurdità e la drammatica tragicità, far coincidere con maestria impareggiabile la graffiante ironia con la sublime melanconia.
La trama è impossibile da riassumere, e per questo non ci proviamo neanche. Vorremmo però riflettere su alcuni aspetti.
Iniziamo con una curiosità sul nome Golconda, o meglio "Golkonda". Si tratta di una città, ormai ridotta in rovina, dell'India centro meridionale, celebre in tutto il mondo per le sue miniere di diamanti. Il nome "Golconda" viene associato a un "Inferno sulla Terra" a causa dei numerosissimi schiavi morti nelle miniere durante l'estrazione di diamanti.
Ci teniamo poi a una breve riflessione sulla figura femminile di Golconda! e sul suo rapporto con Dylan.
Dylan Dog e Amber Cat.
Entrambi hanno nomi di cinque lettere.
Entrambi hanno cognomi di tre lettere.
Entrambi i significati nascosti dei nomi in italiano ci rivelano l'essere profondo dei personaggi.
Entrambi i significati in italiano dei cognomi ci dicono qualcosa sul modo di affrontare la vita dei due.
Dylan, lo sappiamo tutti, è un cuor di panna e in questa storia non si smentisce: gli basta lo scontro/incontro delle pp. 36, 37 e 38 (la fanciulla lo atterra con un vigoroso pugno in pieno volto) con la bella Amber per innamorarsene perdutamente.
Dylan è Dog, di nome e di fatto.
Un cane (l'animale del cuore di Sclavi) fedele che sa aspettare un cenno da chi ama e sa seguirlo anche in capo al mondo (da Londra a Golconda in India sul maggiolino sgangherato) senza chiedere o pretendere nulla in cambio.
È un animo dylaniato, appunto, che necessita di un collante per tenere insieme i pezzi del suo io.
E allora quanto diventa profonda e significativa la battutaccia di Groucho di p. 38:
Amber, impariamo a conoscerla e ad amarla in questa storia (resterà per sempre nei nostri cuori), è una ragazza grintosissima (come grintosa è la sua lingua "bruttamiseria!"), e molto intraprendente che gestisce un locale, l'Inferno, in cui si esibiscono gruppi metal. Quindi è una dura, come il suo nome ci rivela: Amber significa Ambra in inglese, e come l'ambra questa ragazza è pura resina e indurendosi tende a intrappolare dentro di sé chi le si trova vicino.
Inoltre, Amber è Cat. Una gatta, un animale che è l'esatto opposto del Dog visto poc'anzi: una che con il Dog ci litiga spesso e volentieri, proprio per sua natura. Lei è un essere che senza chiedere ottiene ciò che vuole, che induce il cane ad andarle dietro (anche fino alla fine del mondo); una creatura indipendente e autonoma che quando ha finito di fare quello che deve o vuole scompare nel nulla senza lasciare traccia così come dal nulla era comparsa.
Da non sottovalutare anche l'importanza dell'aspetto satanico della storia. Tutto sembra iniziare a causa di una telefonata che la bella Amber fa nella speranza di parlare con i Demoni, gruppo heavy metal che dovrebbe fare il verso ai mitici Demon, esponenti di spicco della NWOBHM, che con i loro primi due album, Night of the Demon del 1981 e The Unexpected Guest del 1982, erano riusciti a emergere in un panorama assai competitivo.
Purtroppo per lei, dall'altro capo del telefono risponde una (o La?!) Bestia senza nome che ritroveremo a fine albo e che non risparmierà neanche qualche moralistico attacco anti Thatcher.
Comunque ad un certo punto sul palco del locale si materializzano davvero i Demoni, gruppo infernale composto da demoni veri e proprio, come il Diavolo comanda, che si esprimono in una lingua a metà strada tra il latino medievale e quello maccheronico (pp. 70-72). Questi, durante la loro infuocata esibizione ("Golconda, Golconda l'anima sprofonda! Golconda, Golconda la grande baraonda!"), compiranno una terribile strage che costerà la vita a 99 persone presenti in quel momento nel locale di Amber.
