Kobane Calling: là dove batte il cuore di Zerocalcare
Il reportage a fumetti pubblicato su Internazionale
Poco tempo fa, Zerocalcare è andato a Kobane, sul confine turco-siriano,
luogo simbolo della resistenza all’Isis. Ne è venuto fuori un reportage di 42
pagine pubblicato sul numero di Internazionale
del 16 gennaio 2015, Kobane calling, in
cui Zerocalcare risponde al richiamo di raccontare il confine, un luogo sotto assedio, a pochi
passi da dove la gente si spara e bombarda. Una storia molto più difficile da
esporre rispetto a quelle che lo vedono agire nella propria camera con l'usuale Armadillo
(che pure qui appare, fugacemente). Ma l’autore, nonostante giochi fuori casa,
non si lascia intimorire e affronta la sfida con il proprio
insostituibile stile.
Michele "Zerocalcare" Rech si era recato nella città curda insieme alla Staffetta Romana per
Kobane, gruppo di persone provenienti da Centri Sociali che si occupa sia di garantire
aiuti umanitari che di diffondere l’informazione
riguardo ciò che accade a Kobane.
Già a fine novembre, Zerocalcare aveva preannunciato di lavorare a uno "storione" (la parola "reportage" gli pareva eccessiva) in questo post sul suo blog:
L’inizio della storia è deflagrante: Zerocalcare viene erudito riguardo i rumori onomatopeici che fanno le bombe. E non sono solo quelle dell'Isis ad illuminare il cielo: anche quelle americane e quelle della resistenza curda (vedi anche il video di presentazione della storia). Una situazione complessa, che l'autore romano è "costretto" a spiegare faceondo l' "erudito": con autoironia Zerocalcare si mostra con gli occhiali da professorone e suggerisce di "skippare" il "pippone" introduttivo se troppo pesante! Ci racconta del Rojava, striscia di terra popolata di curdi che provano a vivere pacificamente, nel bel mezzo del Medio Oriente. Ci racconta della terribile avanzata dell'Isis,di un conflitto molto poco portato alla luce dai media italiani (nonostante in questi giorni, tragicamente, il terrorismo sia la prima notizia di tutti i telegiornali).
Zerocalcare afferma più volte il proprio intento di voler offrire
un’ottica non parziale, non rappresentando unicamente la (eroica) resistenza del popolo curdo di Kobane,
ma quantomeno provando a comprendere cosa si nasconda dietro i loro avversari
(l’Isis). Tale intento però, in maniera alquanto genuina, va a scontrarsi con la realtà dei fatti: nonostante l'autore provi ad immaginarseli come i punk cattivi di Ken il Guerriero, purtroppo i responsabili di stupri, decapitazioni, esecuzioni a cadenza settimanale non paiono affatto giustificabili da alcuna motivazione al mondo e, purtroppo, non sono frutto dell'immaginazione. Sono lì, reali ed incatalogabili, eppure impalpabili, invisibili (“Se ne stanno lì rintanati. A rimanere ombre nella mia testa”). La rappresentazione dei terroristi come ombre nere rimane una delle operazioni fumettistiche più efficaci realizzate da Zerocalcare in questa storia.
Il percorso su in cui ci guida, poi, è inevitabilmente un viaggio personale, con il verosimile scopo di ritrovare (anche) se stesso. Il suo successo stratosferico è evidente ormai a tutti, non solo a chi sia
sopravvissuto alle file chilometriche a Lucca allo stand della Bao per ottenere una sua dedica su Dimentica il mio nome (o a chi, parimenti, abbia partecipato o anche solo avuto notizia delle sue interminabili session di autografi in giro per l'Italia, durate ore e ore, tanto da entrare nel guinness dei primati): era chiaro l'intento di non voler trascurare nessuno dei lettori che si erano recati lì per lui, di non voler chiudere nessuna fila nè escludere nessuno. Era altrettanto chiaro, però, che un autore di trentun anni, di tale talento e profondità, partito realizzando manifesti ed incontri nei Centri Sociali, avesse la necessità di trovare uno sbocco che gli permettesse di non passare tutta la vita a fare disegni sui libroni cartonati (per quanto anche questo, per carità, faccia parte del suo mestiere).
E dato che Zerocalcare si rende conto benissimo della propria responsabilità di autore di
successo, ha cercato di guidare verso nuove strade anche i propri lettori, alcuni dei quali magari non si sarebbero mai interessati fino in fondo
ad argomenti come il terrorismo o la resistenza curda. Forse questo aspetto, tra le tante
cose meravigliose, rende ancora più speciale Kobane calling.
Impossibile poi non citare tutto quello che fa sentire Zerocalcare così vicino a chi lo legge, tanto da andare ben oltre l'identificazione. Si parla di quando comunica ai propri genitori l'intenzione di partire, paragonandolo a quando doveva dir loro di esser stato sospeso a scuola. Oppure, quando ammette la propria parziale ignoranza su argomenti socio-politici, tanto che, quando una delle leader del campo a Kobane cerca di spiegarle la reale portata degli eventi, l'autore rappresenta se stesso come l'umile rana dei Muppets, con tutto il senso di inaduguatezza che ne consegue. In questo, la sua "ingenuità" nell'affrontare le cose lo rende una sorta di novello Guy Delisle, autore canadese di bellissime graphic novel come Cronache birmane, Pyongyang e Cronache di Gerusalemme (il paragone è di Valentino Sergi, su Lo Spazio Bianco). Entrambi non vanno nei luoghi come dei giornalisti scafati o lungimiranti studiosi; si buttano nelle situazioni, desiderosi di conoscere e far conoscere. Ebbene, anche questo è il fumetto.
Perciò, rubando la metafora del pixel allo stesso Zerocalcare, il nostro cuore sgranato è dalla parte di chi resiste, di chi lotta per ciò che ritiene giusto nonostante "la sproporzione di armi e mezzi"; ma anche dalla parte di chi sa farci viaggiare restando a casa, sa farci ridere, emozionare e rendere conto un po' di più del mondo in cui viviamo.
Thank you.
Thank you.
Il Sommo Audace
Internazionale, numero 1085 - Anno 22
16 gennaio 2015
Una nota: questo numero di Internazionale (probabilmente già esaurito in
molte edicole!) per gli amanti del fumetto (e non solo) è imperdibile per ben due motivi, oltre al reportage di Zerocalcare (che da solo farebbe felice ogni rivista!). Il primo è la presenza delle illustrazioni di Gipi che, come in molti numeri del settimanale, corredano racconti in prosa scritti da vari autori.
C'è poi On Satire, la tavola realizzata da Joe Sacco che parla della sua reazione dopo gli omicidi nella redazione di Charlie Hebdo. Il pioniere del graphic journalism, dopo una dovuta condanna verso l'atto efferato, fa un'interessante e controverso discorso sulla ricerca dei motivi dell'oltraggio da parte dei terroristi. Discorso non facile e contro tendenza, che meriterebbe maggior spazio ma sicuramente motivo di riflessione.