Dylan Dog #369

L'inchiostro nel sangue









La storia dylaniata di questo caldo maggio si presenta come una di quelle che faranno parlare di sé. Si è già abbondantemente chiacchierato sul web circa il probabile abuso della tematica "metafumetto" che ultimamente si sta facendo nel mondo delle nuvole parlanti ma in questo caso bisogna ammettere che la scelta è presentata con un taglio decisamente diverso e interessante da un Ratigher sempre più lanciato a diventare una delle colonne portanti della serie regolare.







Un tema affrontato con intelligenza nell'albo che stringiamo tra le mani è l'annosa questione circa la differenza tra fumetto popolare e quello d'autore, come giustamente anticipa il curatore Roberto Recchioni nell'introduzione a sua firma. Questo interessante tema è affrontato a volte con ironia a volte con fare provocatorio: leitmotiv durante l'episodio è proprio il giocare con questa assurda distinzione, ormai obsoleta, tra fumetto "popolare" (alias da edicola, che sarebbe tipicamente bonelliano, se queste distinzioni avessero un senso e non fossero costantemente scardinate) e quello "autoriale" (identificato da alcuni con le graphic novel): che poi, come dice Dylan, che differenza c'è? 

Raramente come in questo caso la sceneggiatura è stata servita così magistralmente dall'opera dei disegnatori. In apertura e in chiusura (e in diversi passaggi nel mezzo) possiamo apprezzare il tratto spesso e personalissimo dell'immenso Paolo Bacilieri; il corpo della storia, invece, è realizzato dalla mitica e inossidabile coppia formata da Giuseppe Montanari ed Ernesto Grassani che, per quanto possa risultare quasi "inattuale" a molti, continua a rappresentare quel forte legame con il Dylan delle origini, anche in virtù del fatto che il tratto del disegnatore e il modo di inchiostrare non si sono particolarmente evoluti nel corso di questi trent'anni (non a caso il Maxi Dylan Dog, la testata in cui la coppia di disegnatori ha realizzato un numero spropositato di tavole, presenta negli ultimi anni le storie del Dylan "classico" antecedente alle innovazioni recchioniane). 

Entriamo nel vivo dell'analisi dell'aspetto grafico, davvero curatissimo.
Per le tavole disegnate da Montanari & Grassani si predilige la tipica "gabbia bonelliana" a 6 vignette per tavola: infatti, come anticipato poco sopra, sono loro i disegnatori "classici" di Dylan Dog e a loro tocca incarnare il cosiddetto fumetto popolare.
La gabbia richiama anche la ripetitività geometrica delle mattonelle del bagno su cui il personaggio, Darren Farmer Woolrich, nella storia, racconta la vicenda stessa.
La cosa incredibile - e forse è davvero un unicum irripetibile - è che nelle tavole di Montanari e Grassani la gabbia non viene mai infranta: è come una sorta di "legge" da seguire, una regola ridiga, una consuetudine grafica nella quale i lettori bonellianni si riconoscono e senza la quale si sentirebbero disorientati, quasi persi. Addirittura le scene che richiederebbero più di una vignetta per essere visualizzate vengono ugualmente spezzate in vignette singole, a sottolineare questa infrangibilità.

Tutto il contrario, e non poteva essere altrimenti, avviene nelle tavole realizzate da Paolo Bacilieri. Ratigher propone all'autore di graphic novel come Sweet Salgari e Fun una frantumazione totale della gabbia bonelliana, una rottura che è una vera gioia per gli occhi! Una rottura come scelta per un autore, Bacilieri, che, finora, di Dylan Dog aveva realizzato solo storie per Color Fest e Magazine, e al contempo è uno degli autori in forza alla Bonelli che più si è distinto nel mondo delle graphic novel. Notevole e, a tratti, persino aggressivo risulta l'utilizzo delle tavole verticali e strette e numerose sono le splash page che si susseguono regolarmente.

Dicevamo prima della querelle tra fumetto d'autore e fumetto da edicola... Ci pare molto emblematico che, a partire dal Ken Parker di Berardi e Milazzo e poi proprio con il Dylan Dog di Tiziano Sclavi, queste distinzioni già inutili e sterili siano venute via via meno, fino a vedere il coinvolgimento di autori dallo stile molto personale e "autoriale" come, appunto, Ratigher e Bacilieri, non a caso autori di una storia come questa... Insomma, dovrebbe esservi chiaro che aprendo questo Graphic Horror Novel entrerete in un loop metafumettistico bellissimo e senza precedenti su questa serie (forse solo il mitico Leo Ortolani su Rat-Man ha fatto, con spirito impareggiabilmente comico, di tali riflessioni pezzi d'arte d'antologia: pensiamo, tra i tanti, a Pubblicato a morte, #42).