Tornando ai riferimenti artistici, ovviamente Magritte non è l'unico pittore a cui Sclavi e i disegnatori con cui ha collaborato si sono ispirati per le loro citazioni visive postmoderne straordinariamente efficaci. Un altro maestro del surrealismo come M.C. Escher, autore olandese noto per le sue illusioni ottiche e le geometrie impossibili, è protagonista di una piccola ma sfiziosa citazione a p. 53, durante il racconto di uno degli omicidi dell'uomo in bombetta.
Come già in Attraverso lo specchio, viene citata Bond Street (p. 49), quasi a rinsaldare quel legame che sin dagli esordi sussiste tra il personaggio di Sclavi e l'agente segreto nato dalla penna di Ian Fleming.
Un'altra nota di poesia surreale è data dalla presenza del professor Philip Mortimer, un omaggio a Blake e Mortimer di Edgar P. Jacobs che si sviluppa in una sequenza di quattro pagine (65-68) tra le più delicate mai ideate da Sclavi e magistralmente realizzate da Luigi Piccatto.
Piccatto, autodefinitosi come l'uomo delle storie col punto esclamativo in fondo al titolo (Cagliostro!, Golconda!, Maelstrom!), qui è in forma straordinaria, un artista che non si era ancora fatto accademia e che tendeva costantemente a sorprendere il lettore e se stesso, usando una linea chiara (da qui il coerente riferimento al maestro Jacobs), ironica, a tratti anche volutamente grottesca, impiegata sempre in modo geniale. Il suo tratto, come raramente accade, si sposa alla perfezione con il ritmo della storia e riesce a rendere al meglio sia nelle sequenze più brutali che in quelle più delicate. Per le prime pensiamo ad esempio all'esplosione della testa dell'impiegato di banca (p. 45), direttamente presa dal film Scanners di David Cronenberg del 1981, o al volto della donna che viene fatto sciogliere (p. 53), o ancora ai corpi dei due giovani amanti martoriati dai tentacoli mostruosi del bulbo oculare gigante (pp. 27 e 28; il finale della sequenza viene ripreso da Gigi Cavenago per la sua nuova straordinaria copertina, in cui, come già per il volume precedente, astrae alcuni elementi della storia e sceglie in maniera ardita di non inserire Dylan nell'illustrazione e di posizionare gli uomini con la bombetta solo sullo sfondo).
Va citata anche la resa poetica delle sequenze più dolci e persino romantiche, come il magico finale (pp. 108, 109 e 110), con il trovarsi e il perdersi di Dylan e Amber e la discesa silenziosa di quest'ultima nel gorgo.
Che ve ne pare?! Groucho merita proprio una statua, no?
Il grottesco, mai gratuito in Sclavi, che serve a stemperare la tensione creata dallo splatter violentissimo, non coinvolge solo il divino Groucho ma può contare su un altro alfiere d'idiozia, il povero e inconsapevole Jenkins. L'agente - come sempre, totalmente privo del benché minimo senso dell'umorismo - in questa storia svolge un ruolo fondamentale, ovvero quello di ambasciatore che porta le notizie al Commissario. Il buon Bloch, quindi, apprende da questa fonte impalpabile dei vari uomini in bombetta che massacrano inermi civili per le strade di Londra e in una banca, di un bulbo oculare di quattro metri di diametro (ma potrebbero anche essere soltanto tre!) che se ne va in giro indisturbato su di un tandem, di demoni che assaltano e danno fuoco al locale Inferno, ecc.
