ORFANI: NUOVO MONDO #12

Una fine e un inizio






















Tutto finisce.
Con Il terrore, albo scritto da Roberto Recchioni per i disegni di Davide Gianfelice e Matteo Cremona e i colori di Alessia Pastorello, anche questa terza stagione di Orfani volge al termine. Un arco narrativo che si è aperto a scenari inediti, interamente ambientato (o forse no?) su un Nuovo Mondo che ha riprodotto fedelmente tanti, troppi difetti della cara vecchia Terra.
Ma non c'è tempo per i musi lunghi poiché, come vuole la miglior tradizione della narrativa seriale, a ogni conclusione corrisponde un nuovo accattivante inizio.

[Ci duole ammetterlo, ma se avete terrore degli spoiler forse fareste bene a procrastinare la lettura del pezzo!]


L'Uroboro, comunemente detto Ouroboros (dal greco οὐροβόρος ὄφις), è un simbolo molto antico. Rappresenta un serpente (o un drago) che si morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine. Ripreso più volte in diverse culture, è stato riprodotto anche in tante opere di finzione (tra le più recenti, fumettisticamente parlando, Fullmetal Alchemist e il Batman Inc. di Grant Morrison). Apparentemente immobile ma in eterno movimento, rappresenta l'energia universale che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose.
Riprendo quest'immagine per raffigurare l'idea che un lettore (compreso il sottoscritto) può avere del concetto di "stagioni" in un'opera di narrativa: il ciclico ritorno al punto di partenza. Se dovessimo però rappresentare graficamente le prime tre stagioni di Orfani, alla luce del finale de Il terrore, l'immagine che ci verrebbe in mente sarebbe comunque decisamente diversa da quella sinora descritta: un cerchio spezzato. Lo stesso cerchio spezzato che è da sempre sotto gli occhi si tutti: campeggia nella copertina di ogni numero (la "O") nonché sulla bandiera ideata da Rosa (d'altronde, come suggeriva il buon Edgar Allan Poe ne La lettera rubata, il modo migliore per nascondere una cosa è proprio metterla bene in evidenza).


Particolare della copertina di
Nuovo Mondo #11.
Come la stessa Rosa esplicita in questo dodicesimo episodio, quel simbolo rappresenta i legami interrotti, le persone che non ci sono più e che non torneranno. In qualche modo è anche emblematico della perdita di integrità, sancisce che qualcosa ormai si è incrinato. Del resto, come ha già fatto notare l'attento Lorenzo Barberis in una sua recente recensione, la bandiera è graficamente simile a quella di uno dei più pericolosi gruppi terroristici del nostro vecchio (e terrificante) pianeta, l'Isis. Un concetto reso evidente dalle scelte compiute da Rosa durante l'episodio precedente, in cui ha deciso di trasformare i suoi amici morti in martiri della rivoluzione, strumentalizzando una tragedia all'altare delle proprie finalità.
Le sue intenzioni iniziali, che ce la ponevano sotto una luce eroica e verso cui provavamo empatia, si sono man mano svuotate dei significati positivi (il desiderio di ripristinare una certa idea di giustizia, la voglia di riabbracciare il figlio). Andando avanti nel suo percorso di graduale isolamento ed estremizzazione, le azioni di Rosa sono state avvolte sempre più dal buio, portandola a ritenere "necessarie" anche iniziative torbide e immorali.
Impossibile pensare che tutto questo non avrebbe avuto delle conseguenze. Uno degli aspetti più spiazzanti di questo episodio finale è però la scansione temporale degli eventi narrati: l'aspettativa era che il destino di ogni personaggio fosse portato a compimento, eppure la scena madre, quella intesa a chiudere tutte le trame, inizia a sole sedici tavole dalla fine. Si tratta di un passaggio dai toni particolarmente forti e teatrali, di grande impatto scenico, in cui è l'Oscura Mietitrice la vera protagonista. Eppure, nel momento forse più crudo in assoluto, tutto viene oscurato, censurato. In tal modo volutamente l'episodio si sottrae al meccanismo di spettacolarizzazione (e drammatizzazione) della morte. Questo elemento stride ancor di più se consideriamo che da sempre Orfani ha fatto proprio della spettacolarità una cifra stilistica. È dunque un sottrarsi programmatico per far emergere con maggior efficacia il messaggio: se quella tavola "censurata" fosse stata visibile, di sicuro sarebbe rimasta ben impressa nelle menti dei lettori, oscurando completamente gran parte delle tematiche dell'episodio, che invece meritavano il giusto risalto.