Possiamo dire senza paura di essere smentiti che dopo il numero 351, In fondo al male, sul quale era avvenuto l'esordio nella serie regolare anche del bravissimo disegnatore Alessandro Baggi, questo Graphic Horror Novel conferma Ratigher come un autore dalla profondità e dall'eclettismo unici. Una sceneggiatura brillante, fatta di dialoghi mai banali. Persino le caratteristiche dell'intreccio - e questa è davvero  una chicca per veri buongustai - ricalcano la dicotomia tra storia "popolare" (quella disegnata da M&G, classico procedurale con indagine che si evolve in maniera lineare) e "graphic novel d'autore" (disegnata da Bacilieri, con personaggio in cerca di se stesso). 
Come confermato dal finale, nonostante la ricercata - impossibile restare indifferenti! - attenzione estetica ai due piani narrativi e grafici, non si può pretendere che non ci sia l'elemento sovrannaturale e i fan del lato oscuro avranno pane per i loro denti. Non mancano, infatti, colpi di scena, sequenze macabre, possessioni demoniache e inferni di sclaviana memoria.

Da appassionati lettori di David Foster Wallace, non possiamo tacere quella che, secondo noi, è forse l'unica nota stonata. Darren Farmer Woolrich, il talentuoso fumettista protagonista di questa storia, ha le fattezze di quello che non è errato considerare il più geniale scrittore tra gli anni Novanta e i primi Duemila, appunto David Foster Wallace, l'autore di capolavori come Infinite Jest, Il re pallido, La scopa del sistema, Considera l'aragosta, ecc. A dirla tutta la somiglianza è totale solo nelle sequenze di Montanari e Grassani, Bacilieri si prendere maggiori libertà: persino la stessa montatura di occhiali e l'inseparabile bandana sulla lunga chioma sono ripresi tali e quali. Finora, niente di che, ci può stare. Ma alla luce di quanto si vede nelle pagine finali - anche considerata la tragica fine del giovane scrittore - alcune tavole potevano essere pensate in modo diverso, giusto per non trasformare un evidente omaggio a un autore in qualcosa che si discosta, e di molto, da questo intento. Altro riferimento sfacciato è quello a p. 56 quando Rania afferma: "Giurerei di aver visto David Foster Wallace...", e Dylan le risponde: "Mi sembra poco probabile: ho esorcizzato il suo fantasma un anno fa: infestava una libreria, impedendo ai lettori di comprare libri di Bret Easton Ellis!".

Altre due osservazioni, di cui una forse è una svista: a p. 38 l'autore dice che il suo ultimo capolavoro si chiama "IN PRINCIPIO ERA IL NERO", mentre nella pagina successiva, a p. 39, sul portfolio si legge un titolo leggermente diverso: "IL PRINCIPIO ERA NERO"... misteri per la casa editrice Parrot Books (no, Parrot, non Penguin!) di Marion Char.
Ci è piaciuto tanto invece il riferimento a Orfani di Recchioni e Mammucari e al motto dei protagonisti della prima stagione, qui capovolto: "No... io faccio arte, non cadaveri!" si dice a p. 71.


La prima tavola dell'albo, realizzata da Paolo Bacilieri e postata da Ratigher sul suo blog.
Una piccola nota positiva la merita anche il finale, su cui non vi diremo granché, ma è davvero suggestivo.
Insomma, un bel numero che non mancherà di piacere ai lettori vecchi e che potrebbe - considerato l'esordio di Paolo Bacilieri sulla serie regolare - portarne di nuovi, il che non guasterebbe. 

RolandoVeloci e il Sommo audace
(scegliete voi chi è il popolare e chi l'autoriale!)



"Graphic Horror Novel"
SERIE: DYLAN DOG
NUMERO: 369
DATA: maggio 2017
SERGIO BONELLI EDITORE

SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Ratigher
DISEGNI E CHINE: Paolo Bacilieri, Montanari & Grassani
COPERTINA: Gigi Cavenago











Per le immagini: © 2017 Sergio Bonelli Editore.

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