Insomma, non è certo un caso che il successo di questa storia sia stato notevole, al punto che gli stessi Sclavi e Piccatto nel giugno del '96 ne hanno ripreso vari elementi per La quinta stagione (Dylan Dog #117, recentemente ristampato in volume da libreria), in cui ritornano Amber, l'uomo con la bombetta e i riferimenti surrealisti. Se ciò non bastasse, è stato annunciato che nell'agosto 2017 Fabio Celoni realizzerà un remake della storia per il Color Fest estivo, ulteriore segno che questo è uno degli episodi più amati anche tra gli autori di Dylan Dog.
Per quel che concerne questa edizione, alla resa visiva dell'albo contribuisce enormemente l'inedita colorazione di GFB Comics e l'aggiunta dei retini da parte di Luca Bertelè, che conferisce alle tavole un tocco vintage che le rende davvero fuori dal tempo e al tempo stesso immortali. La colorazione, applicata su una carta "invecchiata" e ingiallita per l'occasione, seguendo un'indicazione fornita dallo stesso Sclavi, richiama le sue amate opere anni '50 targate EC Comics, come Tales from the Crypt. Un antesignano in tal senso è stato il lavoro ai colori di Paolo Altibrandi sulle tavole di Valerio Piccioni e Maurizio Di Vincenzo per il Dylan Dog Color Fest #18, nell'episodio Diabolo The Great, felice remake del Dylan Dog #11 di Sclavi e Luca Dell'Uomo (episodio da noi premiato come Audace episodio singolo agli Audaci Awards 2016).
Questa riedizione di Golconda! è stata proposta in anteprima al Napoli Comicon circa un mese fa insieme a una lettera ai lettori, dolce e amara, scritta dallo stesso Sclavi (in omaggio per chi acquistava contestualmente i primi due volumi). Tra la copertina rigida cartonata, pensata sulla falsariga del Dylan Dog Diary, il formato lievemente più grande, i redazionali puntuali di Roberto Recchioni e Marco Nucci e, appunto, la nuova colorazione, è un'edizione che ha tutte le carte in regola per far breccia tra gli appassionati.
Magritte ha scritto un articolo intitolato Les Mots et Les Images (Le parole e le immagini, che capovolto diventa il capolavoro dei Dream Theater, Images and Words del 1992), nel quale dice che «un oggetto non possiede il suo nome al punto che non si possa trovargliene un altro che gli si adatti meglio».
Ecco, continuare a identificare l'Opera di Sclavi esclusivamente come "fumetto" è quanto di più sbagliato si possa fare. Siamo ben oltre i confini della Nona arte e Golconda! ne è la prova. Qui (ma anche Quo e Qua, direbbe Groucho) si fa la storia di una parte della narrativa contemporanea: accanto a storie dal sapore più prettamente riflessivo-nostalgico (come Memorie dall'invisibile, Morgana, Storia di Nessuno, Il lungo addio, Johnny Freak e Oltre la Morte) è forse il primo tassello di un memorabile mosaico di intuizioni surrealiste che porteranno Tiziano Sclavi a essere il più grande scrittore italiano della fine del Ventesimo secolo.
Il mantra satanico di un capolavoro del surrealismo sclaviano
Dopo la recensione di Attraverso lo specchio, i vostri dylaniati Audaci vi propongono quella della seconda uscita de Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi, Golconda!, in edicola da inizio giugno.
Prima di addentrarvi nel gorgo di Golconda è bene avvisarvi, però, perché correrete due grossi rischi: il primo è quello di non riuscire più a tornare indietro (Golconda! Golconda! L'anima sprofonda!); il secondo - legato al primo - è quello di convincervi che questa storia sia uno dei massimi capolavori di Tiziano Sclavi, cosa non scontata per molti.
Visto che questa nuova pubblicazione non ricalca l'ordine d'uscita originale, tentiamo di trovare un filo rosso che leghi le storie tra loro. Tra Attraverso lo specchio e Golconda!, oltre ovviamente alla ispiratissima penna di Sclavi, l'elemento in comune è il riferimento a Magritte, l'artista preferito da Sclavi, e al surrealismo nelle cui spire il nostro Tiziano ama perdersi - per non ritrovarsi - per restituirci un frammento di ciò che ha intuito.