Come accennato in apertura, l'epilogo di tante trame coincide con l'ingresso in scena di un nuovo comprimario. La storia infatti inizia proprio mostrandoci un misterioso personaggio, chiamato in causa dalla Juric per svolgere una missione di vitale importanza. Il suo volto è celato, anche se alcuni suoi dialoghi e modi di fare sono fatti apposta per far elucubrare il lettore riguardo la sua identità. Roberto Recchioni delinea le interazioni con il suo robotico compagno d'avventure (RR13, casualmente le stesse iniziali dello sceneggiatore romano) come contraltare spassoso alla cupa tragicità del resto della storia. Sin dal suo debutto, questo nuovo "Pistolero" si dimostra insomma un personaggio tipicamente recchioniano, uno di quei character creati per restare. 
Oltre a lui, a rappresentare l'idea di futuro e di un nuovo inizio, i due bambini. Sam viene incaricata di prendersene cura e di proteggerli da tutto e da tutti, e alla fine fa quello che le viene chiesto, senza risparmiarsi.

Le tavole dell'albo sono affidate a due artisti non nuovi per la serie, che già hanno dimostrato di saper collaborare in maniera proficua e ben integrata con lo stesso Recchioni: Davide Gianfelice si occupa di ritrarre il nuovo entrato, mentre Matteo Cremona raffigura le vicende di Rosa e compagni nonché dell'anomala "famiglia" disfunzionale della Juric. Una particolarità consiste nella suddivisione dei compiti tra i due disegnatori: le varie trame vengono "affidate" loro al punto da dividersi i singoli personaggi all'interno della stessa vignetta (es. quando il "Pistolero" incontra la Juric, il primo viene disegnato da Gianfelice e la seconda da Cremona). Si tratta di procedimento decisamente inusuale, che rende però più omogenea la rappresentazione dei personaggi. Per il ritmo, le inquadrature e lo story telling, è una prova molto convincente, grazie anche all'oculata colorazione realizzata da Alessia Pastorello (basti riguardare il rosso torbido e disturbante delle scene forti nelle ultime pagine), cui va aggiunta una segnalazione per una delle copertine più riuscite di Matteo De Longis, in grado di anticipare egregiamente le tematiche affrontate.



La riuscita di questo finale, unita al percorso distruttivo dei protagonisti intrapreso già nel numero precedente, rende gli ultimi due albi tra i punti più alti non solo di Nuovo Mondo ma anche di tutte e tre le stagioni di Orfani in assoluto. Sceneggiati dal solo Roberto Recchioni, questi episodi hanno portato il lettore a riflettere fino in fondo sulle rivoluzioni, sullo spettro del terrorismo, sul punto a cui è lecito spingersi prima di passare irreversibilmente dalla parte del torto. Se a questo aggiungiamo che la terza stagione era partita affrontando il tema dell'immigrazione, dell'essere donna in un mondo ostile e in seguito della maternità, possiamo concludere che abbiamo assistito a un affresco di estrema attualità. E anche se dovremo attendere la primavera del prossimo anno per vedere come proseguiranno le avventure di chi è sopravvissuto, già dal mese prossimo avremo modo di fare un'escursione nel passato di uno dei personaggi chiave di Orfani, grazie alla "ministagione" di tre numeri dedicata alla Juric, ancora una volta incentrata sull'incontrastabile fascino del male.


Il sommo audace


La copertina di Orfani: Juric #1, Il fiore del male,
realizzata da Nicola Mari (colori di Barbara Ciardo).




ORFANI: NUOVO MONDO “Il terrore” 
NUMERO: 12
DATA: settembre 2016
SERGIO BONELLI EDITORE

COPERTINA: Matteo De Longis
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Roberto Recchioni
DISEGNI E CHINE: Davide Gianfelice e Matteo Cremona
COLORI: Alessia Pastorello





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