HOUSE OF SHELLS - Recensione
Un'analisi del cortometraggio ispirato a Dylan Dog
Sul blog degli Audaci è
stato già presentato il cortometraggio HOUSE OF SHELLS, ispirato al personaggio
di Dylan Dog (trovate i due comunicati stampa qui e qui).
Ciò che emerge, sin dai primi minuti di questo corto, è l’affetto da parte degli autori nei confronti di un personaggio iconico e grandioso come Dylan Dog. Affetto che può solo farci piacere e che ovviamente condividiamo (considerando anche lo scempio del film Dead of night del 2010, su cui non ci dilunghiamo, anzi preferiamo soprassedere del tutto!).
Ciò che emerge, sin dai primi minuti di questo corto, è l’affetto da parte degli autori nei confronti di un personaggio iconico e grandioso come Dylan Dog. Affetto che può solo farci piacere e che ovviamente condividiamo (considerando anche lo scempio del film Dead of night del 2010, su cui non ci dilunghiamo, anzi preferiamo soprassedere del tutto!).
È arrivato quindi il momento di andare al sodo e dirvi quello che, a mio modesterrimo parere, “funziona” e “non funziona” in quest'opera:
[contiene, chiaramente, spoiler]
[contiene, chiaramente, spoiler]
[Necessaria
premessa:
Non sono uno di quelli che urla facilmente al capolavoro assoluto, né tantomeno sono uno che buttamç£$a sulle opere altrui senza averle analizzate a fondo. Questo
corto l’ho rivisto più e più volte prima di scriverci qualcosa.
Non sono uno di quelli che urla facilmente al capolavoro assoluto, né tantomeno sono uno che butta
Insomma, non
me ne vogliano gli autori del corto: io non sono un Audace in pianta stabile ma
un collaboratore/recensore occasionale, quindi nel bene e nel male non
"prendetevela" con i poveri Audaci: aldilà di tutto, è “brava gente” che
vive di nuvole, pensieri e passioni!
Fine necessaria
premessa]
LA TRAMA: QUELLO CHE FUNZIONA
I personaggi
si trovano nel nulla, la loro auto si è guastata nei pressi di un castello,
decidono di entrarci dopo aver visto delle luci accese… Semplice e surreale, non ha un inizio chiaro
e specifico così come non ha una fine vera e propria. Ricorda esattamente quello
che ci accade in un sogno: ci troviamo dentro, non sappiamo né come né perché
ci siamo finiti, né tantomeno sappiamo dove ci troviamo, ma ci siamo dentro e
possiamo solo vivere quello che ci accade.
L’atmosfera
generale mi ha ricordato i film di Roger Corman tratti dalle opere di Edgar
Allan Poe (quelli, per intenderci, con protagonista - quasi sempre - l’immenso
Vincent Price).
Divertente
il citazionismo iniziale al THE ROCKY HORROR PICTURE SHOW (l’auto guasta e la
coppia che cerca aiuto/riparo in un castello).
Gli attori
bravi e credibili: Vivien lussuriosa, curiosa e stranita, Dylan è un incrocio
tra uno scavato Willem Defoe e un iconico Vincent Price da giovane… Anche se è
difficile caratterizzare dei personaggi in 20 minuti, loro funzionano!
LA TRAMA: QUELLO CHE NON FUNZIONA
I personaggi
si trovano nel nulla, la loro auto si è guastata nei pressi di un castello,
decidono di entrarci dopo aver visto delle luci accese… E fin qui tutto ok
(anche io farei lo stesso). Purtroppo però la trama manca di un vero e proprio
svolgimento, il corto inizia davvero solo dopo 7/8 minuti (e per un corto è un
po’ troppo).
Una volta entrati nel castello, i due protagonisti, cercando segni di vita, vengono a contatto con un registratore nel quale è registrata la voce di un uomo che narra di un non meglio specificato esperimento.
Una volta entrati nel castello, i due protagonisti, cercando segni di vita, vengono a contatto con un registratore nel quale è registrata la voce di un uomo che narra di un non meglio specificato esperimento.
Ora, tutto
potrebbe funzionare se non fosse che il misticismo legato a questa sorta di
pseudo leggenda/maledizione marinaresca (di cui si capisce molto poco)
purtroppo nasce e muore senza uno svolgimento esaustivo (tramite
l’attraversamento di uno specchio/varco spazio temporale con successiva uccisione
di un mostro abominevole), il tutto senza chiarire o far capire cosa stia
effettivamente accadendo.