Partiamo dal titolo. Golconda (in francese Golconde) è, prima che una storia dylaniata, una celebre opera di René Magritte, datata 1953 ed esposta presso la Menil Collection di Houston. Per i pochi che non lo conoscessero è importante dire che si tratta di un dipinto (olio su tela, 80,7x100,6 cm) raffigurante una sospensione - difficile descrivere diversamente la scena - di inquietanti uomini in bombetta, tra cielo e terra.
Golconda di René Magritte (1953). |
E ora due parole proprio su chi guarda e sui suoi sentimenti: l'immagine è decisamente surreale e crea uno scompenso profondo tra l'inquietudine per l'atto-non-atto di questi esseri in nero e la staticità del paesaggio (case e tetti tipicamente belgi) che si staglia alle loro spalle. Impossibile dire se queste creature stiano cadendo sulla terra o ascendendo al cielo.
"La realtà è un mistero", diceva Magritte e nessuno più di Sclavi - diciamo noi - ha saputo far propria questa visione del mondo e farla emergere nella sua scrittura.
Questo quadro, di metà anni Cinquanta, è indiscutibilmente un'opera di rottura: l'annullamento di qualsiasi riferimento fisico - e quindi logico - frantuma le poche certezze di chi guarda, che resta naturalmente spiazzato davanti a quella che potrebbe essere anche una denuncia di omologazione conformistica e consumistica.
Inoltre, il taglio del dipinto sembra suggerire che anche chi guarda si trovi alzato da terra, come gli uomini in nero (infatti, noi vediamo solo la parte superiore delle case e non la loro base).
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p. 32 |
L'impatto iconografico del dipinto di Magritte è stato decisamente enorme, al punto che ha continuato per anni a imperversare tra gli autori (e tra i lettori) di Dylan Dog: basti pensare che proprio a quest'opera si è ispirato nel 2014 Angelo Stano per realizzare il nuovo frontespizio che ha campeggiato fino ad alcuni mesi fa a pag. 3 degli albi della serie regolare. Nell'illustrazione di Stano gli uomini con la bombetta sono sostituiti dai personaggi "classici" del frontespizio dylaniato, ovvero lo stesso Dylan insieme a Groucho e ai "mostri" tipici della tradizione horror, mischiati tra loro senza soluzione di continuità.
Ma accantoniamo questi delirî magrittianaudaci e passiamo a quelli sclaviani.
La storia che (ri)leggerete (quanta invidia per chi ancora non l'hai mai letta e può goderne per la prima volta!?) potrebbe sembrare un delirio senza né capo né coda ma - attenzione! - non è affatto così. Sclavi riesce nel miracolo di tenere in perfetto equilibrio il più profondo romanticismo con il più brutale splatter, far andare a braccetto con un'armonia che ha dell'incredibile la surreale assurdità e la drammatica tragicità, far coincidere con maestria impareggiabile la graffiante ironia con la sublime melanconia.
La trama è impossibile da riassumere, e per questo non ci proviamo neanche. Vorremmo però riflettere su alcuni aspetti.
Iniziamo con una curiosità sul nome Golconda, o meglio "Golkonda". Si tratta di una città, ormai ridotta in rovina, dell'India centro meridionale, celebre in tutto il mondo per le sue miniere di diamanti. Il nome "Golconda" viene associato a un "Inferno sulla Terra" a causa dei numerosissimi schiavi morti nelle miniere durante l'estrazione di diamanti.
Ci teniamo poi a una breve riflessione sulla figura femminile di Golconda! e sul suo rapporto con Dylan.
Dylan Dog e Amber Cat.
Entrambi hanno nomi di cinque lettere.
Entrambi hanno cognomi di tre lettere.
Entrambi i significati nascosti dei nomi in italiano ci rivelano l'essere profondo dei personaggi.
Entrambi i significati in italiano dei cognomi ci dicono qualcosa sul modo di affrontare la vita dei due.
Dylan, lo sappiamo tutti, è un cuor di panna e in questa storia non si smentisce: gli basta lo scontro/incontro delle pp. 36, 37 e 38 (la fanciulla lo atterra con un vigoroso pugno in pieno volto) con la bella Amber per innamorarsene perdutamente.
Dylan è Dog, di nome e di fatto.
Un cane (l'animale del cuore di Sclavi) fedele che sa aspettare un cenno da chi ama e sa seguirlo anche in capo al mondo (da Londra a Golconda in India sul maggiolino sgangherato) senza chiedere o pretendere nulla in cambio.
È un animo dylaniato, appunto, che necessita di un collante per tenere insieme i pezzi del suo io.
E allora quanto diventa profonda e significativa la battutaccia di Groucho di p. 38:
"Scotch? [il liquore; NDR] Che te ne fai del nastro adesivo? Non avrai intenzione di berlo, vero? Lo sai che non digerisci la colla! Ti si appiccicherà tutto allo stomaco!?"E quanto è rivelatrice la risposta di Dylan:
"Ne ho bisogno... perché credo... di essermi innamorato. "Pura poesia.
Amber, impariamo a conoscerla e ad amarla in questa storia (resterà per sempre nei nostri cuori), è una ragazza grintosissima (come grintosa è la sua lingua "bruttamiseria!"), e molto intraprendente che gestisce un locale, l'Inferno, in cui si esibiscono gruppi metal. Quindi è una dura, come il suo nome ci rivela: Amber significa Ambra in inglese, e come l'ambra questa ragazza è pura resina e indurendosi tende a intrappolare dentro di sé chi le si trova vicino.
Amber. |
Da non sottovalutare anche l'importanza dell'aspetto satanico della storia. Tutto sembra iniziare a causa di una telefonata che la bella Amber fa nella speranza di parlare con i Demoni, gruppo heavy metal che dovrebbe fare il verso ai mitici Demon, esponenti di spicco della NWOBHM, che con i loro primi due album, Night of the Demon del 1981 e The Unexpected Guest del 1982, erano riusciti a emergere in un panorama assai competitivo.
Purtroppo per lei, dall'altro capo del telefono risponde una (o La?!) Bestia senza nome che ritroveremo a fine albo e che non risparmierà neanche qualche moralistico attacco anti Thatcher.
I Demoni. |
Comunque ad un certo punto sul palco del locale si materializzano davvero i Demoni, gruppo infernale composto da demoni veri e proprio, come il Diavolo comanda, che si esprimono in una lingua a metà strada tra il latino medievale e quello maccheronico (pp. 70-72). Questi, durante la loro infuocata esibizione ("Golconda, Golconda l'anima sprofonda! Golconda, Golconda la grande baraonda!"), compiranno una terribile strage che costerà la vita a 99 persone presenti in quel momento nel locale di Amber.
Tornando ai riferimenti artistici, ovviamente Magritte non è l'unico pittore a cui Sclavi e i disegnatori con cui ha collaborato si sono ispirati per le loro citazioni visive postmoderne straordinariamente efficaci. Un altro maestro del surrealismo come M.C. Escher, autore olandese noto per le sue illusioni ottiche e le geometrie impossibili, è protagonista di una piccola ma sfiziosa citazione a p. 53, durante il racconto di uno degli omicidi dell'uomo in bombetta.