In questi
restanti 10 minuti trovate un corto che, come detto sopra, ricorda più un sogno
sovrannaturale degno di un episodio a fumetti, cosa che purtroppo in forma di
cortometraggio non funziona del tutto…. Ma perché non funziona???
Non
funzionano appieno i tempi e la cripticità della trama, dove ad uno svolgimento lento
iniziale si contrappone una conclusione della storia rapida e poco esaustiva.
Il linguaggio
cinematografico non è esattamente corrispondente al linguaggio del fumetto ("….e ce volevi tu", direte voi!),
soprattutto per quanto riguarda i corti, dove in 15/20 minuti bisogna
sviluppare una trama completa esattamente come in un film, con l’unica grande
“scomodità” di dover caratterizzare i personaggi e il loro contesto (senza
perdere tempo) già nei primi 5 minuti. Nei successivi 10 minuti poi bisogna
portare i personaggi dal “problema/mistero” alla “risoluzione del problema/mistero”
e nei restanti 5 minuti arrivare al climax finale per poi concludere. Ora,
questa non è una regola fissa (nulla è fisso), ma nei corti spesso è così che
funziona.
Senza
addentrarmi troppo in tecnicismi (se vogliamo, alquanto inutili per questo
contesto/contenitore) né ergermi a supremo conoscitore, posso dire che in quest’opera tutto funziona ma questo
“tutto” accade solo negli ultimi 10 minuti e non viene pienamente spiegato.
Chiaramente
c’era (ne sono certo) da parte degli autori la volontà di creare nei primi 10
minuti un’atmosfera iniziale di immedesimazione, smarrimento e scoperta che
lentamente portasse lo spettatore nel giusto mood, fino a condurlo alla
risoluzione finale “rapida”…. Nel fumetto tutto questo può accadere in 10
pagine o anche in 80 pagine e riuscire perfettamente, ma il fumetto è un'altra
storia…
Insomma, se
fosse stato un frammento di una storia a fumetti sarebbe stato perfetto. Come
corto è un buon corto che però non si preoccupa di chiarire più di tanto gli
elementi (mistici) inseriti nella trama.
I DIALOGHI: QUELLO CHE FUNZIONA
I DIALOGHI: QUELLO CHE FUNZIONA
Il monologo
della voce roca che fuoriesce dal registratore, che racconta ,quasi sotto forma
di diario di bordo, un discorso criptico riguardante un non meglio specificato
evento.
I DIALOGHI: QUELLO CHE NON FUNZIONA
Nonostante
la suspense surreale che permea l’opera sia suggestiva, c’è da dire che i
dialoghi dei due protagonisti sono troppo “spigolosi e fumettistici” per un
cortometraggio.
È evidente
che gli autori si sono ispirati non poco (e in buonissima fede) allo stile
“parlato” del fumetto ma questo purtroppo non funziona con il linguaggio
cinematografico, dove i dialoghi da “nuvoletta” suonano quasi sempre irreali e
forzati (cosa che non biasimiamo nei fumetti in quanto tali).
TECNICA: QUELLO CHE FUNZIONA
La
fotografia (luci e color correction) e le inquadrature rendono l’atmosfera
onirica e carica di suspense sovrannaturale: onirica perché questo corto non si
sa come inizia e non si sa come e dove vuole finire, proprio come in un sogno,
e tutto questo a guadagno dell’atmosfera generale del corto.
La scenografia
interna scarna ed essenziale unita alla spettacolare location (esterna) del
castello/casa delle conchiglie crea una curiosità che rapisce subito l’attenzione
dello spettatore.
Lo Split
screen, usato con parsimonia funziona molto, anche se forse utilizzato più
spesso avrebbe caratterizzato di più il corto (parere personale
discutibilissimo).
PERFETTI gli
oggetti di scena (in un corto/film sono sempre merito del reparto Scenografia)
dalle scatole contenenti le conchiglie, alle conchiglie stesse, poi il
registratore audio leggermente datato ed ovviamente il Maggiolone d’epoca.
TECNICA: QUELLO CHE NON FUNZIONA
Gli effetti
speciali in generale non sembrano eccezionali.
In definitiva,
andate su youtube e fatevi un’idea vostra. Buona visione.
Grullino
Biscottacci