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Un'altra nota di poesia surreale è data dalla presenza del professor Philip Mortimer, un omaggio a Blake e Mortimer di Edgar P. Jacobs che si sviluppa in una sequenza di quattro pagine (65-68) tra le più delicate mai ideate da Sclavi e magistralmente realizzate da Luigi Piccatto.
p. 68 |
Piccatto, autodefinitosi come l'uomo delle storie col punto esclamativo in fondo al titolo (Cagliostro!, Golconda!, Maelstrom!), qui è in forma straordinaria, un artista che non si era ancora fatto accademia e che tendeva costantemente a sorprendere il lettore e se stesso, usando una linea chiara (da qui il coerente riferimento al maestro Jacobs), ironica, a tratti anche volutamente grottesca, impiegata sempre in modo geniale. Il suo tratto, come raramente accade, si sposa alla perfezione con il ritmo della storia e riesce a rendere al meglio sia nelle sequenze più brutali che in quelle più delicate. Per le prime pensiamo ad esempio all'esplosione della testa dell'impiegato di banca (p. 45), direttamente presa dal film Scanners di David Cronenberg del 1981, o al volto della donna che viene fatto sciogliere (p. 53), o ancora ai corpi dei due giovani amanti martoriati dai tentacoli mostruosi del bulbo oculare gigante (pp. 27 e 28; il finale della sequenza viene ripreso da Gigi Cavenago per la sua nuova straordinaria copertina, in cui, come già per il volume precedente, astrae alcuni elementi della storia e sceglie in maniera ardita di non inserire Dylan nell'illustrazione e di posizionare gli uomini con la bombetta solo sullo sfondo).
p. 45 |
Un fotogramma di Scanners, film del 1981 scritto e diretto da David Cronenberg. |
p. 28 |
La nuova cover realizzata da Gigi Cavenago. |
Va citata anche la resa poetica delle sequenze più dolci e persino romantiche, come il magico finale (pp. 108, 109 e 110), con il trovarsi e il perdersi di Dylan e Amber e la discesa silenziosa di quest'ultima nel gorgo.
Tornando alla storia, a conferma del clima di generale follia che regna nelle pagine di Golconda!, vi facciamo notare che a farla da padrone, in questa storia, è un Groucho in splendida forma, forse al suo meglio. Il suo vertice lirico resterà certamente il malinconico silenzio de Il lungo addio, ma quello che possiamo apprezzare tra queste pagine è il talento di un vero mattatore dalla lingua di zolfo. Tra le tantissime freddure e le battute degne di nota non possiamo non citare le seguenti:
"Ehilà, s-salve! Letto qualche buon libro ultimamente?...Io sto finendo La critica della ragion pura di Kant... non è niente male, saltando le parti filosofiche...", a p. 34;
"Ehm... sapete che non bisogna picchiare uno con gli occhiali, vero?...Potreste ferirvi le nocche...", a p. 36;
"Se fossi in te non entrerei mai in un locale che facesse entrare uno come te" (rielaborazione di una famosa battuta di Groucho Marx), a p. 37;
"A proposito, quando vedete un uomo che sembra un deficiente e parla come un deficiente, non lasciatevi ingannare: è veramente un deficiente!" (citazione di Groucho Marx), a p. 55;
"Già, il capo è uno che sa resistere a tutto, tranne che alle tentazioni..." (rielaborazione di un aforisma di Oscar Wilde), a p. 55;
"Vai all'Inferno a prendere la tua Amber? Tipo Orfeo - Euridice? Non lo dico io, lo dice Euri", a p. 60;
"In India ci si andava per cercare se stessi... il guaio è che tutti si ritrovavano e si riportavano qui...", a p. 84;
"Salve, Ispettore! Bella serata, eh? Intendo quella del 2 agosto '83, questa fa schifo", a p. 98;
"Sono venuto a cercare Dylan. Mi ha detto che andava a Golconda... l'avete visto, per caso?.. Non il 2 agosto '83, stasera", a p. 98;
"A proposito, Ispettore, non è che potete mettere una buona parola per me? Oggi ho cercato di pagare una multa con piacere ma non c'era niente da fare, vogliono i soldi", a p. 99;
"Capo! Sei Qui? Noi siamo Quo e Qua!", a p. 102.
Che ve ne pare?! Groucho merita proprio una statua, no?
Il grottesco, mai gratuito in Sclavi, che serve a stemperare la tensione creata dallo splatter violentissimo, non coinvolge solo il divino Groucho ma può contare su un altro alfiere d'idiozia, il povero e inconsapevole Jenkins. L'agente - come sempre, totalmente privo del benché minimo senso dell'umorismo - in questa storia svolge un ruolo fondamentale, ovvero quello di ambasciatore che porta le notizie al Commissario. Il buon Bloch, quindi, apprende da questa fonte impalpabile dei vari uomini in bombetta che massacrano inermi civili per le strade di Londra e in una banca, di un bulbo oculare di quattro metri di diametro (ma potrebbero anche essere soltanto tre!) che se ne va in giro indisturbato su di un tandem, di demoni che assaltano e danno fuoco al locale Inferno, ecc.
Insomma, non è certo un caso che il successo di questa storia sia stato notevole, al punto che gli stessi Sclavi e Piccatto nel giugno del '96 ne hanno ripreso vari elementi per La quinta stagione (Dylan Dog #117, recentemente ristampato in volume da libreria), in cui ritornano Amber, l'uomo con la bombetta e i riferimenti surrealisti. Se ciò non bastasse, è stato annunciato che nell'agosto 2017 Fabio Celoni realizzerà un remake della storia per il Color Fest estivo, ulteriore segno che questo è uno degli episodi più amati anche tra gli autori di Dylan Dog.
La quinta stagione. |
Una vignetta dal remake di Golconda! realizzato da Fabio Celoni per il prossimo Dylan Dog Color Fest. |
Una tavola da Diabolo The Great (Dylan Dog Color Fest #18, 2016). |
Questa riedizione di Golconda! è stata proposta in anteprima al Napoli Comicon circa un mese fa insieme a una lettera ai lettori, dolce e amara, scritta dallo stesso Sclavi (in omaggio per chi acquistava contestualmente i primi due volumi). Tra la copertina rigida cartonata, pensata sulla falsariga del Dylan Dog Diary, il formato lievemente più grande, i redazionali puntuali di Roberto Recchioni e Marco Nucci e, appunto, la nuova colorazione, è un'edizione che ha tutte le carte in regola per far breccia tra gli appassionati.
Magritte ha scritto un articolo intitolato Les Mots et Les Images (Le parole e le immagini, che capovolto diventa il capolavoro dei Dream Theater, Images and Words del 1992), nel quale dice che «un oggetto non possiede il suo nome al punto che non si possa trovargliene un altro che gli si adatti meglio».
Ecco, continuare a identificare l'Opera di Sclavi esclusivamente come "fumetto" è quanto di più sbagliato si possa fare. Siamo ben oltre i confini della Nona arte e Golconda! ne è la prova. Qui (ma anche Quo e Qua, direbbe Groucho) si fa la storia di una parte della narrativa contemporanea: accanto a storie dal sapore più prettamente riflessivo-nostalgico (come Memorie dall'invisibile, Morgana, Storia di Nessuno, Il lungo addio, Johnny Freak e Oltre la Morte) è forse il primo tassello di un memorabile mosaico di intuizioni surrealiste che porteranno Tiziano Sclavi a essere il più grande scrittore italiano della fine del Ventesimo secolo.
RolandoVeloci & Giuseppe Lamola
"Golconda!"
SERIE: Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi (Dylan Dog Book 252)
DATA: giugno 2017
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Tiziano Sclavi
DISEGNI E CHINE: Luigi Piccatto
COLORI: GFB Comics e Luca Bertelè
COPERTINA: Gigi Cavenago
Per le immagini: © 2017 Sergio Bonelli Editore, ad eccezione dei quadri di Magritte ed Escher.